Con l’espressione Prodotto Interno Lordo (spesso abbreviata con PIL) si indica il valore finale di beni e servizi prodotti all’interno di una nazione in un determinato periodo di tempo (di norma si fa riferimento all’anno solare); vengono presi in considerazione i beni e i servizi che sono destinati al consumo finale e non si considera quindi facente parte del prodotto interno lordo tutta quella produzione che viene scambiata e riutilizzata dalle aziende produttrici.
Sono altresì esclusi dal PIL tutti quei beni e servizi che sono prodotti all’estero da operatori nazionali, mentre sono inclusi i beni e i servizi prodotti internamente da operatori esteri.
Con il PIL si indica praticamente l’ammontare della ricchezza prodotta internamente a un Paese. Il termine “interno” fa riferimento al fatto che si prende in considerazione il valore di beni e servizi prodotti internamente a un Paese a prescindere dalla nazionalità dei produttori. Il termine “lordo” fa invece riferimento al fatto che il valore di beni e servizi è al netto del cosiddetto ammortamento (una procedura ragionieristica con la quale si opera una distribuzione su più esercizi – anni, per intendersi – dei costi di quei beni che hanno un’utilità pluriennale).
Può capitare, discutendo di prodotto interno lordo, di sentir parlare di PIL reale e di PIL nominale; cerchiamo di capirne la differenza. Una grandezza viene definita nominale quando la si misura a prezzi correnti, ovverossia considerando i prezzi del periodo cui si fa riferimento; è invece definita reale quando la si misura a prezzi costanti, ovvero utilizzando sempre i medesimi prezzi, quelli di un determinato periodo scelto come periodo base.
Il PIL reale è quindi quello depurato da eventuali variazioni verificatesi nei prezzi di beni e servizi; il PIL reale, a differenza di quello nominale, può essere oggetto di confronto fra periodi (anni) diversi. Se dividiamo il PIL nominale per il PIL reale otteniamo un indice che viene detto deflatore del PIL. Dal rapporto fra PIL e numero dei cittadini si ottiene il cosiddetto reddito pro capite.
La truffa del PIL
Che in Italia i politici non facciano gli interessi dei cittadini è palese, ma dimostrarlo non è poi così semplice perché basta che si affacci un nuovo personaggio (o uno vecchio riciclato con nuovi slogan) e le pecore italiane continuano a seguirlo burinamente. L’errore è chiaro, si tratta di errore di novità (il nuovo è giudicato automaticamente migliore del vecchio); basta parlare al futuro, fare promesse, millantare periodi dorati ecc. e i polli ci cascano, in Italia è sempre stato così.
Una delle cose che mostrano come da noi i politici siano in antitesi con i cittadini è il PIL, il Prodotto Interno Lordo.
Già Robert Kennedy sosteneva che “il PIL misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta”; già si dovrebbe considerare l’inflazione, un’inflazione del 2%, quando il PIL aumenta dell’1% non dipinge una situazione rosea.
Queste cose sono note (infatti ho ripreso delle risposte a un mio tweet), ma non dimostrano che i politici siano in malafede. Facendo un altro passo avanti, sveliamo la truffa del PIL.
Supponiamo di considerarlo solo un indice economico, supponiamo che si consideri l’inflazione (in effetti, fin qui i politici ci arrivano e si parla di PIL reale vs. PIL nominale, anche se a essere precisi la variazione dei prezzi dei prodotti non è proprio uguale all’inflazione); certo, disoccupazione e deficit sono dati importanti, ma perché un PIL reale positivo non si può considerare automaticamente un successo? Sempre meglio di uno negativo, sempre meglio di niente, no?
Questa è la truffa del PIL. Infatti i politici ci vendono i valori positivi del PIL come un dato positivo, quando spesso non lo è.
Il primo problema – La cosa che sfugge alla maggior parte dei loro ascoltatori è che se il PIL aumenta dello 0,5% (un “successone”, in questi periodi), ma la popolazione aumenta dello 0,6% (in Italia circa 360.000 unità), ecco che il PIL diviso il numero di persone (cioè il reddito pro capite) è più basso, cioè noi siamo più poveri (l’errore di molti è nel considerare la popolazione italiana come costante cosa che non lo è: ad esempio dal 31 dicembre 2012 al 31 dicembre 2013 è aumentata di ben l’1,84%; i molti leader europei che plaudono all’immigrazione si assicurano per esempio una crescita automatica del PIL globale perché si spera che comunque, anche poco, i migranti producano, essendo abituati a redditi molto modesti).
