La personificazione è una figura retorica che consiste nell’attribuzione di qualità, caratteristiche e sentimenti tipicamente umani a cose inanimate o astratte o ad animali. Essa serve, di solito, a stabilire un legame tra l’oggetto della poesia e il lettore, coinvolgendolo.
Personificazione – Esempi
Un esempio di personificazione si può trovare nella poesia Trieste di Umberto Saba, in cui la città viene personificata e il poeta ne rintraccia gli aspetti fisici e “caratteriali” (vv. 8-12):
«Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore».
Un altro esempio classico lo si ritrova in La mia sera (Pascoli)
«Si devono aprire le stelle
nel cielo sì tenero e vivo.
Là, presso le allegre ranelle,
singhiozza monotono un rivo».
In questo caso il poeta attribuisce al rivo un’azione tipicamente umana, quella di singhiozzare.
Come spesso accade in Petrarca si ha la personificazione di Amore; il seguente esempio è tratto dal sonetto XXXV del Canzoniere di Francesco Petrarca (Solo et pensoso i più deserti campi):
«Ma pur sí aspre vie né sí selvagge
cercar non so ch’Amor non venga sempre
ragionando con meco, et io co’lui».

Personificazione e prosopopea sono due figure retoriche intimamente legate fra loro. Moltissimi sono gli esempi famosi presenti nella nostra letteratura.
Prosopopea – Significato ed esempi
Un’altra figura retorica, legata alla personificazione, è la prosopopea (dal greco prosōpopoiìa, il cui significato è “personificazione”), che consiste nel far pronunciare un discorso alla cosa o all’animale (ma anche a persone defunte) che vengono personificati.
Un esempio di prosopopea si rintraccia ai vv. 14-16 de La sera del dì di festa di Giacomo Leopardi, in cui il poeta riporta le crudeli parole della Natura personificata che lo ha condannato all’infelicità perpetua:
«A te – mi disse –
nego la speranza, perfino la speranza; e i tuoi occhi
non brillino d’altro se non per il pianto».
Un classico esempio di prosopopea lo si ritrova anche nel Siracide (un testo contenuto nella bibbia cattolica dove si ha la personificazione della Sapienza Divina):
“La sapienza fa il proprio elogio, in mezzo al suo popolo proclama la sua gloria. Nell’assemblea dell’Altissimo apre la bocca, dinanzi alle sue schiere proclama la sua gloria: «Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e come nube ho ricoperto la terra»“.
Nel linguaggio comune, il termine prosopopea è utilizzato con il significato di presunzione, arroganza, pomposità, alterigia; di seguito un esempio tratto da un quotidiano a tiratura nazionale:
(“La più pericolosa sorta di stupidità è, infatti, quella di chi si crede sapiente e acuto. Egli veleggia, senza timore del ridicolo, con grande prosopopea, lanciando giudizi, offrendo consigli, dispensando analisi. E, attorno, molti o tacciono o condividono. Il vero conoscere, infatti, si raggiunge solo nella paziente, rigorosa e faticosa ricerca: è un’ascesi della mente e dell’anima (e persino del corpo)”; Avvenire; 5 maggio 2011).