Il poliptoto o polittoto è una figura retorica che consiste nel ripetere nella stessa frase o in frasi consecutive una stessa parola, ma coniugandola o declinandola in modi diversi; per esempio, si può usare uno stesso verbo cambiandone il tempo, il modo o la persona oppure uno stesso aggettivo/sostantivo cambiandone genere e numero o funzione sintattica. Cambia la forma, ma resta uguale il significato. Questa figura retorica interviene sulla sintassi della frase ma genera allo stesso tempo particolari effetti di suono, grazie alla ripetizione, e accentua il significato della parola ripetuta. Per questo motivo talvolta si trova anche nel linguaggio comune, in particolare nei modi dire, come per esempio “stare con le mani in mano”.
Bisogna fare attenzione a non confondere il poliptoto con la figura etimologica: in essa non cambia solo la forma ma anche la categoria grammaticale, per esempio si hanno un verbo, un sostantivo e un aggettivo con la stessa radice etimologica; e anche con la paronomasia, in cui invece a un suono simile di due parole corrisponde un significato diverso.

Il poliptoto può essere la variazione di un verbo in tempi e modi diversi; questa figura retorica viene appunto definita anche semplicemente “variazione”
Poliptoto – Esempi
L’uso del poliptoto in poesia richiede una grande abilità retorica, perché il rischio di appesantire una frase è alto. Ecco qualche buon esempio nella poesia italiana:
- “Cred’ io ch’ei credette ch’io credesse…” (Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno XIII);
- “di me medesmo meco mi vergogno…” (Francesco Petrarca, Canzoniere);
- “anzi la pugna de la pugna i patti” (Torquato Tasso, Gerusalemme liberata).