Questo articolo vuole insegnare come risparmiare; è pertanto fondamentale per tutti coloro per i quali i soldi non bastano mai. Infatti risparmiare è tipico della persona semplice e intelligente.
Prima di analizzare come risparmiare è importante chiedersi dove risparmiare. Infatti fare a meno di cose che costano centesimi non produrrà un grande risultato. Per trovare i punti su cui operare ci viene in aiuto il concetto di centro di costo.
Il centro di costo
L’analisi del proprio budget non può prescindere dai centri di costo.
Cercate di vedere le spese percentualmente al totale e cercate di capire se la percentuale è significativa.
Piero, 40 anni, famiglia con un figlio di otto anni, 2.700 euro di reddito familiare. Si lamenta del continuo aumento della benzina. Anzi, la sua analisi economica si riduce al semplice costo del carburante: “la vita è cara, basta vedere come aumenta la benzina”. Analizziamo la sua vita e si scopre che spende solo 80 euro al mese in benzina (per cui anche uno stratosferico aumento del 10% del carburante gli costerebbe 8 euro in più), ma che ogni sabato sera esce a cena con gli amici (più abbienti di lui), del resto è l’unica sua debolezza. Peccato che ogni volta gli costi 120 euro (lui, la moglie e il figlio), cioè 480 euro al mese, il 18% del suo reddito!
Per lui il ristorante è un centro di costo insostenibile, ma Piero non se ne era mai accorto. La reazione di Piero è uno sconsolato: “ma allora non posso nemmeno uscire a cena?”. Evidentemente Piero non ha presente la nozione di centro di costo che è un elemento sempre presente, costante, non occasionale. Il suo errore non è andare al ristorante, ma andarci con una periodicità e con un costo che rendono insostenibile la situazione. È stata dura far capire a Piero che doveva limitare i costi delle uscite (scegliendo ristoranti meno alla moda) o uscire solo occasionalmente.
Elisa, 40 anni, vive con il marito e due figli, 1.800 euro di reddito familiare. Ogni settimana va dalla parrucchiera per una “spuntatina” (in realtà è uno dei pochi momenti di evasione che può concedersi), tanto la parrucchiera è un’amica e non le prende che 25 euro, tranne quando le fa la tinta (60 euro). Morale: 135 euro al mese (il 7,5% del reddito familiare) per avere qualche momento di relax.
Aldo si è separato un anno fa dalla moglie e ora deve far quadrare il suo bilancio con 1.550 euro mensili. Per lenire la solitudine ogni giorno passa ore al cellulare a conversare con amici vicini o lontani o a spedire SMS. Non ha mai cercato di ottimizzare la bolletta del telefono che gli prosciuga circa un quarto del suo stipendio; per lui il telefono è un centro di costo importantissimo, ma non se ne è mai accorto o ha subito passivamente e acriticamente la cosa.
Le persone in genere non vedono i centri di costo e si limitano a considerare il valore assoluto delle spese. Magari eliminano spese occasionali utili e/o gratificanti per la qualità della vita, ma poi non si accorgono di centri di costo ingiustificati.
Come risparmiare: le spese inutili
Sono tutte quelle che risultano ingiustificate alla luce della qualità della vita di una persona semplice. Si basano sul concetto di falso bisogno.
Falso bisogno è un’espressione che può essere interpretata in vari modi.
Può essere vista come una domanda non collegata alla qualità della vita del soggetto e in tal senso il falso bisogno può essere definito un capriccio. In genere il soggetto stesso è ben conscio di questa situazione e si autoinganna benevolmente.
Ben più grave il caso in cui il falso bisogno è generato da un autocomando che correla il bene alla nostra qualità della vita: “se non ho il macchinone (una bella casa) sono un fallito!”. Questi imperativi sono caratteristici degli apparenti, ma possono essere presenti in tutti noi, come processi più o meno consci, innescati dalle lusinghe della pubblicità e del commercio.
Descriveremo cinque tipi di falso bisogno essenziale (quello che il soggetto ritiene “indispensabile per vivere meglio”).
Il bisogno irrazionale – Come dice l’aggettivo, è quello che… non è un bisogno. Quando si parla di bisogno, la domanda (che io chiamo di San Francesco) “Serve?” sembrerebbe automatica in tutti noi, praticamente scontata; pensiamo invece a tutti i regali inutili che si fanno a Natale.
