La perifrasi è una figura retorica di uso comune, sia nel linguaggio scritto che in quello parlato; è nota anche come circonlocuzione o, più familiarmente, come giro di parole. Il termine deriva dal greco periphrázein (il cui significato è parlare con circonlocuzioni), composto di peri (intorno) e phrázein (parlare).
La perifrasi può essere usata per indicare una cosa, una persona oppure un concetto; a essa si ricorre per svariate motivazioni, per esempio rendere più poetica una frase, evitare una terminologia inopportuna oppure eccessivamente tecnica o troppo realistica, dare una certa enfasi al discorso, ironizzare, dare un tono celebrativo, per motivi di chiarezza ecc. A seconda dei casi la perifrasi può coincidere con altre figure retoriche come per esempio l’eufemismo (un processo espressivo, quest’ultimo, che consiste nel sostituire determinati termini o espressioni con altri che hanno un tono maggiormente attenuato), ma anche la litote, la metafora, la metonimia e la sineddoche.
Perifrasi – Esempi
Come accennato, l’uso di perifrasi è usuale nel parlare quotidiano; classici esempi sono espressioni quali “la mia dolce metà” (usata per indicare il proprio coniuge), “un brutto male” o “un male incurabile” o, ancora, “un male che non perdona” (per riferirsi a un cancro), “la lingua di Shakespeare” (per indicare la lingua inglese), “il mal francese” (per indicare la sifilide), “il nettare degli dei” (il vino), l’oro nero (il petrolio), il re della foresta (il leone), la nave del deserto (il cammello), la città eterna (per riferirsi alla città di Roma), passare a miglior vita (fine perifrasi per evitare di pronunciare il termine morire), “operatore ecologico” (una perifrasi, forse caratterizzata da un po’ di ipocrisia, per sostituire il termine spazzino; lo stesso può dirsi delle perifrasi “non vedente” e “non udente” usate per evitare di dire, rispettivamente, cieco e sordo) ecc.
Come facilmente si può immaginare, gli esempi di perifrasi in letteratura si sprecano; di seguito ne riportiamo alcuni:
- “gli immortali del cielo abitatori” (Iliade, Omero): gli dei;
- “colui che tutto move” (La Divina Commedia, Dante): Dio;
- “‘l tristo sacco / che merda fa di quel che si trangugia” (La Divina Commedia, Dante); stomaco;
- “l’amor che move il sole e l’altre stelle” (La Divina Commedia, Dante): Dio;
- “il maestro di color che sanno” (La Divina Commedia, Dante): Aristotele;
- “là ‘ve Cristo soffrì mortale affanno” (Gerusalemme liberata, T. Tasso): Gerusalemme;
- “calotta del mio pensiero” (Piccolo Testamento, E. Montale): testa;
- “incontro là dove si perde il giorno” (Il sabato del villaggio, Leopardi): verso occidente;
- “grembo doloroso” (La Pentecoste, A. Manzoni): i dolori del parto.
- “greco mar” (A Zacinto, U. Foscolo); il mar Ionio;
- “colui che l’acque cantò fatali” (A Zacinto, U. Foscolo): il poeta Omero;
- “colui che nuovo Olimpo alzò in Roma ai celesti” (I Sepolcri, U. Foscolo): Michelangelo.

La definizione di perifrasi è “espressione con la quale si opera la sostituzione di un termine o di pochi termini più propri e usata per motivi di chiarezza, opportunità, ironia, enfasi oppure timoroso (o ipocrita) riserbo”; “la mia dolce metà” è una perifrasi con la quale si indica il proprio coniuge o il/la proprio/a compagno/a.