Le figure retoriche di suono sono figure che attengono agli aspetti fonici e ritmici delle parole di una frase o di un sintagma (combinazione di più elementi linguistici); trovano la loro realizzazione tramite le variazioni e/o le ripetizioni di suoni donando alla frase una maggiore musicabilità e, di conseguenza, un maggiore effetto comunicativo. Le figure retoriche di suono sono anche dette fonetiche.
Figure retoriche di suono – Quali sono
Le principali figure retoriche di suono sono le seguenti:
- allitterazione
- assonanza
- consonanza
- omoteleuto
- onomatopea
- paronomasia.
Figure retoriche di suono – Definizione ed esempi
Di seguito sono riportate le definizioni delle principali figure retoriche di suono corredate di esempi.
Allitterazione – È una delle figure retoriche di suono più comuni; consiste nel ripetere un suono (di frequente una consonante) all’inizio, oppure all’interno, di parole successive (contigue o no che siano). Il seguente esempio è tratto dal Canzoniere di Francesco Petrarca (“di me medesmo meco mi vergogno”). Per approfondimenti si consulti la scheda specifica, Allitterazione.
Assonanza e consonanza – Queste due figure retoriche di suono sono forme di rima imperfetta.
Nell’assonanza (il cui significato è avere un suono simile) si realizza una identità parziale di suoni tra due o più versi: i termini a fine verso hanno le medesime vocale, ma le consonanti sono diverse. Ne troviamo un esempio in Lavandare (Pascoli):
Il vento soffia e nevica la frasca, / e tu non torni ancora al tuo paese! / Quando partisti, come son rimasta!
Altri esempi di assonanza: crumiro/bambino – amaro/bruciato – bocca/volta – fame/pane. Altro celebre esempio è il titolo di un famoso libro umoristico di Achille Campanile: Agosto, moglie mia non ti conosco.
Nella consonanza si realizza l’identità delle consonanti della parte finale di due (o più) termini, a iniziare dalla vocale tonica; ne troviamo un interessante esempio in Meriggiare pallido e assorto (Montale):
E andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia / com’è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
Omeoteleuto (anche omoteleuto) – Fra le figure retoriche di suono non è forse tra le più conosciute; si tratta di un procedimento che consiste nel far terminare, nello stesso modo, nel suono o nella metrica, le parti di un periodo contrapposte simmetricamente; la rima è un tipo di omeoteleuto che si verifica in fine verso. Un facile esempio: andarono, a stento arrivarono, ma non ritornarono.
Onomatopea – Figura con la quale, attraverso il suono di una parola, si descrive o comunque si suggeriscono acusticamente determinati oggetti e azioni. Un autore italiano in cui si riscontra un frequente utilizzo dell’onomatopea è Giovanni Pascoli; famosi esempi sono i seguenti: “Un bubbolio lontano” (Temporale); “sciabordare delle lavandare” (Lavandare); “c’è un breve gre gre di ranelle” (La mia sera); “veniva una voce dai campi: chiù” (L’assiuolo); “che un giorno ho da fare tra stanco don don di campane…” (Nebbia). L’onomatopea è una figura retorica di suono che non è usata soltanto con parole esistenti, ma anche con quelle create dall’autore. Per approfondimenti si consulti la scheda a: Onomatopea.
Paronomasia – Figura retorica di suono che si realizza nel momento in cui si ha l’accostamento di termini (detti paronimi) che sono simili nel suono, ma che hanno un significato diverso; la si ritrova di frequente nei grandi classici della letteratura, ma è comune anche nel linguaggio colloquiale, in particolar modo nelle frasi fatte, nei proverbi e nei modi di dire (chi non risica non rosica; dalle stalle alle stelle ecc.). Per approfondimenti si veda la scheda Paronomasia.

L’onomatopea è una delle più note e utilizzate figure retoriche di suono