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Progetto ACI (Antropentropia Comuni Italiani)

Nel 2011 il progetto Antropentropia dei Comuni italiani (ACI) volle sottolineare il livello di antropizzazione nel nostro Paese. Il progetto si basava sul concetto di antropentropia, un parametro molto utile che, se misurato correttamente, permette di verificare lo stato dell’ambiente relativamente a quanto la presenza dell’uomo lo ha degradato. Per capire l’importanza del progetto, basta ricordare l’ipotesi del cemento: se ognuno di noi avesse a disposizione un terreno di SOLI (incredibile, ma vero!) settanta metri per settanta, ogni metro della penisola sarebbe urbanizzato (certo protesterebbero quelli che dovrebbero costruirsi la villa sulle cime delle Alpi o in mezzo al lago Trasimeno).

I risultati del progetto relativi al 2011 si possono richiedere a wbdirez@albanesi.it.

I luoghi antropizzati

L’antropizzazione è l’occupazione del suolo da parte di risorse umane che non sono compatibili con la natura, quindi luoghi antropizzati sono:

  • abitazioni
  • edifici o costruzioni di qualunque genere (abitazioni, luoghi di lavoro, scuole, ospedali ecc.) purché in attività (dove cioè sia prevista la presenza, anche saltuaria, dell’uomo; per esempio un’area dove sono stati impiantati pannelli solari e che prima si coltivava estensivamente)
  • strade asfaltate
  • ferrovie
  • luoghi di agricoltura intensiva (come serre, vivai, dove la presenza dell’uomo è piuttosto continua e ha di fatto estromesso il vero verde).

Sono pochissimi i casi dubbi e comunque non modificano il fattore antropentropico (FA):

(1) dato un territorio di superficie S, sia M la superficie morta, quella conteggiata con una fascia di 50 m da ogni luogo antropizzato, fruito o fruibile (una casa, una strada, una fabbrica ecc.). Il fattore antropentropico FA è dato dal rapporto M/S.

Il progetto ACI ha misurato il FA dei comuni italiani.

A completamento della (1) si deve precisare che sono stati esclusi dal conteggio territoriale:

  • gli specchi d’acqua interni (laghi, lagune ecc.) di estensione superiore a 2 kmq; questo per coerenza con il litorale marino, che normalmente è considerato come limite amministrativo dei comuni costieri. Per delimitare le aree occupate da tali corpi idrici superficiali, e poterle stralciare dai limiti amministrativi dei comuni che le comprendono, sono stati acquisiti ed elaborati i dati vettoriali del database Strati Prioritari di interesse nazionale (strato informativo Idrografia), prodotto nel 2007 e distribuito dal CISIS (Centro Interregionale per i Sistemi informatici e statistici), caratterizzato da un dettaglio coerente con la scala 1:10000.
  • I terreni situati a oltre 3.000 m di quota. Per delimitare con sufficiente precisione tali aree, e poterle stralciare dai limiti amministrativi dei comuni che le comprendono, è stato acquisito ed elaborato il dataset raster SRTM 90m v4.1 del 2008, una rielaborazione di dati altimetrici della NASA operata dal CGIAR Consortium for Spatial Information, col fine di colmare lacune informative tipiche di territori montagnosi.

Tali zone sono state considerate zone neutre.

Gli strumenti del progetto

Purtroppo solo alcune regioni mettevano a disposizione gratuitamente dati (fra l’altro non aggiornatissimi) dell’occupazione del suolo. Per le regioni virtuose, disponendo di specifici geodati con caratteristiche simili e di sufficiente qualità, mettemmo a punto una procedura di calcolo in ambiente GIS, mediamente articolata ed efficace.

Per la definizione dei limiti comunali furono acquisiti i dati dei confini amministrativi rilasciati dall’Istituto Nazionale di Statistica, in versione non generalizzata e aggiornati al 1° gennaio 2011, strutturati su tre livelli gerarchici (regioni, province e comuni) e distribuiti in formato vettoriale shapefile.

Progetto ACI

Le regioni virtuose

(Il progetto di queste regioni è stato interamente curato da: Antonio di Gennaro, Ingegnere ambientale – Web: http://www.linkedin.com/in/adigennaro – e-mail: ant.digennaro@gmail.com).

Abbiamo arbitrariamente definito “virtuose” le regioni italiane oggetto di studio quelle che, al contempo:

  • dispongono di geodati relativi al proprio territorio utilizzabili efficacemente per lo scopo del progetto ACI;
  • ne consentono l’acquisizione, attraverso i rispettivi Geoportali, e l’utilizzo senza alcun onere.

Le regioni che si sono dimostrate virtuose erano nel 2011 (in totale 3.678 comuni sugli 8.072 comuni italiani):

  • Lombardia (12 province, 1.546 comuni, dati 2007)
  • Veneto (7 province, 581 comuni, dati 2007)
  • Liguria (4 province, 235 comuni, dati 2010)
  • Emilia-Romagna (9 province, 348 comuni, dati 2008)
  • Trentino Alto Adige (2 province, 333 comuni, dati prov. di Bolzano 1997, dati prov. di Trento 2000)
  • Puglia (6 province, 258 comuni, dati 2007)
  • Sardegna (8 province, 377 comuni, dati 2008).

