Johann Gottlieb Fichte (XVIII-XIX sec.) è considerato il continuatore del pensiero di Kant, e l’iniziatore dell’idealismo tedesco. Fichte è il filosofo dell’infinità dell’Io, della sua assoluta attività e spontaneità, quindi della sua assoluta libertà.
Con la Dottrina della scienza Fichte vuole definire un sapere che evidenzi il principio su cui si fonda la validità di ogni scienza e che si fondi sullo stesso principio. Il principio è l’Io o l’autocoscienza. Quando diciamo che una cosa esiste, lo facciamo rapportandola alla nostra coscienza. La coscienza è tale solo in quanto coscienza di sé stessa (autocoscienza). La coscienza è il fondamento dell’essere, l’autocoscienza è il fondamento della coscienza. La dottrina di Fichte si basa su tre principi fondamentali, che però non vanno interpretati in modo cronologico, ma logico.
Il primo parte dalla legge d’identità (A=A) della filosofia tradizionale; essa implica un principio ulteriore che è l’Io: l’esistenza di A dipende dall’Io che la pone, poiché senza l’identità dell’Io (Io=Io) l’identità logica (A=A) non si giustifica. Il rapporto di identità è posto dall’Io, ma l’Io non lo può porre se non si pone esistente: l’esistenza dell’Io è necessaria. Il principio del sapere è l’Io, che si pone da sé, si autocrea.
Nel secondo principio, l’Io pone il Non-Io: l’Io oppone a sé stesso qualcosa che è un Non-Io (oggetto, mondo, natura). Il Non-Io è posto dall’Io ed è nell’Io.
Nel terzo principio, l’Io, avendo posto il Non-Io, viene da esso limitato. Con questo principio arriviamo alla realtà del mondo, nel quale abbiamo una molteplicità di io finiti che sono limitati da non-io finiti. Fichte usa l’aggettivo divisibile per denominare il molteplice e il finito: “L’Io oppone nell’Io all’io divisibile un non-io divisibile”.
L’Io risulta finito e infinito al tempo stesso: finito perché limitato dal Non-Io, infinito perché esiste solo in relazione all’Io e dentro l’Io.

Johann Gottlieb Fichte (Rammenau, 19 maggio 1762 – Berlino, 27 gennaio 1814)
Sul piano etico, la missione dell’uomo è l’infinito, la tensione infinita verso la libertà, contro ogni limite; questo sforzo non ha mai fine poiché, se l’Io riuscisse a eliminare tutti i suoi ostacoli, cesserebbe di esistere. Il dovere morale può essere realizzato dall’io finito solo insieme agli altri io finiti, poiché la sollecitazione al dovere può venire solo da esseri al di fuori di sé a cui riconosco lo stesso scopo della mia esistenza: la libertà. Così ogni io finito è costretto a porre dei limiti alla sua libertà e ad agire in modo che l’umanità risulti sempre più libera.
La filosofia di Fichte si evolve in senso nazionalistico nei Discorsi alla nazione tedesca (che diventerà poi un testo fondamentale per il nazismo). Il tema fondamentale è l’educazione. Fichte ritiene che il mondo richieda una nuova azione pedagogica al servizio del popolo. Sostiene che solo il popolo tedesco risulta adatto a promuovere la nuova educazione in virtù della lingua: i tedeschi sono gli unici ad aver mantenuto la loro lingua; i tedeschi sono l’incarnazione del popolo “primitivo” rimasto integro e puro e quindi il popolo per eccellenza.
Biografia
Fichte nasce nella seconda metà del Settecento in Sassonia, in una famiglia povera, perciò riesce ad accedere agli studi solo grazie agli aiuti di un barone. All’università studia teologia e si mantiene facendo il precettore, mestiere grazie al quale scopre la filosofia di Kant, rimanendone folgorato. Così si avvicina alla filosofia e il suo primo scritto viene fatto pubblicare proprio da Kant, rendendo Fichte immediatamente celebre e aprendogli le porte dell’insegnamento universitario. Il filosofo viene però coinvolto in una polemica sull’ateismo per le sue posizioni sulla natura di Dio e viene costretto a dimettersi. Si trasferisce quindi a Berlino, dove porta avanti il proprio pensiero distaccandosi per molti aspetti da quello di Kant, riesce a diventare rettore dell’università e lì conclude la sua vita.
Frasi celebri di Fichte
Il mio mondo è oggetto e sfera dei miei doveri, e assolutamente niente altro.
L’Io puro oppone nell’Io ad un io divisibile un non-io divisibile.
L’uomo si ambienta facilmente sotto qualunque striscia di cielo.
L’umanità respinge il cieco caso e il potere del destino. Essa ha in mano il proprio destino.
Vivere veramente significa pensare veramente e conoscere la verità.
Chiamo società la relazione reciproca degli esseri razionali.
L’uomo ha la missione di vivere in società; se viene isolato, non è un uomo intero e completo, anzi contraddice sé stesso.
L’uomo può ciò che egli deve; e se dice: “Io non posso”, segno è che non vuole.
La perfezione non è essere perfetti, ma tendere continuamente ad essa.
Noi agiamo perché conosciamo, ma conosciamo perché siamo destinati ad agire; la ragion pratica è la radice di ogni ragione.
Pensa all’io e osserva che cosa è coinvolto nel farlo.
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