Quale lavoro fare? La risposta corretta è fondamentale perché aumenta la probabilità di trovare lavoro e diminuisce la probabilità di insoddisfazione, una volta trovato il lavoro. Per rispondere correttamente alla domanda “quale lavoro fare?” è necessario capire cos’è il lavoro e quali sono lo strategie principali.
Nella parte teorica sul lavoro abbiamo discusso dei cinque fattori principali:
- qualità del lavoro
- denaro
- tempo
- controllo
- stress.
Nella parte pratica abbiamo discusso le strategie principali:
- artista
- plutomane
- traguardo
- carcerato
- libertà
- statale
- barbone.
Esistono due strade diverse con cui in genere si approccia il lavoro: chi usa una strategia che massimizza l’importanza di uno dei cinque fattori del lavoro e chi invece tenta un compromesso dove tutti e cinque i fattori sono importanti (evidentemente secondo “pesi” personali, strategia “pesata” o “mista”). In questo secondo insieme va compreso anche chi procede a caso (nessuna strategia, il lavoro che viene è accettato) perché equivale al caso in cui si azzerano i pesi di tutti e cinque i fattori.
Nei due insiemi di persone, alta è la percentuale degli insoddisfatti.
Gli insoddisfatti da strategia semplice
- Il soggetto non riesce a implementarla (la risposta alla domanda quale lavoro fare? è irrealistica);
- non gli basta l’ottimizzazione di un singolo parametro (la risposta alla domanda quale lavoro fare? non è in linea con le reali aspettative)
Il primo caso è per esempio rappresentato da chi sceglie la strategia dell’artista, ma poi, per vivere, è costretto a snaturarla oppure da chi non riesce a raggiungere il traguardo.
Il secondo caso è più complesso e riguarda chi fondamentalmente ha barato con sé stesso e ha una soddisfazione lavorativa strettamente dipendente anche dagli altri fattori: se chi ha scelto la strategia dello statale o quella della libertà sogna anche di avere un alto tenore di vita, probabilmente sarà sempre insoddisfatto; se chi ha scelto la strategia dell’apparente ha molti oggetti d’amore che non può vivere per mancanza di tempo, probabilmente sarà sempre insoddisfatto ecc.

Chi non ha un indice di qualità 100 deve evitare di cadere vittima della strategia del carcerato
Gli insoddisfatti da strategia pesata
Hanno un’alta probabilità di essere insoddisfatti per il semplice fatto che partono già da un compromesso che indica che sono interessati a più fattori. Poiché i fattori sono fra loro in competizione (per esempio denaro e tempo) diventa spesso impossibile far quadrare il cerchio e la strategia né carne né pesce diventa un boomerang: le aspettative sono andate deluse e il lavoro diventa una pesante necessità.
Alberto è responsabile commerciale di una piccola azienda ben avviata. Prende un buon stipendio, ma vorrebbe di più per mettere da parte qualcosa e avere un miglior tenore di vita (sua moglie sogna le vacanze in hotel a quattro o cinque stelle, ogni tanto un gioiello o un vestito che costa quanto uno stipendio del marito, lui vorrebbe un’auto più prestigiosa e vorrebbe farsi una casa “come dice lui” ecc.). Vittima di condizionamenti (moglie, genitori) non può trasferirsi vicino al posto di lavoro e deve sobbarcarsi ogni giorno due ore di trasferimento; quanto al tempo, la giornata è più di nove ore che di otto e spesso deve lavorare anche il sabato mattina: con il viaggio arriviamo a oltre 50 ore settimanali. Il controllo è buono: anche se non può decidere che in seconda battuta, dopo il capo, il lavoro almeno è stabile. L’indice di qualità è sufficiente, ma lo stress non è basso perché le “grane” sono all’ordine del giorno e lui è lì apposta per risolverle.
In sostanza, Alberto vorrebbe guadagnare di più, vorrebbe avere più tempo, vorrebbe avere un controllo in prima persona e un maggiore indice di qualità, evitando le tante grane che accrescono lo stress per un po’ di profitto in più. Morale: Alberto è un insoddisfatto, anche se accetta la sua situazione perché “per tutti è così”. Non avrà mai la forza di scegliere una strategia semplice perché vuole la botte piena e la moglie ubriaca.
L’indice di qualità – In alcuni casi l’aspettativa mancata è sull’indice di qualità: il lavoratore pensava ottimisticamente che fosse possibile amare il proprio lavoro, senza probabilmente aver ben chiaro che cosa fosse effettivamente un oggetto d’amore, qualcosa che ci coinvolge spontaneamente e non per una necessità economica.
