L’epanadiplosi è una figura retorica che consiste nel ripetere la stessa parola o più parole all’inizio e alla fine di una frase o un verso; si può applicare però anche a porzioni di testo più lunghe di un singolo verso o frase, per esempio in poesia si può avere la stessa parola o espressione all’inizio e alla fine di un’intera strofa. L’effetto è quello di avere una struttura circolare.
La parola può anche non essere ripetuta identica ma simile: può variare per forma o ruolo grammaticale (singolare, plurale, maschile, femminile, soggetto, complemento, verbo ecc.), generando così anche un poliptoto, oppure per etimologia, generando una figura etimologica.
La ripetizione è, come sempre, finalizzata a rafforzare una parola o un concetto, attirare l’attenzione su un elemento in particolare, ma anche a facilitarne la memorizzazione; per questo l’epanadiplosi è anche uno strumento usato dagli slogan pubblicitari. Si trova spesso anche nella prosa, che assume di solito toni poetici e drammatici grazie a questa figura retorica.

L’epanadiplosi deriva il suo nome dall’anadiplosi, infatti entrambe sono ripetizioni, ma in questo caso la parola significa “ripetizione all’indietro”, perché si raddoppia una parola dell’inizio della frase
Epanadiplosi – Esempi
In poesia l’epanadiplosi è particolarmente evidente perché la ripetizione avviene all’interno di porzioni di testo ben definite e isolate, come il verso o la strofa. Ecco alcuni esempi:
- “la canzone d’un grillo canterino (Guido Gozzano, La signorina Felicita; ripetizione con figura etimologica);
- “Il poco è molto a chi non ha che il poco” (Giovanni Pascoli, La piada);
- “Dov’ero? le campane / mi dissero dov’ero” (Giovanni Pascoli, Patria);
- “viaggio per fuggire altro viaggio” (Guido Gozzano, La signorina Felicita).