Il collaboratore è una figura indispensabile per moltissime attività, sicuramente necessaria nelle aziende di servizi e per moltissimi professionisti. Esistono molte fonti che consentono un rapido accesso ai candidati a un posto che per la nostra azienda è di vitale importanza: conoscenza diretta, segnalazioni da parte di conoscenti, quotidiani, società di lavoro interinale, contatti mediante curriculum, scuole, Internet ecc.
Di solito il problema non è trovare candidati, quanto analizzarli correttamente e scegliere bene (ammesso che ce ne sia uno che superi la sufficienza!). Poiché il compito non è semplicissimo, si comprende immediatamente che la “strategia dell’ultimo momento” è sicuramente sbagliata. Pressati dalla necessità di trovare un collaboratore (dipendente o no), i nostri criteri di valutazione si ammorbidiscono e diventano troppo superficiali, a volte ottimistici.
Ugualmente sbagliata è la “strategia del contatto automatico”: non è detto che l’incontro con una persona che farebbe al caso nostro sia la soluzione migliore. Molti rapporti professionali si formano in modo spontaneo da esperienze comuni nella scuola, nella cerchia di amici, negli hobby: è necessario sempre chiedersi se non si potrebbe trovare di meglio e se non ci si stia accontentando di una collaborazione che è più che sufficiente, ma non certo ottimale.
Quest’ultimo punto ci fa capire che un collaboratore si sceglie consapevolmente e la scelta presuppone più di una possibilità: deve esserci cioè una rosa di candidati.
Prima di partire nell’esame di essa, è opportuno ricordare che non dobbiamo prestare attenzione solo ai candidati, ma dobbiamo prima fare un esame di coscienza per chiarire la figura professionale (caratteristiche) che stiamo cercando e quali siano i parametri su cui baseremo il nostro giudizio. Di tali parametri di giudizio dobbiamo anche avere ben presenti le priorità, cioè i pesi decisionali.
Non è possibile una generalizzazione completa del discorso, ma, a mo’ di traccia, vediamo per esempio alcune caratteristiche:
- conoscenze richieste (titolo di studio)
- compiti richiesti
- responsabilità
- tipo di interazione con la nostra struttura
- orari di lavoro
- età e sesso (per i lavori in cui esiste un legame preferenziale verso uno dei due sessi o una fascia d’età).
I parametri di giudizio, oltre a comprendere le classiche condizioni facilitanti, possono essere arricchiti da caratteristiche peculiari del lavoro per cui si cercano i collaboratori. Un esempio significativo di parametri di giudizio potrebbe essere il seguente:
- capacità di attuare le proprie conoscenze
- efficacia, efficienza, concretezza
- autonomia e relazione con la responsabilità richiesta
- sinergia con la nostra realtà verso un obiettivo comune a medio-lungo termine
- disponibilità verso l’orario di lavoro
- aspetti della personalità del candidato incompatibili/compatibili con il lavoro richiesto.
Se le caratteristiche di solito sono facilmente individuate, spesso non si è in grado di usare i corretti parametri di giudizio, il vero scoglio di molte scelte.
Ancora oggi si tende a preferire l’efficacia all’efficienza, una situazione che può risultare corretta solo per collaborazioni di breve durata; per collaborazioni a lungo termine, un soggetto efficace, ma poco efficiente, tenderà ad andare in crash (troppo stress) in momenti di massima pressione e quindi la scelta “efficace, ma poco efficiente” potrà funzionare solo se questi momenti sono rari, cioè per lavori di basso concetto e piuttosto ripetitivi.
Così facendo si tende a trascurare il parametro concretezza, fondamentale per quei lavori “sempre diversi”, dove non è possibile definire un percorso standard di efficienza, ma è necessario ogni volta crearselo ex novo: ovvio che una persona efficiente (perché ha imparato a esserlo in un certo contesto), ma poco concreta, andrà in difficoltà nel gestire il “nuovo e imprevisto”.
L’autonomia deve essere un must per ogni collaboratore: data una mansione, egli deve essere in grado di svolgerla in modo autonomo e di assumersi le responsabilità del proprio agire. Anche quando fa parte di un team, deve creare poche sovrapposizioni operative (in parole povere, mai fare in due lo stesso lavoro).
La sinergia con la nostra struttura si identifica nelle risposte alle semplici domande: “vogliamo le stesse cose?”, “la nostra collaborazione ha basi solide per durare a lungo?”, “abbiamo una visione compatibile del mercato, dei clienti, del business?” ecc. Ovvio che un collaboratore che debba sobbarcarsi diverse ore di viaggio al giorno per venire nella nostra azienda sarà meno sinergico rispetto a uno che abita a 100 m dal posto di lavoro. La sinergia deve cioè rispondere al requisito fondamentale della stabilità.
La personalità del collaboratore
La teoria delle personalità del Neocinismo può essere utilissima per selezionare i candidati. Infatti, data una figura professionale perfettamente definita, è possibile collegarla alle personalità perdenti che sarebbero penalizzanti.
Per esempio, se si cerca un buon venditore, la personalità apparente può non essere penalizzante, mentre lo è sicuramente una personalità debole; se si cerca un valido esecutore, può essere vero il contrario.
Relativamente a un lavoro, le personalità critiche pesano cioè in modo diverso; paradossalmente si può anche sfruttare una personalità facendola diventare un plus, soprattutto quando le mansioni sono ristrette ad ambiti di piccola portata (se le mansioni sono ampie e diversificate è molto difficile che i difetti caratteriali del soggetto non diventino un handicap). Il termine sfruttare non è usato a caso perché di fatto si tratta di tutti quei casi in cui il collaboratore viene “succhiato” oltre quanto gli viene offerto: il sopravvivente che resta in ufficio sino a tarda ora, l’apparente che per fare carriera sacrifica tutto al lavoro, il romantico che si getta nell’impresa della vita ecc.
Quindi prima di dare un giudizio definitivo su un candidato occorre comprenderne la personalità.
La personalità dell’esaminatore
L’ultimo punto del paragrafo precedente è un’arma a doppio taglio. Se l’esaminatore non è un buon psicologo, molto probabilmente non saprà valutare correttamente la persona che ha di fronte. Condizione necessaria per essere un buon esaminatore è il saper ascoltare il candidato, individuando anche ciò che non gli viene detto, usando indicatori esistenziali anche esterni al lavoro, senza arrivare a giudizi affrettati, ma indagando le cause di eventuali punti negativi.
Se, per esempio, il candidato deve far parte di un team, la sua predilezione per gli sport di squadra, il carattere estroverso, ma non soffocante, la non propensione all’invidia o all’individualità ecc. sono spesso più importanti della sua preparazione di base.
L’ultimo esempio non è casuale: checché ne dicano coloro che vogliono spingere “innovativi” strumenti di formazione personale, non è possibile cambiare velocemente i tratti della personalità di un soggetto. Se una persona non è adatta a vendere, a prendersi responsabilità, a lavorare in squadra, a eseguire senza discutere, a essere autonoma, a essere creativa ecc., se non possiede cioè i requisiti fondamentali del lavoro per cui si è presentata, non esiste formazione al mondo che sappia trasformarla in pochi mesi da agnello in leone.