Il successo può essere una condizione facilitante nella vita, ma nella nostra società sembra essere una condizione necessaria alla felicità. Nulla di più stupido. Non a caso l’autostima di molte persone va sotto zero perché si basa sui risultati, anziché sulla propria dignità interiore.
Chi ricerca la fama e il successo vende agli altri una parte della propria vita. Chi fa qualcosa non per amore, ma per riuscire e ottenere l’approvazione degli altri non è più libero: la sua felicità dipende dagli altri. Si pensi al grande cantante, allo sportivo, all’attore: si può cantare, correre e recitare anche quando il successo non arriva o è finito, la vera gioia è fare ciò che piace. Chi invece aspetta la gloria non ama veramente ciò che fa e quando il successo finisce resta a bocca asciutta, esistenzialmente povero, senza più nulla che riempia la sua vita.
La giovanissima che sogna di diventare modella o attrice (o semplicemente velina), il ragazzino che sogna di diventare Pallone d’oro o un famosissimo cantante rock sono esempi di come la cultura dell’apparire anziché dell’essere sia dominante e sia addirittura promossa da molti media il cui unico scopo è fare audience.
Nella nostra società si parla spesso di perdenti o vincenti, anziché di felici o infelici. Che senso ha essere vincenti se poi non si è felici? Cambiamo quindi l’ordine di priorità dei nostri obiettivi:
prima si deve essere felici e poi, semmai, vincenti.
Non a caso parlo di personalità critiche solo in relazione alla felicità, l’unica gara cui, a mio avviso, non ha senso sottrarsi, pena il permanere in questa valle di lacrime in modo molto miserevole.
Successo e personalità critiche
Diverse personalità critiche sembrano non essere immuni dal fascino del successo, facendosi trascinare nel gorgo dell’assoluta assenza di semplicità. Sì, perché, se il successo (carriera, ricchezza, vittoria ecc.) è ricercato come fine della propria esistenza, non può che farci vedere la realtà in modo talmente complesso e difficile da perdere ogni aggancio con ciò che è puro e semplice.
Spesso, osservando l’importanza e i mezzi con cui si vuole arrivare al successo, si è in grado di stabilire la (o le) personalità critiche dominanti del soggetto. Basti pensare che anche chi dovrebbe essere semplice per definizione, il mistico, spesso non sa resistere al fascino del successo e tende a creare una carriera ecclesiastica o addirittura post-terrena (le varie gerarchie di santi!).
La ricerca del successo è intimamente legata alla personalità critica dell’apparente, ma è interessante notare come sia un concetto trasversale, fine anche di altre personalità. Mentre per l’apparente è fondamentale, per le altre personalità critiche può rappresentare la classica ciliegina sulla torta
Per esempio, lo svogliato può esserne immune, ma il più delle volte lo ricerca attraverso la strada più breve, senza fare fatica e, in assenza di condizioni fortuite, fallisce sempre.
L’irrazionale o il romantico non adottano strategie logiche, ma si affidano ai loro sogni o a considerazioni del tutto campate per aria.
Il debole lo cerca attraverso vie convenzionali salvo il fatto di dover rimarcare sovente che “gli altri non giocano secondo le regole”.

La ricerca del successo è una delle cause più comuni di stress negativo: il successo logora chi non ce l’ha
Il violento può fare un uso eccessivo della forza proprio in base al concetto che il fine giustifica i mezzi, il successo assume per lui un valore etico.
Il sopravvivente può vivere di piccoli successi quotidiani, di fatto esagerati nell’importanza.
L’insoddisfatto, spesso perfezionista, vede il successo come una droga che non basta mai.
Lo statico e il vecchio tendono a vivere dei successi del passato, di fatto sopravvivendo a essi.
L’insufficiente tende a vivere del successo di chi ha vicino, scambiandolo per il proprio (classico caso della donna giovane che sposa un vecchio nababbo).
L’insofferente ha un rapporto di amore-odio con il successo, la cui aspettativa è vissuta con calma e gioia finché non va in frantumi.
Il contemplativo ha del successo una visione più a lungo termine, meno terrena, quasi mistica. Basti pensare all’immortalità presunta dell’arte.
Tranne alcune personalità ((inibiti, fobici, patosensibili, dissoluti, semplicistici, indecisi) la ricerca del successo può essere uno degli scopi dell’esistenza, ma spesso con una priorità bassa o marginale, mai così pressante come nell’apparente che vede nel successo l’unica forma positiva dell’essere e quindi lo ricerca come naturale esibizione del proprio sé.
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