La paronomasia è una figura retorica che si realizza nel momento cui si accostano termini (detti paronimi) che sono simili nel suono, ma che hanno diverso significato; la si ritrova spesso nei grandi classici della letteratura, ma è frequente anche nel linguaggio comune (in particolar modo nelle frasi fatte e nelle espressioni idiomatiche); gli scopi della paronomasia possono essere i più diversi: può servire a catturare l’attenzione del lettore (o dell’ascoltatore) attraverso la somiglianza dei suoni delle parole, può avere fini umoristici, può rendere più brillante un testo o una frase, può essere utile per creare frasi a effetto ecc.
Classicamente si suole distinguere tra paronomasia apofonica e isofonica; nel primo caso la similitudine è relativa alla radice (risica/rosica), mentre nel secondo caso si verifica l’uguaglianza dei suoni cui cade l’accento (traduttore/traditore).
Nota – La paronomasia è detta talvolta anche annominazione, parechesi o bisticcio di parole; il termine è di derivazione greca (da para, vicino e onomasia, denominazione).
Paronomasia – Esempi
Si possono fare moltissimi esempi di paronomasia; come accennato nel paragrafo precedente, tale figura retorica è ricorrente in molti modi di dire e nelle frasi fatte; si pensi, per esempio, all’espressione volente o nolente oppure a carta canta.
Altri esempi molto noti di paronomasia sono i seguenti:
- ad augusta per angusta
- prendere fischi per fiaschi
- spendere e spandere
- dalle stalle alle stelle
- chi non risica non rosica
- chi dice donna dice danno
- via vai
- sesto senso
- senza arte né parte
- fare la fame
- il troppo stroppia
Di seguito riportiamo alcuni esempi di paronomasia tratti da grandi opere della letteratura italiana:
«…e non mi si partia dinanzi al volto
anzi ‘mpediva tanto il mio cammino
ch’i’ fui per ritornar più volte volto»
«Trema un ricordo nel ricolmo secchio»
(Cigola la carrucola del pozzo; Eugenio Montale)
Scrisse musiche inedite, inaudite,
oggi sepolte in un baule o andate
al màcero. Forse le riinventa
qualcuno inconsapevole, se ciò ch’è scritto è scritto.
(Xenia; Eugenio Montale)
«Rosa, riso d’Amor, del Ciel fattura,
rosa del sangue mio fatta vermiglia,
pregio del mondo e fregio di natura»
(Elogio della rosa, Giambattista Marino)
«Quivi stando, il destrier ch’avea lasciato
tra le più dense frasche alla fresca ombra»
(Orlando furioso, Ludovico Ariosto).

“Trema un ricordo nel ricolmo secchio” è un verso di una poesia di Montale (Cigola la carrucola del pozzo); è un tipico esempio di paronomasia.