L’economia politica viene classicamente suddivisa in due grandi branche: microeconomia e macroeconomia.
La microeconomia si occupa del comportamento dei singoli operatori economici (consumatori, imprenditori, risparmiatori), nei singoli mercati (mercato bancario, mercato siderurgico, mercato automobilistico, mercato ittico ecc.), mentre la macroeconomia studia il comportamento dei grandi aggregati economici (famiglie, imprese, Stato); la macroeconomia, quindi, considera il sistema economico come un unico mercato che risulta dall’addizione di tutti i mercati che lo costituiscono; le grandezze economiche che vengono pertanto prese in considerazione sono le quantità aggregate dell’intero sistema (produzione complessiva del Paese, livello generale dei prezzi, tasso di inflazione ecc.).
La macroeconomia ha una connotazione più pratica della microeconomia perché non si limita ad analizzare le unità elementari dell’economia (i beni, il lavoro, le imprese, i mercati), ma anche il comportamento dei soggetti economici da un punto di vista collettivo. La macroeconomia, per esempio, studia la domanda aggregata di tutti i consumatori del mercato (e non la domanda del singolo consumatore), le fasi di recessione o quelle di espansione, la disoccupazione.
Secondo Keynes, il padre della macroeconomia, forse il più influente degli economisti del XX sec., non si possono spiegare i vari fenomeni macroeconomici attraverso l’osservazione dei comportamenti individuali. In molti casi, per esempio, il comportamento di un singolo operatore economico diverge da quello collettivo della categoria alla quale appartiene; per esempio, una scelta razionale da un punto di vista individuale di un’azienda può non esserlo dal punto di vista collettivo della categoria delle imprese.
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