Dalla pagina generale sul lavoro sappiamo che sono cinque i fattori principali che caratterizzano la soddisfazione professionale (qualità, denaro, tempo, controllo e stress).
Nella popolazione sembra esserci una naturale tendenza a elaborare una strategia lavorativa che prenda in considerazione uno solo dei cinque fattori (strategia semplice), salvo poi considerare anche gli altri dopo che la strategia primaria ha eseguito una certa scrematura. Parallelamente si scopre che le cinque strategie semplici sono anche quelle che accrescono la probabilità di essere soddisfatti del proprio lavoro.
Accanto a chi usa strategie semplici, troviamo chi non ha strategia (anche se non avere una strategia si potrebbe sempre definire una strategia! Come nel caso di chi sostiene che “non importa quale lavoro faccia, basta lavorare!”) e chi usa la strategia né carne né pesce, nel senso che tenta di considerare tutti e cinque i fattori contemporaneamente cercando un difficile compromesso con la realtà che lo renda soddisfatto.
La scelta di una strategia semplice non è né condizione sufficiente né necessaria alla soddisfazione professionale, ma è sicuramente facilitante. Fra le persone che si dichiarano soddisfatte del loro lavoro, almeno l’80% segue una strategia semplice. Ciò è comprensibile sia perché è più facile da implementare sia perché ha uno scopo chiaro che quasi sempre nasce dalla personalità del soggetto e quindi è avvertito come proprio, il che rende il lavoro enormemente più accettabile.
Vediamo pertanto quali sono le strategie semplici.
Nota – I nomi delle strategie non contengono alcun implicito giudizio, ma sono nomi “forti” che hanno un alto potere caratterizzante. Per esempio, la strategia dell’artista poteva anche chiamarsi strategia del calciatore o strategia dello scrittore, ma il termine “artista” indica più chiaramente chi è pronto a svolgere una professione per solo amore, a prescindere dall’utile economico. Così non vi è nulla di dispregiativo nel termine “barbone”: ho conosciuto barboni soddisfatti della loro vita molto di più di persone con un lavoro prestigioso; a differenza di “senzatetto”, il termine “barbone” indica maggiormente chi ha deciso volontariamente di eliminare dalla sua vita ogni fonte di stress (per lui) non necessaria, come per esempio anche il radersi.
Strategia dell’artista
Vuole ottimizzare q, la qualità del lavoro, idealmente a 100: il soggetto ha un oggetto d’amore e vuole ricavarne anche un utile economico che gli consenta di continuare a coltivarlo al meglio.
In genere per chi sceglie questa strategia il tempo non è importante (fa ciò che gli piace!), essendo naturalmente correlato con l’oggetto d’amore (per esempio il pittore dipinge quando si sente ispirato). Ci sono casi in cui per esprimere la sua “arte” il soggetto lavora solo due ore al giorno (in genere ha anche altri oggetti d’amore) e altri in cui lavora dieci ore al giorno!
Anche il controllo di solito non è avvertito come prioritario (può capitare che lo sportivo scelga il manager sbagliato o che lo scrittore abbia un editore difficile) perché è presente la consapevolezza che possa diventare un problema solo in occasione di proprie scelte sbagliate.
Più critica è la gestione dello stress quando il soggetto ha un’autostima da risultato (i risultati negativi sono avvertiti come frustranti), è un insofferente (ha aspettative esagerate e non sa gestire quelle mancate), non regge il ritmo del suo stesso oggetto d’amore che degenera in una forma di droga o infine non avverte la trasformazione in un banale lavoro (il musicista che “deve” produrre un album nei prossimi sei mesi). Lo stress è tanto minore quanto più il soggetto è libero di essere sé stesso.
Il vero e universale problema di questa strategia è il denaro: solo pochi fortunati possono arrivare a una contropartita economica tale da giustificare la strategia. Quando ciò non accade, ecco che la strategia dell’artista porta a un lavoro normale con indice di qualità minore di 100 e la soddisfazione del soggetto è data proprio dalla distanza dalla meta originaria.
Condizione necessaria per attuare la strategia dell’artista è che alla base del proprio lavoro ci sia solamente l’oggetto d’amore e non che semplicemente una parte del lavoro riguardi l’oggetto d’amore. Un esempio classico è quello dell’informatico che ama i computer e la tecnologia, ma poi nel suo lavoro, per campare, deve scontrarsi con versioni tecnologicamente molto banali, con clienti ripetitivi e incapaci di comprendere lo stato dell’arte ecc. La versione tecnologica del pittore che per sbarcare il lunario è costretto a fare i ritratti ai turisti sul lungomare di una nota località turistica.