Adele è maniaca della pulizia. Ogni quindici giorni porta a lavare il grande e unico tappeto della sala, una prassi ormai consolidata. La spesa è di 30 euro per volta, 60 euro al mese. Su uno stipendio familiare (due persone) di 1.500 euro è un’enormità: il tappeto si succhia il 4% del ricavo mensile. Adele ha scoperto di poter risparmiare 60 euro al mese solo quando un amico, esperto di tappeti, le ha spiegato che i tappeti di ottima qualità si lavano saltuariamente.
Enrico, 37 anni, single, 1.600 euro al mese, ha un armadietto dei farmaci che nemmeno i migliori ospedali possono vantare; si tratta di farmaci per patologie normali, dal mal di testa alla contusione, dalla febbre ai dolori intestinali. La personalità “fobica” di Enrico ha avuto il sopravvento “perché non si sa mai”. A seguito della richiesta di tenere le spese mensili per i farmaci acquistati, Enrico scopre con sorpresa che spende ben 125 euro al mese, l’8% del suo stipendio. Ora Enrico non spende più di 20-30 euro al mese.
Sia Adele che Enrico possono dirottare i risparmi verso spese veramente utili che magari prima evitavano di fare semplicemente perché erano rimasti senza soldi.
Il caso più eclatante di infrazione della “regola del serve?” è lo shopping. Uscire per fare shopping è in genere un’occupazione da ricchi e non dovrebbe interessare questo articolo. La versione per persone normali copre tutti i casi di falso bisogno. Perché si buttano soldi senza accorgersene? I motivi principali sono tre:
- La sindrome del compratore – Si compra per dare un senso alla giornata. Provate a fare un giro nel centro di una bella città che visitate per turismo. Quanto più comprate, quanto più lo state facendo perché comprare vi gratifica, non perché serve; se servisse veramente sareste andati prima alla ricerca di ciò che avete acquistato, spesso un mare di inutili cianfrusaglie.
- La sindrome dell’apparente– Per l’apparente (cioè chi preferisce apparire anziché essere) sostenere un alto tenore di vita è necessario, deve essere un survivente.
- La sindrome del frustrato– Si acquista perché se non lo si facesse si sentirebbe la propria condizione di “non ricco”. “Perché non posso permettermelo?” è la domanda inconscia.
Il bisogno di riserva – Con un atteggiamento da formica si accumulano doppioni “per ogni evenienza”, “per stare tranquilli” ecc. Può sembrare un atteggiamento da insicuri (vedasi l’esempio di Enrico), ma spesso rivela una semplice pigrizia a ottimizzare come nel caso di quelle famiglie che possiedono troppe auto oppure come in quello di chi duplica a dismisura i servizi di piatti (per sé, per gli ospiti, per gli ospiti importanti, per la casa al mare ecc.). Il costo della riserva è immensamente superiore al suo reale utilizzo.
Il bisogno migliorativo – Si tratta forse del caso più comune e su di esso poggia la gran parte delle spinte consumistiche. Con l’alibi di migliorare la propria qualità della vita, si cambia ciò che si ha: si acquista un cellulare ogni tre mesi, si cambia l’auto per avere l’ultimo modello, si sostituisce il guardaroba non più alla moda ecc. Il miglioramento può riguardare tanti fattori, ma a un attento esame non regge la spesa sostenuta per averlo. Ciò che conta è cioè il comprendere che il costo del nuovo bene non va attribuito a esso (errore classico: “a quel prezzo conviene!”), ma solo alla differenza fra le prestazioni del nuovo rispetto a quelle del vecchio. Se spendo 250 euro per cambiare il cellulare e non so nemmeno spiegare quali funzioni in più mi permette di avere, ho semplicemente buttato 250 euro. Se identifico tre funzioni per me interessanti devo essere conscio che esse costano l’intera somma.
Il bisogno occasionale – Chi ha memorizzato la domanda fondamentale (serve?) può comunque incorrere nel bisogno occasionale. La domanda infatti dovrebbe avere una certa costanza nel tempo: il bene acquistato serve ora, ma servirà anche abbastanza a lungo da giustificarne l’acquisto?
