La sineddoche (dal greco synekdochè, il cui significato è “accogliere in sé”) è una figura retorica che consiste nella sostituzione di un termine con un altro che ha con il primo un rapporto quantitativo (nella metonimia, invece, i due termini sono in un rapporto logico e qualitativo; per una spiegazione più approfondita della differenza fra le due figure retoriche si consulti la scheda Metonimia).
Sineddoche – Esempi
Vediamo alcuni esempi di questa figura retorica in base al rapporto che intercorre tra il termine scelto e quello che si vuole indicare:
- la parte per il tutto: «vele / sottovento sbandavano più al largo» (Ulisse, Umberto Saba, vv. 7-8), dove una singola parte (le «vele»), indica l’oggetto nella sua interezza (le barche);
- il tutto per la parte: «e diedi ‘l viso mio incontr’al poggio» (Purgatorio, III, Dante Alighieri, v. 14), dove la parte intera del corpo (il «viso») indica un singolo elemento (gli occhi);
- il singolare per il plurale: «Quando fuor giunti, assai con l’occhio bieco / mi rimiraron» (Inferno, XXIII, Dante Alighieri, vv. 85-86), dove il singolare («occhio bieco») indica il plurale (gli occhi);
- il plurale per il singolare: «O sacrosante Vergini, se fami, / freddi o vigilie mai per voi soffersi» (Purgatorio, XXIX, Dante Alighieri, vv. 37-38), dove il plurale «fami, / freddi o vigilie» è in luogo del singolare “fame, freddo e veglie”;
- il particolare per il generale: «si contentava di buscarsi il pane colle sue braccia» (Rosso Malpelo, Giovanni Verga), dove l’oggetto particolare (il «pane») sostituisce quello generale (il cibo necessario per vivere)
- il generale per il particolare: «O animal grazioso e benigno» (Inferno, V, Dante Alighieri, v. 88), dove Francesca, rivolgendosi a Dante, lo chiama «animal» intendendo “creatura viva”, utilizzando dunque il termine che fa riferimento al genere (animale) per indicare la specie (uomo) a cui egli appartiene.

La definizione di sineddoche è: figura retorica consistente nell’impiegare, figuratamente, un termine al posto di un altro che ha con il primo un rapporto di estensione
Altri esempi piuttosto noti di sineddoche sono i seguenti:
“…E se da lunge i miei tetti saluto…” (Foscolo, In morte del fratello Giovanni; in questo caso tetti sta per case, ovvero la parte per il tutto); “Sotto l’ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia (Pascoli, Il gelsomino notturno; qui ciglia sta per palpebre, la parte per il tutto); “Né più mai toccherò le sacre sponde…”; “… le tue limpide nubi e le tue fronde…” (Foscolo, A Zacinto; sponde fa riferimento alla terra natale del poeta, la parte per il tutto; lo stesso vale per fronde che sta a indicare, i boschi, la vegetazione); “Premea le piume; ed alla tarda notte…” (Leopardi, La sera del dì di festa; piume sta per cuscino o per letto, la parte per il tutto); “i soldati avevano il ferro in pugno” (qui ferro sta per spada; il materiale per l’oggetto).
Esempi di sineddoche si trovano spesso anche nel parlare quotidiano; si pensi, a tal proposito, a espressioni quali “Ho tre bocche da sfamare” (in questo caso, bocche sta per persone) oppure “Non ho tetto per dormire” (in questo caso tetto sta per casa) o, ancora, “Maria è un’appassionata delle quattro ruote” (in questo caso, quattro ruote sta per automobili).