Quando fallisce – Ricapitolando, ci sono due possibilità:
- Il soggetto ha un successo limitato (come artista); può essere comunque una scelta produttiva e felice, ma solo se la persona è sufficientemente modesta e semplice da non pretendere un tenore di vita particolarmente elevato, spesso non si arriva nemmeno alla media.
- Il soggetto ha un buon successo. In questo caso la scelta è ottimale come quella del traguardo.
Un errore classico è stimare le proprie possibilità di successo, pompati dai propri sogni. Occorre quindi rimanere oggettivi sul proprio futuro.
Strategia del plutomane
Molte persone pongono come obiettivo del loro lavoro la ricchezza. In termini assoluti, poiché il denaro è una variabile praticamente senza limite superiore, chi persegue questa strategia senza un limitatore diventerà sicuramente schiavo del lavoro. A meno che il lavoro non sia un’idea dominante (come nella personalità romantica), la qualità del lavoro passerà in secondo piano, come pure il tempo e lo stress: q, t ed s sono asserviti all’obiettivo e la persona diventa appunto “schiava del lavoro”. Diversa è la situazione del parametro controllo: poiché per fare soldi è necessario un buon controllo, di solito la variabile è molto ottimizzata.
La strategia della ricchezza senza limitatore può chiamarsi strategia del plutomane. Pensiamo al personaggio di Zio Paperone per capire come “il denaro non basti mai” e il soggetto accumula una fortuna enorme. ovviamente, questa strategia riguarda una percentuale minima della popolazione.

Chi non ha un indice di qualità 100 deve evitare di cadere vittima della strategia del carcerato
Strategia della libertà
Privilegia come parametro il tempo t. Esempi classici sono quelli di tutti i lavoratori che per scelta scelgono il part-time o di chi sceglie lavori per loro natura a tempo limitato.
Molti scelgono questa strategia per esclusione:
- non hanno un oggetto d’amore che possa realisticamente tramutarsi in una fonte di reddito (o manca loro il coraggio per buttarsi);
- non hanno la possibilità di implementare la strategia del traguardo o quella del plutomane.
Si deve notare che la strategia della libertà è una particolare forma di strategia del carcerato (punto 1).
A questo punto, poiché danno una notevole importanza alla qualità della vita (Q, da non confondersi con l’indice di qualità del lavoro, q), si buttano sul parametro t, il tempo.
Affinché ci sia una reale soddisfazione in funzione della loro scelta, è necessario che
- siano abbastanza semplici (cioè non pretendano un alto tenore di vita) da accettare un ridimensionamento di d;
- scelgano un lavoro che comunque abbia un indice di qualità decente;
- abbiano un certo controllo della situazione: non si è liberi se il proprio lavoro è instabile.
Il parametro stress è meno importante perché in genere chi sceglie la strategia della libertà “dimentica tutto” non appena termina la sua giornata lavorativa e può concentrarsi sulle altre sue attività.
La strategia del posto fisso
Viene scelta da chi vuole ottimizzare il controllo. Classicamente, è la strategia del posto fisso. Il soggetto è disposto a “morire” dopo una vita di lavoro nel suo ufficio di 5×5 m per avere il pieno controllo della situazione. In alcuni casi il soggetto prende in scarsa considerazione l’indice di qualità del lavoro (la classica “catena” in cambio della “ciotola di cibo”), in altri il posto “sicuro” è ricercato in ambiti che abbiano una qualche attinenza con ciò che al soggetto piace fare.
Si deve notare che anche la strategia del posto fisso è una particolare forma di strategia del carcerato (punto 1).
Due sono le difficoltà principali:
- la ricchezza d in genere non è particolarmente significativa, anzi. Anche posti fissi tradizionalmente ben retribuiti incominciano a risentire del fatto che i modelli economici occidentali hanno compreso che chi aspira al posto fisso non è per sua natura portato a crescere oltre certi livelli (e quindi non lo premiano).
- Lo stress può non essere minimale.
Chiunque aspiri (anche inconsciamente) a un alto tenore di vita e invidi chi lo possiede (non è cioè una persona semplice) dovrebbe astenersi da questa strategia.