Un caso classico è rappresentato dagli elettrodomestici: in molte case ce ne sono decine, ma molti di essi non sono utilizzati semplicemente perché erano stati acquistati per un’occasione particolare, poi non c’era spazio per tenerli facilmente a disposizione e i meno interessanti sono finiti in soffitta.
Altro esempio di bisogno occasionale è il vestito da cerimonia firmato, quello che si indossa tre volte nella vita, ma che costa un occhio della testa.
Il buon affare – Questo falso bisogno è utilizzato per spingere i classici saldi. Se è vero che la merce in saldo costa molto meno è anche vero che un capo quasi “regalato” ha un prezzo immenso se poi non si usa. La motivazione iniziale non può quindi essere quella del “buon affare” quanto quella della “necessità”, solo secondariamente, fra le varie offerte, si sceglie il “saldo”.
Come risparmiare: le spese eccessive
Stabilito che X serve, come scegliere in un’ottica di risparmio?
L’eterno problema di chi deve far quadrare i conti è scegliere la qualità di ciò che compra, visto che di solito la qualità si paga. L’errore è di valutare solo il prezzo assoluto, anziché il rapporto prezzo/prestazione. Un maglione che costa 40 euro e dura un anno è sicuramente una scelta peggiore di un maglione che ne costa 120 e dura cinque anni.

Prima di analizzare come risparmiare è importante chiedersi dove risparmiare
La legge è venuta in soccorso dei più sprovveduti che si lasciavano attrarre dal solo prezzo imponendo a produttori di determinate categorie merceologiche una garanzia di almeno due anni. Purtroppo per molte categorie la garanzia non c’è e il rischio di prendere delle fregature è sempre altissimo. Ciò che è più critico è rendere costante come strategia la scelta del prodotto a prezzo più basso, a prescindere dal giudizio sulla resa globale (che spesso si traduce nella sua durata). Non è un affare scegliere un paio di scarpe da 40 euro che mi dura pochi mesi, ma lo è, una volta definito che voglio proprio le scarpe X, trovarle con lo sconto maggiore possibile. Ovviamente la ricerca non può essere maniacale, ma deve essere spontanea, frutto di conoscenza del mercato: sicuramente chi scandaglia tutti i negozi del Lazio alla ricerca del prezzo migliore non ha capito il significato di questo paragrafo. Sapere però che il tal negozio, possibilmente vicino a dove si abita (troppi non considerano il proprio tempo e i costi di gestione dell’affare), offre l’articolo che noi vogliamo con il 20% di sconto, questo è “fare un affare”.
La decisione
Moltissime decisioni vengono prese in base alla pubblicità e al lavaggio del cervello che i media ci fanno; altre sotto l’influenza di amici o familiari. Stabilito che l’oggetto ci serve, che è una buona scelta, che non rappresenta per noi un centro di costo insostenibile, si tratta da ultimo di valutare se non esiste un coinvolgimento emotivo all’acquisto.
Fabio è un istruttore di palestra che si rammarica del fatto che solo il 44% di chi fa un abbonamento trimestrale lo porta a termine. Si chiede se non stia sbagliando qualcosa. Tranquillo: non sbaglia nulla. È normale che decisioni emotive non suffragate da una profonda convinzione vengano poi abbandonate. Chi ci rimette è ovviamente lo stato patrimoniale di chi le attua.
Il classico acquisto emotivo è quello effettuato a rate. Senza voler arrivare a casi tragici come quelli di coloro che sono costretti a rivolgersi a usurai, sicuramente nell’acquisto a rate c’è una grossa improvvisazione nella gestione del proprio budget. Le rate diventano un centro di costo importantissimo che ha senso solo se il bene è legato alla vita professionale più che a quella personale.
I debiti si possono fare per l’azienda, non per sé.
Il motivo è che il lavoro può restituirci con gli interessi (se siamo bravi) ciò che ci è stato prestato, gli acquisti personali vanno irrimediabilmente persi.
Non comprate nulla a rate. Se non avete i soldi, prima accumulateli e poi comprate. Negli USA, dove il costo della vita è molto elevato, le rate non pagate sono la terza causa del fenomeno dei senza tetto nelle grandi metropoli (dopo le malattie mentali e la disoccupazione), persone una volta con un’esistenza normale e oggi, con un termine forse drammatico nel suo dispregio, ma eloquente, barboni.