L’indice di qualità è una valutazione soggettiva che risente molto spesso dei condizionamenti esterni: molte persone credono inizialmente di avere un buon indice di qualità solo perché non prendono nemmeno in considerazione l’idea che si possa non lavorare. Per un osservatore esterno è invece abbastanza facile dimensionare q correttamente, semplicemente applicando il test del condizionamento al lavoro. Chi si lamenta degli orari del proprio lavoro, dello stress, delle relazioni personali, della mancanza di tempo libero ecc. come può ritenere il suo lavoro “tutto sommato piacevole”?
Viceversa ci sono molte persone che dicono senza mezzi termini che il loro lavoro non è affatto gradito. Ci si può quindi chiedere: perché gli individui accettano un lavoro con un indice di qualità basso (prostituzione nel lavoro)?
Tralasciando chi è soddisfatto economicamente, la risposta più comune è che “si deve lavorare per vivere”. In realtà, si scopre che questa risposta è semplicistica e riguarda la fascia economicamente più debole della società; anzi, con il progresso sociale tale fascia è destinata a contrarsi sempre più. Più semplice partire dalle personalità di questo insieme di lavoratori scontenti.
Innanzitutto si deve distinguere se la prostituzione è reale o fittizia.
La prostituzione fittizia si ha quando il soggetto svolge un lavoro oggettivamente accettabile per i più che lui però percepisce come di bassa qualità. Situazione tipica degli insofferenti e degli insoddisfatti che sottostimano sistematicamente l’indice di qualità del proprio lavoro, è comune anche in violenti, apparenti, irrazionali, dissoluti e svogliati che hanno la pretesa che il mondo si adatti a loro fornendo un lavoro estremamente gratificante, quando in realtà per le loro oggettive capacità è del tutto irraggiungibile: tipico il caso del laureato che non trova lavoro perché non accetta un lavoro non intellettuale, di “scarsa responsabilità” e che non gli dà “prospettive di carriera”.
Diversa è la condizione in cui, a occhi oggettivi, il soggetto svolge un “lavoraccio” (prostituzione reale). Negli inibiti, nei deboli, negli insufficienti la paura del cambiamento (“Sarò capace di trovare un nuovo lavoro?”, “Cosa diranno i miei?”) è paralizzante. Per gli indecisi è la natura stessa della loro personalità che congela la situazione. Nei vecchi e negli statici è ormai impossibile ogni volontà di aspirare al meglio e ciò li congela nella loro attuale situazione. In dissoluti e svogliati tutto sommato modesti (che cioè non rientrano nei casi di prostituzione fittizia per eccesso di ambizione) manca la forza per attuare lo sforzo necessario al cambiamento. Nei sopravviventi è presente una profonda disillusione, essendo giunti alla conclusione che “un lavoro vale l’altro”.
Purtroppo ci sono persone che, qualunque lavoro facciano, lo odiano o sono completamente indifferenti. Per esse l’indice di qualità è nullo a prescindere dal tipo di occupazione. Oltre a essere dannosi per la società, questi individui (purtroppo molti) non si rendono conto dell’inutilità della loro vita. Come si può lavorare otto ore al giorno senza avere un minimo interesse? Se ciò non dipende dal lavoro, ma è una costante, probabilmente queste persone non sanno amare nulla: sono i vegetali, persone che spesso barattano la loro giornata per guadagnarsi da vivere. Ma se nella propria giornata non c’è un briciolo d’amore, probabilmente non si fa altro che sopravvivere.
La ricchezza – Poiché il lavoro è un’attività economica, molti pensano che il denaro sia il fattore di gran lunga più importante e moduli anche gli altri fattori. In realtà, non si accorgono che per altre persone non è così perché esse ragionano a soglia: basta una certa somma di denaro, raggiunta la quale (e in genere la raggiungono facilmente, quasi automaticamente), diventa molto più importante un altro fattore che è quello che determina la strategia. Chi è insoddisfatto del fattore d probabilmente non ha avuto il coraggio di scegliere la strategia del traguardo.
Aspirare a guadagnare di più è umano, ma farne un motivo di profonda insoddisfazione esistenziale è spesso il segnale di non aver compreso che
se una persona non è semplice, qualunque guadagno le sembrerà insufficiente.
Occorre essere realistici: se ho un lavoro da 1.200 euro al mese, aspirare a uno da 3.000 è utopistico. Nel breve periodo potrei aspirare a uno da 1.400 o da 1.500, ma, mentre lo cerco, è altrettanto utile cercare di ottimizzare le proprie scelte per avere con 1.200 euro ciò che altri non ottimizzati hanno con 1.400.
