Esistono diversi modi per essere leader.
Prima di entrare nel vivo della questione, richiamiamo brevemente le caratteristiche del leader discusse nell’articolo corrispondente:
- Fiducia nelle proprie capacità e quindi nessun dubbio sugli obbiettivi da raggiungere.
- Affidabilità, credibilità e risultati che generino stima e fiducia nei suoi confronti.
- Buone doti psicologiche per comprendere, capire e comunicare con gli altri.
- Moralità pratica, cioè coerenza nel perseguire regole. Un capo mafia può essere un leader perché lui stesso segue delle regole.
- Iniziativa motivante, cioè la capacità di agire, realizzando obbiettivi che sono fortemente desiderati dai seguaci.
La risposta alla domanda “leader si nasce?” in base ai punti sopraccitati sembrerebbe negativa, ma qui la domanda deve porsi al negativo: è vero che ci sono persone che non potranno mai diventare leader?
Personalmente non ne sono convinto perché se il leader è legato a un ambito, basta definire bene l’ambito e ognuno può essere leader. Ecco perché, a sorpresa, una buona strategia sul lavoro è ridimensionarsi: perché si può diventare leader in un certo ambito lavorativo mentre in un ambito più competitivo non si sarebbe che seguaci.
Il vero problema è che spesso noi non riusciamo a sceglierci l’ambito e quindi è ragionevole pensare che certi individui siano “naturalmente” più favoriti di altri. È però sicuramente possibile aumentare la propria leadership che deve essere vista come una qualità della persona, in parte costituzionale, in parte allenabile.
La strada sbagliata
È quella offerta da tutte le scuole di leadership (come la PNL per esempio, ma anche le scuole di formazione interna di grandi aziende) in cui in realtà non si cerca di far altro che:
- pompare l’autostima del soggetto per far sì che realizzi il punto 1;
- motivare il soggetto a tal punto che grazie a immani sforzi (la strategia del secchione) possa riuscire a realizzare il punto 2.
Se il soggetto è “un bravo ragazzo” dotato di una sua moralità (spesso nel senso più comune del termine, un’onestà irreprensibile) il punto 4 è già presente.
Peccato però che queste scuole nulla facciano per migliorare la comprensione psicologica del mondo, né per pilotare l’entusiasmo che generano verso un’iniziativa costruttiva. Il risultato è che dopo pochi effimeri successi, il soggetto si scontra comunque con un mondo che non ha capito e nel quale non riesce a realizzare i propri “sogni”. E torna a essere un Fantozzi…
La strada giusta per diventare leader
Sicuramente alcune personalità hanno minime probabilità di diventare leader.
- Lo svogliato e il debole non hanno la forza necessaria perché “costituzionalmente” privi di forza.
- L’inibito è troppo schiavo delle sue inibizioni, che diventerebbero debolezze agli occhi dei seguaci, a volte vero e proprio motivo di scherno.
- Il sopravvivente non realizza mai grandi risultati per cui cade già al punto 2.
- L’indeciso, per sua caratteristica, non può diventare leader perché non sa decidere!
- L’insufficiente è per definizione il seguace per eccellenza.
- L’insofferente non sa gestire le mancate aspettative e quindi non sa mostrare ai seguaci quella forza e quel controllo necessari quando qualcosa “va male”. Spesso poi non riesce a elaborare una buona comunicazione con i suoi simili proprio a causa della sua insofferenza.
- L’insoddisfatto non riuscirebbe mai a essere credibile e affidabile verso i seguaci perché non sa trasmettere sicurezza.
- Il semplicistico è troppo approssimativo per cogliere tutte le sfumature necessarie per gestire ogni situazione.
- Il vecchio non può diventare leader perché un leader non può che essere proiettato verso il futuro (la realizzazione stessa dei sogni dei seguaci è “futuro”).
Si noti come un fobico possa essere leader, mentre un debole no. Il fobico (un soggetto che, se non è debole, può avere anche una notevole forza) fugge anziché affrontare; la fuga può essere così convinta (principio di precauzione) da aggregare intorno a sé altri fobici.
Si potrebbe pensare pertanto che essere equilibrati possa essere la strada giusta; in realtà vedremo che è solo una condizione facilitante perché l’elenco soprastante è controbilanciato dall’elenco sottoriportato di personalità non equilibrate che possono diventare leader.
Notate come un soggetto equilibrato possieda naturalmente alcuni requisiti perché ha capito perfettamente l’ambito che lo circonda, è forte, con ottima autostima, con una moralità coerente ecc. Probabilmente è anche affidabile in quello che fa. Praticamente un soggetto equilibrato ha già realizzato quei punti che le scuole di leadership cercano in vario modo di realizzare con i loro allievi. Come abbiamo visto però ciò non basta. I punti 3 e 5 richiedono una perfetta conoscenza degli altri. Vediamo un esempio.
Supponiamo che un capo debba definire le retribuzioni di due dipendenti; se il lavoro è di pressoché uguale importanza può banalmente decidere per lo stesso stipendio. Qui però il suo livello di psicologia sarebbe nullo. Supponiamo invece che si renda conto che uno dei due è un debole, mentre l’altro è un apparente.