L’esempio classico di come un acquisto a rate possa condizionare la propria vita, peggiorandone la qualità, è il mutuo per la casa. Se è ragionevole acquistare una casa con un mutuo (a differenza degli altri acquisti rateali è una forma di investimento), non lo è acquistarla senza far bene i conti (a volte basta scegliere una casa più piccola) e ridursi a lavorare come pazzi o a risparmiare come formiche per vent’anni per pagare un mutuo che ci aveva ingolosito con il miraggio di una proprietà istantanea di un bene per noi importante.
Come consiglio finale: si rilegga l’articolo dedicato ai debiti.
Apparenza, risparmio o avarizia?
Leggendo questo articolo si potrebbe essere portati a credere che una condotta molto parsimoniosa dell’esistenza assicuri i migliori benefici. In realtà, a volte, una tale condotta è decisamente penalizzante perché abbassa di molto la qualità della vita.
Il giusto risparmio sta a metà fra apparenza e avarizia.
Ciò che è importante comprendere è cioè la necessità di un giusto equilibrio fra risparmio e spesa, con i due estremi ben presenti: l’avarizia da un lato e l’apparenza dall’altro. Se il discorso sull’apparenza è stato sufficientemente sviscerato (vedasi l’articolo Gli apparenti), come si può definire una strategia contro l’avarizia? Se è abbastanza facile evidenziare i falsi bisogni, come è possibile gestire i reali fattori che potrebbero migliorare la qualità della nostra vita?
Nell’articolo Quando i soldi non bastano mai abbiamo visto che con una semplice domanda (serve?) è possibile partire con il piede giusto. La risposta però è sempre soggettiva e andrebbe per lo meno corretta con un dato oggettivo. Tale dato è la nostra disponibilità mensile, intendendo con disponibilità la differenza X fra quanto si guadagna mensilmente (G) e quanto si vuole risparmiare (R).
Quindi:
- è apparente chi tende a spendere più di X;
- è avaro chi rinuncia a qualcosa di utile senza aver raggiunto X.
Due sono le obiezioni a questa semplice regola.
La prima è che si potrebbe obiettare che l’avaro tende a sovrastimare R, ma in realtà non è così perché di solito l’avarizia è una condizione che tocca le singole scelte, avendo ben chiara la somma R globale. Se Carlo è avaro, guadagna 2.000 euro al mese e decide di risparmiarne 300, a causa della sua avarizia limiterà a tal punto le spese che scoprirà che, arrivato alla fine del mese, ha risparmiato ben più dei 300 euro stabiliti!
La seconda obiezione è opposta alla prima situazione: la regola non ci mette al riparo dal fatto che il soggetto fissi R nullo o molto piccolo e spenda sempre tutto. Anche in questo caso, le scelte singole saranno tali che comunque il soggetto apparente si ritroverà senza soldi ben prima della fine del mese!
Tutto ciò per le spese ordinarie. Per quelle straordinarie (auto, rifacimento del bagno di casa ecc.) è opportuno fissare una disponibilità annuale e ragionare in modo analogo a quello relativo alla disponibilità mensile.
Con alcune semplici domande a cui si deve rispondere onestamente, di fronte a un acquisto diventa facile decidere cosa è superfluo o assurdamente costoso:
- la tal cosa migliora la qualità della mia vita?
- Di quanto?
- Esiste un’alternativa che, fornendo circa lo stesso miglioramento, costa meno?
- Posso permettermela, ho cioè margine perché le mie finanze non vadano in crisi?
La regola dei 100 euro
Per gli amanti delle regole è anche possibile gestire le spese ordinarie giornalmente, suddividendo la disponibilità mensile.
Si supponga per esempio che una famiglia abbia una disponibilità mensile di 3.000 euro. Ciò significa che ogni giorno si possono spendere 100 euro. Se un giorno si spende di più, è necessario tirare la cinghia i giorni successivi.
La regola consente anche di evidenziare le spese straordinarie (per esempio televisore, assicurazione della macchina): anche per loro è possibile utilizzare una regola analoga. Suddivise in necessarie (RCA auto, tassa per i rifiuti ecc.) e aggiuntive (televisore, condizionatore ecc.), si scorpora dalla disponibilità annuale la quota per le aggiuntive; queste ultime si possono evadere solo se non si è superata la loro quota.