Il termine analogia ha diverse accezioni nella lingua italiana; lo si ritrova infatti in vari ambiti: biologia, diritto, filosofia, fisica, letteratura ecc.
Nel suo testo “Il parlar figurato“, l’accademica Bice Mortara Garavelli spiega che “nell’uso comune analogia è sinonimo di somiglianza. Somiglianza o comunanza di caratteri tra due entità che vengono confrontate l’una con l’altra”.
Limitandosi all’ambito della retorica, molti inseriscono l’analogia tra le figure retoriche di significato; altri autori, invece, non la considerano una figura retorica vera e propria bensì un procedimento (si parla appunto di procedimento analogico) che consiste nell’accostare delle realtà che sono molto lontane logicamente, ma che hanno un rapporto di somiglianza, una relazione o una corrispondenza particolari, che scaturiscono dall’intuito del poeta. Secondo altri ancora, l’analogia è un procedimento che si serve di figure retoriche come la metafora o la similitudine.
L’analogia nell’ambito della poesia – Esempi
L’analogia è un procedimento che si ritrova comunemente nei poeti decadentisti, nei simbolisti e negli ermetici e numerosi sono gli esempi che si possono fare in proposito; Ungaretti, per esempio, ricorre spesso al procedimento analogico; i seguenti versi sono tratti dal suo componimento San Martino del Carso:
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato
Ricorrendo a un’analogia, il cuore del poeta diventa sia il cimitero (risulta evidente dal riferimento alle croci) in cui riposano gli affetti perduti sia il paese, il luogo, devastato dalla guerra.
Altro esempio classico è quello della poesia Soldati dal brevissimo testo:
Si sta come
d’autunno
sugli alberi
le foglie
Il titolo risulta indispensabile per dare un’interpretazione corretta al significato dei versi; Ungaretti ricorre a un’analogia e rende affini la vita dei soldati e le foglie in autunno, accomunate dalla fragilità.
Anche in Fratelli si ritrova il ricorso al procedimento analogico:
Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
…
Il termine fratelli è, per analogia, una foglia appena nata: un richiamo alla speranza e alla vita, nonostante la distruzione e la morte. Ungaretti accosta i due termini, fratelli e foglia, appartenenti a due campi semantici differenti, stabilendo un collegamento logico che suggerisce al lettore sia la fragilità che la forza vitale che caratterizza il sentimento di fratellanza.
Il ricorso all’analogia è spesso presente anche in Pascoli; si prenda per esempio il testo di Temporale:
Un bubbolìo lontano…
Rosseggia l’orizzonte,
come affocato, a mare:
nero di pece, a monte,
stracci di nubi chiare:
tra il nero un casolare:
un’ala di gabbiano
Nel breve testo pascoliano, il solo elemento “umano” è un casolare il cui colore bianco o la cui apparizione rapida in mezzo al nero delle nubi richiama, per analogia, un’ala di gabbiano.
Anche in X agosto, Pascoli ricorre a due analogie; una è tra le stelle cadenti e il pianto (il pianto degli uomini è il pianto del cielo) e l’altra tra l’uomo e la rondine (la morte di quest’ultima rimanda a quella dell’uomo; ricordiamo che il 10 agosto 1867 è la data della morte di Ruggero Pascoli, padre di Giovanni).
Altro esempio di analogia lo troviamo ne Il gelsomino notturno:
La Chioccetta per l’aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.
“La Chioccetta” è il nome popolare con cui sono chiamate le Pleiadi; giocando su questo nome, Pascoli crea una metafora: come la chioccia è la gallina che si muove per l’aia con dietro i suoi pulcini che pigolano, così le Pleiadi sono stelle che si trovano nel cielo (“aia azzurra”, v. 15) con un seguito di stelle minori: dunque le stelle, per analogia, “pigolano” come i pulcini, ma il pigolìo rimanda al luccichio.
Un altro esempio di ricorso all’analogia lo si trova in Meriggiare pallido e assorto (Montale):
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Le biche sono mucchi di covoni di grano; qui indicano, per analogia con la loro forma, i mucchi di terra.
Anche Quasimodo usa il procedimento analogico in Alle fronde dei salici:
E come potevano noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.
Il lamento / d’agnello dei fanciulli è un’analogia che accosta il pianto dei più indifesi al belato degli agnelli che assurgono, inoltre, a simbolo di purezza e del sacrificio di Gesù Cristo. Si noti poi
l’urlo nero / della madre che andava incontro al figlio / crocifisso sul palo del telegrafo
Qui il poeta fa un’analogia fra le vittime della repressione nazifascista e Gesù Cristo morto in croce con Maria, la madre, che assiste impotente alla tragedia.
In Giovanni Pascoli è particolarmente frequente il ricorso alla figura retorica dell’analogia