L’epanalessi è una figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole all’interno di una stessa frase, dopo l’inserimento di un altro elemento a separarle.
L’obiettivo è quello di rafforzare il concetto espresso dalla parola ripetuta, infatti spesso l’elemento inserito in mezzo è qualcosa che significa “troppo” o “molto” o simili, oppure qualcosa che chiarisce il significato della parola o espressione ripetuta: per esempio “e su tutte le cose, le divine / cose” (Umberto Saba, Mezzogiorno d’inverno; qui la ripetizione è enfatizzata ancora di più dall’uso dell’enjambement, il verso spezzato), “anch’io t’avrò fatto, anch’io” (Clemente Rebora, Sciorinati giorni dispersi).
In poesia, questa ripetizione spesso ha un valore emotivo, ma l’epanalessi è usata molto anche in prosa.
Nel linguaggio parlato, si usa solo a livello dialettale, popolare o comunque molto informale, in espressioni come “Gli ha dato cento euro, gli ha dato”, sempre per enfatizzare quello che si sta dicendo.
Una figura retorica molto simile è l’anadiplosi, e la differenza tra le due è così sottile che spesso sono identificate: nell’anadiplosi la parola viene ripetuta alla fine di una frase e all’inizio di quella successiva.

I retorici latini chiamavano questa figura retorica “geminatio”, che significa appunto “duplicazione”