Buon lavoro è una locuzione che in genere sottintende un lavoro ben retribuito; purtroppo molti tendono ancora a vedere solo la parte economica della loro professione senza considerare la parte che influenza direttamente la qualità della loro vita.
Così si tende a minimizzare il fatto di essere pendolari, di avere un lavoro troppo usurante (che contrasta cioè con un buon stile di vita, soprattutto per quanto riguarda lo stress), di dover sopportare angherie di ogni genere ecc.
Per il Personalismo un lavoro che è anche un oggetto d’amore (un lavoro che piace al 100%) non è un lavoro, ma un’attività economica che ci dà da vivere. Per capire se un lavoro è veramente un “buon lavoro” è necessario capire cosa sia l’indice di qualità.
Buon lavoro: l’indice di qualità
Nonostante il lavoro non sia generalmente un oggetto d’amore, molti trovano comunque piacevole il proprio lavoro perché permette di vivere momenti positivi. Scopriamo cioè che comunque nel lavoro “c’è qualcosa che ci piace”. Come conciliare questo dato di fatto con quanto detto precedentemente? Con l’indice di qualità (q, variabile da 0 a 100).
Nell’attività economica che ci consente di vivere può essere sempre trovata una porzione riconducibile a un nostro hobby o a un nostro oggetto d’amore: l’indice di qualità è il peso di quest’ultimo; pensiamo a un professore di fisica di un istituto superiore che svolge questo lavoro come ripiego (avrebbe voluto fare il ricercatore): non sarà la persona più soddisfatta del mondo, ma in certi momenti potrà godere del piacere della materia che insegna.
Quando il lavoro è totalmente rappresentato da un oggetto d’amore, l’indice di qualità è 100. È chiaro che un’attività economica è tanto migliore per l’individuo quanto più alto è l’indice di qualità. Probabilmente un minatore che lavora a cinquecento metri sotto terra per otto ore al giorno ha un indice di qualità molto basso, mentre lo scrittore affermato, che può permettersi di scrivere se, quando e sull’argomento che vuole, ha un indice di qualità altissimo.
Lavoro che piace
Purtroppo, per i condizionamenti ricevuti, molti non ammettono di non amare granché il proprio lavoro. “A me il lavoro piace” è una frase ricorrente, salvo poi scoprire che non vedono mai l’ora di staccare (strategia del carcerato).
L’indice di qualità (cioè il buon lavoro) si misura con la risposta a due domande:
- Se non lavorassi, quale percentuale P1 del tuo tempo sapresti allocare piacevolmente?
- Se ricevessi un’enorme eredità, quale percentuale P2 del tuo tempo che ora dedichi al lavoro vi dedicheresti?
L’indice di qualità è dato:
(P1*P2)/100
Il punto 1 sopperisce al fatto che molte persone lavorano perché non saprebbero che altro fare nella vita (il lavoro come salvagente per riempire la vita); il secondo va direttamente al centro del problema. A chi ritiene la seconda domanda troppo dura e critica, basta ricordare che chi ha un oggetto d’amore (lavoro con IQ=100) lo fa anche se non è pagato!
Quindi, la prossima volta che sostenete con sicurezza che il vostro lavoro vi piace, pensate alle due domande soprariportate! In alternativa, ecco il domandone per chi sostiene che “a lui il suo lavoro piace”.
“Se prendessi la stessa cifra senza lavorare (cioè se non fossi pagato dal tuo lavoro), continueresti a lavorare?”. Molti risponderebbero “ma che senso ha lavorare gratis?” di fatto ammettendo che a loro il lavoro non piace (una qualunque attività che piace la si fa gratis); altri “no, ma potrei lavorare di meno (part-time)”, senza capire che, se lavorassero di meno prenderebbero di meno e il domandone si riproporrebbe. Quelli che sarebbero disposti a lavorare non ricevendo nulla dal proprio lavoro dovrebbero capire che quello che fanno è un’attività economica, non un lavoro (strategia dell’artista al 100%).
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