Il disfemismo è la figura retorica opposta all’eufemismo; è utilizzato soprattutto con intenti scherzosi e/o affettuosi; infatti, consiste nella sostituzione di termini o espressioni normali o positivi con altri termini o espressioni che di per sé sarebbero sgradevoli od offensivi, ma senza dar loro toni sgradevoli, spiacevoli od oltraggiosi. Classico esempio è l’espressione “la mia vecchia” per indicare la propria madre o l’uso del termine birbante per riferirsi a un bambino vivace. Un altro esempio è quando si usa il termine “testone” al posto di “caparbio, deciso”; diverso (il significato è negativo) sarebbe invece definire testone un alunno poco capace. Roberto Benigni usò un disfemismo (Woytilaccio!) rivolgendosi a papa Giovanni Paolo II.

Esempio letterario: Ragazze… tutte in coppietta col lor vigliacco. (Cesare Pavese nell’immagine; vigliacco sta per fidanzato; tale disfemismo è in uso in alcune regioni del Nord Italia).
Cacofemismo o malfemismo sono sinonimi di disfemismo. Alcuni invece ritengono che il cacofemismo sia solo simile, perché l’intento resta generalmente offensivo anziché scherzoso, ma in questo caso, essendo il significato quello del termine, non si potrebbe parlare di figura retorica.