Un politico “sporco” vi parlerà sempre di PIL e non di reddito pro capite perché a lui interessa comandare un Paese forte “globalmente” (la vecchia logica comunista, lo Stato prima del cittadino) e se gli chiedete se preferirebbe essere a capo della Russia o della Svizzera, vi indicherà sicuramente la Russia perché la Svizzera non è che conti granché, anche se i suoi cittadini vivono molto meglio dei russi.
Per questo un politico “sporco” non vi dirà mai per esempio che i figli possono essere un problema, se cala la popolazione lui ci “perde” e vede il tasso zero di aumento come un pericolo reale.
A livello locale questa logica fa sì che l’amministratore promuova nuovi insediamenti residenziali o industriali; non pensate male, non pensate che lo faccia per prendere qualche mazzetta (a volte succede…), lo fa perché un comune più popoloso (anche se invivibile per i cittadini, si vedano, per esempio, l’hinterland milanese o certe zone della Campania) vuol dire più fondi e più potere: un conto è essere il sindaco di Roma e un conto è esserlo di Trepalle (anche se io preferirei la seconda soluzione).
Il secondo problema – Abbiamo visto che una crescita della popolazione porta a un aumento praticamente automatico del PIL; certo si potrebbe obiettare che, se non c’è lavoro, il ragionamento precedente non è vero, ma si deve considerare che in presenza di più persone (un nuovo nato per esempio) si è “costretti” a consumare (magari intaccando i risparmi) e quindi a produrre di più. In ogni caso, supponiamo che la popolazione resti costante. Il PIL aumenta dell’1%, un successone? Qui c’è un errore di fondo che sembra incredibile che i politici non abbiano il pudore di evidenziarlo. Il PIL è un po’ come il fatturato di un’azienda. Se il fatturato sale, gli ordini crescono ecc. tutto bene, ma alla fine quello che conta è l’utile aziendale: se il fatturato sale, ma gli utili vanno giù e addirittura l’azienda finisce in rosso è una catastrofe. Per un Paese l’utile è rappresentato dai redditi dei cittadini e dai servizi di cui possono godere. Siamo proprio sicuri che il PIL si traduca automaticamente in un miglioramento della condizione dei servizi (per esempio il governo riduce le tasse per favorire la ripresa, ma deve peggiorare i servizi per motivi di bilancio) e del reddito procapite?
Il terzo problema – Ho lasciato per ultimo il terzo problema perché è inoppugnabile. Supponiamo che il PIL di un Paese cresca dell’1%. Un successone? Supponiamo che non ci siano trucchi con l’aumento della popolazione, supponiamo che non ci sia un peggioramento dei servizi e che il PIL si traduca automaticamente nell’aumento del reddito procapite. Una persona che ha un reddito mensile di 1.500 euro (circa 20.000 euro l’anno) si troverebbe un bel guadagno di circa 16 euro al mese. Se ha dovuto lavorare anche una sola ora in più al mese per aumentare la produttività del suo lavoro, della sua azienda, dov’è il successone?
Italia trentesima nel mondo
Dal 1990 a oggi il peso economico dell’Italia rispetto all’intera economia mondiale è sceso dal 5% al 2,77%: praticamente il suo peso si è dimezzato, alla faccia di chi parla ancora di un “grande Paese”.
Non cresciamo né a livello individuale né a livello globale. Un politico onesto dovrebbe quindi considerare il reddito pro capite anziché il PIL. Se lo facesse vedrebbe che l’Italia non è certo fra le prime nazioni al mondo, anzi è solo trentesima (preceduta anche dalla Spagna) e negli ultimi vent’anni la crescita del reddito pro capite reale è praticamente ferma (1,8%, contro quello a doppie cifre di altri Paesi: Francia (18%), Spagna (+24,5%), Germania (+25,4%) e Regno Unito (+31,9%).
Anziché occuparsi della nazione, i politici dovrebbero occuparsi dei cittadini e riportare in alto il reddito pro capite dell’Italia. Un Paese con tantissimi poveri o con tanti poveri e pochi ricchissimi può avere un PIL grande (vedasi India e Cina), ma non è certo piacevole viverci!
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