La preterizione è una figura retorica che consiste nell’affermare di non voler dire qualcosa di cui, in realtà, si sta parlando o a cui, comunque, si sta facendo cenno; in altri termini, si finge di non voler parlare di qualcosa avendo in realtà lo scopo di renderlo più evidente. Di fatto, l’informazione che si finge di voler tralasciare finisce per avere un maggiore risalto. Sinonimi di preterizione sono paralessi, paralissi o paralipsi.
La preterizione è considerata una figura retorica di sottrazione dal momento che si tratta di un procedimento che si attua attraverso una dichiarazione di intenti, in seguito deliberatamente disattesa, di voler “sottrarre” alcune informazioni agli interlocutori; è una figura che si riscontra molto comunemente nel linguaggio comune ed è introdotta da formule rituali quali le seguenti:
- “non sto a dirvi…”
- “per non parlare di…”
- “inutile dire…”
- “per non dire di…”
- “è inutile sottolineare”
- “per tacere di…”
- “e ometto di ricordare…”
- “e tralascio il fatto…”
ed espressioni simili che non fanno altro che, per usare un comune modo di dire, “mettere una pulce nell’orecchio” all’ascoltatore.
Il termine preterizione è di origine latina; deriva dal verbo praeterire il cui significato è tralasciare, omettere, andare oltre.
Interessante la definizione che ne hanno data gli studiosi Chaïm Perelman e Lucie Olbrechts-Tyteca nel loro testo Trattato dell’argomentazione. La nuova retorica; in esso la preterizione è considerata come “l’immaginario sacrificio di un argomento. Si dà uno schizzo di quest’ultimo annunciando che vi si rinuncia”.
Brillante e spiritoso è l’esempio che ne dà lo scrittore Umberto Eco: “Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni”; come si può facilmente notare, il grande scrittore piemontese ricorre proprio a una preterizione per affermare quanto questa figura retorica sia stucchevole.
Differenza con la reticenza
La preterizione non deve essere confusa con la reticenza (anche aposiopesi), altra figura di sottrazione; la differenza sostanziale sta nel fatto che nella prima si finisce per citare ciò di cui formalmente si nega di volere parlare mentre nella seconda, si interrompe il discorso celando effettivamente delle informazioni (anche se spesso c’è una velata allusione).

La preterizione rientra fra le figure retoriche di sottrazione, categoria a cui appartengono anche l’asindeto, l’ellissi e la reticenza (aposiopesi).
Preterizione – Esempi
Abbiamo già fatto cenno nel paragrafo precedente alle formule rituali che danno vita alla preterizione nel linguaggio comune; tale figura retorica è però presente anche nella letteratura, sia in prosa (più frequentemente) sia nella poesia. Di seguito alcuni esempi.
Da Italia mia, benché ‘l parlar sia indarno (Francesco Petrarca)
Cesare taccio che per ogni piaggia
fece l’erbe sanguigne
di lor vene, ove ’l nostro ferro mise.
Da Giulio Cesare (William Shakespeare)
È bene che non sappiate che voi siete i suoi eredi;
perché, se lo sapeste, oh, che cosa ne seguirebbe?
Il seguente esempio è tratto da un’opera di Italo Svevo:
Non ti dico cosa ha combinato il cane: ha morso il postino e, poi, quando l’abbiamo rinchiuso, si è mangiato il tappeto della zia.
Un altro esempio lo troviamo ne Il sabato del villaggio (Giacomo Leopardi)
Altro dirti non vo’; ma la tua festa
Ch’anco tardi a venir non ti sia grave.