Quando si parla di felicità molti sollevavano la questione della possibile felicità in condizioni economiche precarie; detto in parole povere: come si fa a essere felici se è difficile arrivare alla fine del mese con i soldi che si guadagnano o, più brutalmente, quando i soldi non bastano mai?
Si devono escludere dall’analisi tutte le situazioni (e sono molte) economicamente difficili che derivano da scelte esistenziali errate. Un matrimonio fallito (con conseguente divorzio, alimenti, ricerca di una nuova casa ecc.), un’attività lavorativa che è andata a rotoli, una famiglia con un numero eccessivo di figli ecc. sono esempi che ovviamente prescindono dal saper gestire correttamente i propri (pochi) soldi.
Consideriamo pertanto un soggetto normale con una vita normale, con uno stipendio medio-basso. Il primo errore da evitare è:
pensare che se si guadagnasse di più si vivrebbe automaticamente meglio.
Infatti ciò può essere vero per molti, ma non per tutti; si dà già scontato che la gestione del proprio denaro sia ottimale e questo, in genere, è un grosso atto di presunzione. A meno che non siate dei fini conoscitori dell’economia, è abbastanza impensabile che ciò sia vero, molto probabilmente, avendo di più, buttereste via parte del plus in cose tutto sommato inutili.
Il secondo errore è
ritenere che, visto che non si può guadagnare di più, basti spendere di meno.
Questa è una visione molto semplicistica. L’importante non è spendere meno, ma ottimizzare le proprie spese.
Dal punto di vista psicologico, il primo errore provoca spesso una frustrazione sociale perché si vede il problema totalmente al di fuori di sé, la colpa è degli altri, della società, del governo e chi più ne ha più ne metta (lamentiamoci pure, ma prima ottimizziamo le nostre spese).
Il secondo errore predispone invece a una taccagneria che in genere altera non solo la qualità della vita del singolo, ma anche i rapporti sociali, penalizzati da scelte troppo “avare”.
I due errori precedenti si possono esprimere nella regola del doppio:
superata una certa soglia di povertà, spesso avere il doppio delle entrate non è sufficiente ad A per avere una vita economicamente più soddisfacente di B.
Si consideri un soggetto A con reddito di 4.000 euro mensili e un soggetto B con reddito di soli 2.000 mensili. Mettendoci a tavolino, non è difficile dimostrare che, se A non si cura particolarmente della sua economia, arriverà a fine mese in condizioni peggiori di B. Basta accorgersi che A non ottimizza, ma sceglie a caso le proprie fonti di spesa: al supermercato A compra distrattamente, B si cura delle offerte; A compra ogni giorno il pane, B se lo fa da sé con la macchina del pane; A offre caffè e pranzi a destra e a manca, magari in locali non certo economici, B sceglie locali dal miglior rapporto prezzo/prestazioni; A veste firmato, mentre B sceglie capi che durano; A compra tante cose inutili, B per esempio i libri che compra li legge tutti dalla prima all’ultima pagina.
Cosa accade? Che A si ritiene scioccamente al sicuro dal depauperamento delle sue entrate e… spende. A lui non bastano 4.000 euro al mese, ma probabilmente non ne basterebbero 8.000.
Il problema è dunque: come ottimizzare le proprie risorse economiche? Come ogni ottimizzazione, si deve partire dall’analisi del proprio stato.
Per tutti coloro che vogliono migliorare la gestione della loro economia: Come risparmiare.
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