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Anafora

L’anafora è una figura retorica di posizione. La definizione di anafora è: figura retorica che consiste nella ripetizione di una o più parole all’inizio di versi o proposizioni successivi. Il termine deriva dal greco aná, di nuovo, e phéro, io porto. Solitamente è usata per sottolineare l’importanza dell’elemento che viene ripetuto, ma anche per creare un legame ritmico e di significato tra gli enunciati.

L’anafora è analoga a un’altra figura retorica, l’epifora; quest’ultima si differenzia dalla prima per il fatto che la ripetizione delle parole è posta alla fine dei versi o delle proposizioni. Il termine epifora è utilizzato anche in ambito clinico, dove però ha tutt’altro significato: iperlacrimazione.

Anafora – Esempi

Moltissimi sono gli esempi di anafora presenti nella nostra letteratura.

Un esempio molto famoso è quello relativo alla prima terzina (vv. 1-3) del canto III dell’Inferno (Divina Commedia, Dante Alighieri); all’ingresso del regno infernale, Dante trova scritte queste parole:

  • «Per me si va ne la città dolente,
  • per me si va nell’etterno dolore,
  • per me si va tra la perduta gente».

L’anafora riguarda ovviamente l’incipit di ognuno dei tre versi («Per me si va») e, in questo caso, si sottolinea l’importanza del passaggio, poiché attraverso («per me» è infatti complemento di moto per luogo) quella porta Dante entrerà nell’Inferno e inizierà il suo viaggio in quel luogo di dolore e perdizione.

Altro esempio noto di anafora lo troviamo nel sonetto S’i’ fosse foco di Cecco Angiolieri: qui la ripetizione dell’incipit del primo verso («S’i’ fosse») avviene nei vv. 1-4, 5, 7, 9-10 e 12: in questo caso l’anafora, che in ogni verso citato cambia elemento, dà ritmo alla poesia e serve ad anticipare – dopo una serie di ipotesi irrealizzabili relative a ciò che il poeta vorrebbe essere e fare – il finale provocatorio e divertente, in cui Angiolieri dichiara di volersi godere la compagnia di donne giovani e belle, lasciando agli altri quelle «vecchie e laide».

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Solitamente l’anafora è usata per sottolineare l’importanza dell’elemento che viene ripetuto, ma anche per creare un legame ritmico e di significato tra gli enunciati

Fra gli esempi di anafora si possono inoltre citare i versi dannunziani presenti ne La pioggia nel pineto.

  • Ascolta. Piove
  • dalle nuvole sparse.
  • Piove su le tamerici
  • salmastre ed arse,
  • piove su i pini
  • scagliosi ed irti,
  • piove su i mirti
  • divini…
  • […]

Altro interessante esempio è presente in Pianto antico, la poesia che Giosuè Carducci scrisse per il figlio Dante, morto a soli tre anni.

  • […]
  • sei ne la terra fredda,
  • sei ne la terra negra;
  • né il sol più ti rallegra           
  • né ti risveglia amor.
  • […]

Il seguente esempio è invece tratto da Italia mia, benché ’l parlar sia indarno (Petrarca):

  • Non è questo ‘l terren ch’i toccai pria?
  • Non è questo il mio nido
  • Ove nutrito fui sì dolcemente?
  • Non è questa la patria in ch’io mi fido?
  • […]

Si noti l’anafora anche in questi versi di Ungaretti (Dannazione):

  • […]
  • Come il sasso aspro del vulcano,
  • come il logoro sasso del torrente,
  • come la notte sola e nuda
  • […]

L’anafora è una figura che ricorre spesso anche nelle filastrocche per bambini; ne vediamo un esempio nella Filastrocca impertinente di Gianni Rodari:

  • Filastrocca impertinente,
  • chi sta zitto non dice niente;
  • chi sta fermo non cammina;
  • chi va lontano non s’avvicina;
  • chi si siede non sta ritto;
  • chi va storto non va dritto;
  • e chi non parte, in verità,
  • in nessun posto arriverà.

Sempre di Gianni Rodari è la filastrocca Il primo giorno di scuola:

  • Suona la campanella;
  • scopa, scopa la bidella;
  • viene il bidello ad aprire il portone;
  • viene il maestro dalla stazione;
  • viene la mamma, o scolaretto,
  • a tirarti giù dal letto…
  • […]
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