Appare logico attribuire al primo uno stipendio unicamente in denaro (che dà sicurezza), mentre al secondo concedere molti benefit (auto aziendale, trasferte, bell’ufficio ecc.) a fronte di uno stipendio leggermente inferiore. All’azienda costano uguale, ma i due dipendenti percepiranno un trattamento più motivante.
Personalmente ritengo che se, dopo aver studiato a fondo le personalità del Personalismo (La felicità è possibile, Parte II), una persona dopo un breve colloquio non sa definire la personalità di chi gli sta di fronte, probabilmente non sarà mai un leader perché non riuscirà mai a capire gli altri.
Quindi equilibrio + fine comprensione psicologica e poi? Il difficile viene adesso. Infatti abbiamo visto che lo stile del leader si muove fra tre possibilità a seconda delle situazioni. Ebbene, la naturalezza nell’essere leader si scopre proprio nel non sbagliare mai stile! Ovviamente con l’esperienza si può anche imparare ad applicare lo stile corretto, quello adatto al momento, ma indubbiamente ci sono individui che sembrano farlo naturalmente.
Una volta eliminati i tratti della personalità debole, pur non essendo del tutto equilibrato (lo sono diventato attorno ai 30 anni), ho iniziato a essere un leader verso i 18-20 anni e lo diventavo sempre più a mano a mano che migliorava la mia comprensione psicologica delle persone, ma soprattutto via via che migliorava nettamente la capacità di utilizzare lo stile giusto nelle varie situazioni.
Nel sito per esempio utilizzo uno stile autoritario in chi capisco “non ha capito nulla” (in questo caso uno stile democratico sarebbe devastante), uso uno stile democratico con chi è partito con il piede giusto e vuole diventare veramente top, uso uno stile delegante con chi si occupa di materie che mi piace controllare, ma che sono solo sussidiarie agli scopi principali del sito. Il risultato mi sembra buono.

Il significato di “essere un buon leader” non è assoluto, ma cambia in relazione al tempo e alla cultura
I vantaggi del leader
Nei confronti della felicità essere leader può essere al massimo una condizione facilitante, come lo sono la ricchezza o il successo. È profondamente sbagliato pensare che sia necessario essere leader per essere felici, può far comodo, ma nulla più. Del resto un dittatore o un boss criminale sono esempi di leadership cui spero nessuno voglia tendere. È infatti possibile che personalità non equilibrate possano persino diventare leader affermati.
- Il mistico può diventare un grande e carismatico leader religioso.
- Il violento può diventare un leader con stile autoritario (il dittatore).
- Il romantico può essere così innamorato della sua idea da trascinare molti seguaci sulla sua strada (può usare lo stile autoritario o democratico a seconda del grado di violenza che è in lui).
- Il patosensibile può sfruttare la sua e l’altrui patosensibilità e diventare leader in ambiti in cui la sconfitta del dolore aggrega molte persone.
- Il contemplativo può diventare un grande leader in campo culturale.
Da notare che due personalità possono essere leader più o meno temporaneamente.
- Lo statico può esserlo finché non viene superato dai tempi.
- L’apparente può esserlo finché riesce a rendere credibile il suo bluff esistenziale, la sua survivenza.
Alcune personalità sono abbastanza scorrelate con il concetto di leadership. Per esempio gli irrazionali possono essere o no dotati di leadership, magari divenendo leader in ambiti in cui la razionalità non conta oppure in ambiti dove è possibile aggregare altri irrazionali (pensiamo all’astrologia); i dissoluti possono essere leader perché la gestione del proprio corpo in molti ambiti è poco importante (pensiamo al politico che fuma come una ciminiera).
Quindi essere leader può essere positivo o no per la qualità della vita del soggetto (molti leader sono stati assassinati proprio per questa loro caratteristica), si tratta di valutare caso per caso i pro e i contro.
Nella vita di tutti i giorni, esercitare la propria leadership in ambiti limitati (come la propria cerchia di amici, il proprio lavoro, i propri hobby) può essere gratificante finché il peso di essere leader non prevale sui vantaggi.
Vantaggi evidenti sono per esempio la possibilità di gestire secondo la propria personalità l’ambito in cui ci si muove, il non avere eccessivi contrasti fino ad altre sfumature esistenziali come la solitudine: raramente un leader è solo (anche se in certi casi può “sentirsi” solo) perché la sua iniziativa lo porta sempre a interagire con gli altri.
Per contro, svantaggi evidenti sono le responsabilità, la necessità di ottenere risultati, il continuo confronto con gli altri con il vincolo di non commettere errori o di vivere situazioni in contrasto con la figura carismatica che ha creato. Ovviamente chi vive questi svantaggi, gestendoli naturalmente senza fatica alcuna, è “geneticamente” favorito nell’essere leader.
Ricapitolando, diventare leader non deve essere un must, è, se vogliamo, una ciliegina sulla torta. Può essere importante o no a seconda degli ambienti in cui ci muoviamo, a seconda dei nostri obbiettivi e a seconda, soprattutto, della nostra personalità. Prima di diventare leader è sicuramente più importante diventare persone equilibrate.
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