La ricerca di un nuovo lavoro deve cioè andare di pari passo con la nuova definizione di ricchezza che lega la qualità della vita al denaro: poiché R=dQ2, mentre cerco di aumentare d, faccio in modo di aumentare Q. Spesso chi è insoddisfatto della propria retribuzione cerca nel denaro una valvola di sfogo ai propri problemi esistenziali, dimenticando che la ricchezza non è condizione necessaria alla felicità, ma solo una condizione facilitante.
Almeno il 30% di ciò che si guadagna viene normalmente buttato per apparire (sindrome del compratore).
La cosa è vera a tutti i livelli (si noti la percentuale), dal poveraccio al riccone. Quindi siate più modesti e meno apparenti e potrete accettare un lavoro che vi dà di meno, ma vi offre maggiore libertà.
Quale lavoro fare: i giovani
Oggi molti giovani sono attratti dalla strategia dell’artista (faccio diventare un mio hobby il mio lavoro principale: vedasi le migliaia di giovani che tentano di arrivare al successo nel calcio, nella canzone, nella cucina, aspirazioni abilmente sfruttate dai mass media con talent show dove i talenti sono pochissimi su migliaia di partecipanti) o da quella della libertà, ma alla fine si orientano sempre verso strategie miste che, alla lunga, non possono che renderli insoddisfatti.
Di fatto, le loro non sono strategie miste, ma somme di strategie: vorrebbero avere la libertà, un bel po’ di denaro, fare ciò che amano ecc. Non hanno cioè capito che le cinque strategie sono parzialmente mutuamente esclusive e che cercare di farle convivere è come cercare di far andare d’accordo cane e gatto.
A prescindere da eccezionali condizioni facilitanti, nella stragrande maggioranza dei casi: se si vuole fare ciò che ci piace (strategia dell’artista), a meno di non essere a livelli eccelsi, la contropartita economica sarà appena sufficiente a farci avere una vita dignitosa; se si vuole molta libertà, sicuramente non si raggiungerà un buon livello economico e in più ci si dovrà sobbarcare un lavoro a volte noioso o comunque non sempre gradito; se si sceglie il denaro, ecco che non si potrà pretendere di avere molto tempo libero.
Spesso la strategia mista è solo un alibi.
Parlando con molti giovani che entrano nel mondo del lavoro, si scopre che essi caldeggiano una strategia mista semplicemente perché sono di caratura mediocre:
- non potrebbero mai avere successo come “artisti”;
- non hanno le capacità di accumulare interessanti ricchezze;
- non sopportano la noia della strategia dello statale;
- amano la libertà, ma la sottomettono al tenore di vita;
- non hanno nessuna intenzione di vivere da barboni.
In sostanza, per non prendere coscienza dei loro limiti, tentano improbabili strategie miste. Dico improbabili perché hanno scarsa possibilità di riuscire soddisfacenti; il motivo è che non sono “ragionate, ma solo “emotive”.

Per molti giovani il call center rappresenta il primo lavoro
Un esempio di strategia ragionata
Una strategia mista ragionata, parte comunque da un fattore (quello che ha più peso); di solito questo è la ricchezza. Dovrebbe essere a tutti evidente che oggi, con le strategie della libertà, dello statale e del barbone, un giovane di 25-30 anni non può aspirare a guadagnare più di 2.000 euro al mese, per quanto bravo sia. Se si fissa un importo superiore, se non ha campi in cui eccellere come artista, non gli resta che guardarsi intorno e scoprire che può superare i 2.000 euro sfruttando la possibilità di essere leader in quello per cui si propone: meglio un ottimo idraulico o un eccellente giardiniere (i “migliori” della loro zona) piuttosto che un laureato con votazione accettabile, ma nella media in una materia dove c’è già saturazione. A seconda di come si è leader, si è più o meno vendibili nel mondo del lavoro e si potrà scoprire che c’è chi non trova lavoro e chi lavorando al più 8 ore al giorno già si porta a casa 3.000 euro al mese. Ovvio che se poi decide per la strategia del traguardo e ne lavora 60 a settimana potrà in pochi anni far carriera e mettersi via una piccola fortuna. In questo panorama il caso peggiore è di chi lavora 9-10 ore al giorno e si porta a casa i soliti 1.500-2.000 euro: in questo caso è necessario un profondo esame di coscienza sulle scelte fatte, sulle proprie potenzialità e persino, magari, sulla propria personalità in relazione al lavoro svolto.
Per approfondire
- Per riflettere su questo articolo, il test
- Lavoro: la teoria
- Lavoro: le strategie
- Disoccupazione
- Precariato.
Leggi anche: Il figlio arrivato… ma dove?