L’endiadi è una figura retorica di significato che consiste nello scomporre un concetto formato da sostantivo + aggettivo/complemento di specificazione in due termini coordinati, cioè uniti dalla congiunzione “e”. A un rapporto di subordinazione si sostituisce quindi un rapporto di coordinazione: cambia la sintassi della frase.
Di solito l’endiadi consiste nel sostituire un’espressione composta da sostantivo + aggettivo/complemento di specificazione con sostantivo + “e” sostantivo oppure sostantivo + “e” + aggettivo ecc.
L’uso di questa figura retorica in poesia serve a rendere un’immagine più forte e incisiva, attraverso la scomposizione degli elementi che la compongono.
Essa però può apparire anche nel linguaggio comune, soprattutto con coppie di sinonimi in modi di dire fissi, come per esempio “fare fuoco e fiamme”, “sani e salvi” ecc.

L’endiadi è una figura retorica che modifica la normale sintassi della frase
Endiadi – Esempi
Gli esempi di endiadi nella poesia italiana possono essere molti. Eccone alcuni per chiarire la definizione:
- “Movesi il vecchierel canuto e bianco” (Petrarca, Canzoniere, due sinonimi);
- “amaro e noia / la vita, altro mai nulla” (Leopardi, A se stesso, “noia amara”);
- “notte e ruina” (Leopardi, La ginestra, “rovina tenebrosa”);
- “O eletti di Dio, li cui soffriri / e giustizia e speranza fa men duri” (Dante, Divina Commedia – Purgatorio, Canto XIX, endiadi per “la speranza della giustizia”);
- “e il grande impero / di quella Roma, e l’armi e il fragorio” (Leopardi, La sera del dì di festa, “il fragore delle armi”).