Da notare che, anche se è un abbinamento sempre più difficile, c’è chi tenta di realizzare contemporaneamente la strategia della libertà e quella del posto fisso.
La strategia del barbone
Per completezza citiamo anche la strategia del barbone, di colui che cerca di ottimizzare, minimizzandolo, lo stress. Nonostante il nome, è molto più diffusa di quanto si pensi e solitamente si accompagna a una scarsa voglia di lavorare con la piena consapevolezza del lavoro come condanna sociale. Il soggetto non è interessato al denaro, al tempo (il nome richiama proprio colui che è disposto a chiedere per tutto il giorno l’elemosina, ma senza faticare!) o all’indice di qualità. In compenso, ha il completo controllo del lavoro e soprattutto ha il livello di stress desiderato.
Fondamentalmente si tratta di una versione esagerata della tecnica del ridimensionamento, molto vicina al downshifting (semplicità volontaria). Personalmente ritengo piuttosto falsi i molti esempi che la stampa ha portato sul downshifting perché trattasi di persone comunque affermate (non di operai o impiegati statali) che hanno cambiato completamente lavoro per riscoprire valori propri. Questi casi sono semplici passaggi dalla strategia del traguardo a quella dell’artista. La vera strategia del barbone è implementata da chi fa una scelta di assoluta semplicità senza avere un patrimonio alle spalle che gli consenta di avviare un’altra attività (più semplice) o di vivere con lavori occasionali.
Cosa accade se l’indice di qualità non è 100?
I soggetti che non hanno un’indice di qualità 100 cercano di migliorare la loro qualità della vita in tre modi:
- con la strategia del traguardo
- con le loro passioni (oggetti d’amore) vissute nel tempo libero
- con la strategia del carcerato, cioè evadendo dal lavoro periodicamente.
Il terzo punto può anche coesistere quando il primo è in divenire o è stato accantonato, il secondo è assente, parziale (hobby invece che reali passioni) o difficilmente realizzabile per vari motivi.
Nella strategia del traguardo si accetta per un periodo limitato (ecco la differenza con la classica pensione per la quale si deve lavorare una vita intera) una qualità della vita non ottimale (ma non è detto che sia pessima!) in cambio di un utile economico molto alto, ponendosi come scopo l’accumulo di una somma di denaro che ci consenta poi di non lavorare per il resto della nostra esistenza. Per evitare di confondere quest’ultima affermazione con il “vivere di rendita a 35 anni” si veda l’articolo di approfondimento: Strategia del traguardo.
Chi ha scelto come parametro più importante del suo lavoro il denaro può aver fatto la scelta
- Per mero spirito di sussistenza (senza lavoro muore di fame e/o non riesce a sostenere la sua famiglia) oppure perché
- Il denaro gli serve sia per sostenersi sia per avere un certo tenore di vita, frutto di condizionamenti sociali più o meno consci: avere una bella casa, una bella auto, potersi permettere belle ferie, potersi permettere questo e quello. In genere, il parametro critico di questa strategia è il tempo: il tenore di vita non è autosostenuto e quindi è necessario investire risorse umane (e quindi tempo) per non perderlo. A volte lo stress è normale (soprattutto se il soggetto è sicuro di sé, è capace ecc.), ma il più delle volte è alto, perché inconsciamente il tenore di vita è sempre fissato un passo più in là di quanto riesca a permettersi con il suo valore: il soggetto si sovradimensiona per avere un tenore di vita più alto. Il controllo è la variabile più aleatoria: a seconda dei casi può essere massimo oppure minimo (il soggetto “rischia” per avere più denaro).
Anche la qualità della vita è molto variabile: può essere buona o decisamente scadente a seconda degli sforzi necessari per sostenere il lavoro. Va da sé che non è mai ottima: nonostante tutto ciò che riesce a conquistare, il carcerato non supera mai il test del condizionamento al lavoro: se potesse (leggasi: se fosse infinitamente ricco) quel lavoro non lo farebbe!
Per approfondire i motivi per cui gran parte della popolazione sceglie questa strategia si veda l’articolo Strategia del carcerato.
Per approfondire
- Per riflettere su questo articolo, il test
- Guida al lavoro
- Lavoro: la teoria
- Lavoro: le strategie
- Disoccupazione
- Precariato.
Per approfondire: Il figlio arrivato… ma dove?
Indice materie – Economia – Lavoro: le strategie