Come si vede i dati non sono recentissimi, ma il progetto serve a sottolineare aree già degradate e altre in pericolo: praticamente, anche lavorando su dati di qualche anno fa, poiché la situazione non può essere migliorata, è facile scoprire dove il consumo di suolo è ormai un gigantesco problema.

Preso atto della situazione, si è cercato di tradurre la definizione di fattore antropentropico FA in una procedura pilota che preveda l’uso di software GIS Open Source, da applicare ai geodati delle suddette regioni, di pubblico dominio e con caratteristiche ritenute idonee allo scopo.

Lo schema di elaborazione adottato era costituito dalle seguenti fasi:

1) selezione di un dominio di studio (una provincia) e acquisizione dei relativi geodati (vettoriali) geografico-amministrativi, di uso/copertura del suolo e di viabilità stradale e ferroviaria, al livello più dettagliato possibile; eventuale pretrattamento dei dati (riproiezione, esclusione di zone neutre); conseguente delimitazione di un dominio vettoriale S “netto”, corrispondente alla definizione, suddiviso in sottodomini geometrici Si corrispondenti ai comuni;

2) creazione del livello informativo corrispondente alla zona “morta” M, dato per accorpamento e fusione di:

  • A) poligoni di uso del suolo selezionati in base alla descrizione delle classi definite da ogni regione, conformi a uno schema condiviso (programma europeo CORINE Land Cover), estesi verso l’esterno per ulteriori 50 m (“buffer”);
  • B) tratti di viabilità stradale primaria e secondaria (teoricamente fino al livello di strada asfaltata) e spazi annessi, estesi da entrambi i lati a creare una fascia “morta” di semiampiezza 50 m;
  • C) tratti di viabilità ferroviaria, e spazi annessi, anch’essi estesi a creare una fascia di semiampiezza 50 m.

3) Suddivisione dell’area M complessiva lungo i limiti di ciascun sottodominio di interesse (comuni); calcolo delle aree Mi, Si e del rapporto Mi/Si.

La relativa omogeneità dei dati e il formato comune (shapefile, con primitive di tipo poligono e/o linee) hanno permesso di tradurre il suddetto schema in una sequenza di circa 10 passaggi, ognuno dei quali è costituito da un’operazione standard in ambiente GIS desktop (controllo ed eventuale modifica dei sistemi di riferimento dei dati, selezione, query, geoprocessing di base, modifica della tavola degli attributi).

Per la definizione delle zone S, in particolare, sono stati acquisiti geodati di tipo:

  • geografico-amministrativo, dall’Istat, per la definizione dei limiti di comuni, province e regioni;
  • altimetrici, dal CGIAR Consortium for Spatial Information, per la selezione e lo stralcio di aree a quota >3.000 m s.l.m.;
  • idrografici, dal CISIS (Centro Interregionale per i Sistemi informatici e statistici) per la selezione e lo stralcio di aree occupate da corpi idrici superficiali di estensione > 2 kmq.

Per la costruzione delle zone M, invece, sono stati utilizzati datasets tematici vettoriali rappresentativi di:

  • uso del suolo regionale, con Unità Minima Mappata adatta agli scopi di studio e classificazione conforme alla legenda del programma europeo CORINE almeno fino al 4° livello; acquisiti dai geoportali delle regioni virtuose;
  • viabilità stradale e ferroviaria, con spazi annessi, acquisiti dai geoportali regionali (database topografici, CTR) e/o dal database Strati Prioritari di interesse nazionale del CISIS.

Limitazioni dello studio – Le limitazioni dello studio derivano più dalle caratteristiche dei geodati usati che dalla definizione della procedura, relativamente semplice e basata su definizioni sostanzialmente prive di ambiguità.

I geodati utilizzati sono coperture vettoriali (shapefiles, con primitive di tipo poligono e/o linea) ottenute di solito dall’elaborazione di dati raster telerilevati, caratterizzati da determinate risoluzioni spaziali, spettrali e temporali; ne conseguono limitazioni di tipo:

  • spaziale: i datasets regionali di uso del suolo sono caratterizzati da un unità minima cartografata (UMM) variabile, da cui consegue, anche nel migliore dei casi, una limitata rappresentatività di dettaglio del territorio, con particolare riferimento agli elementi praticamente lineari; nel presente studio sono stati acquisiti ed elaborati geodati caratterizzati da UMM compatibili almeno con una scala nominale di 1:10000; il problema degli elementi lineari è stato contenuto acquisendo e sovrapponendo specifiche cartografie tematiche regionali e/o nazionali;
  • temporale: per tutti i datasets è definita una data di riferimento che deriva da quella delle riprese aeree o satellitari su cui sono basati (tenuto conto anche dell’età di eventuali database di supporto); ne consegue che i dati fotografano situazioni presumibilmente migliori (dal punto di vista dell’antropizzazione) di quelle attuali.

Si ritiene, in definitiva, che le caratteristiche spaziali e temporali dei dati utilizzati, la ridondanza di quelli relativi ad alcuni usi del suolo particolarmente critici, le assunzioni e le sovrapposizioni ragionate previste dalla procedura, consentano di ottenere risultati che possono essere considerati ottimistici, ovvero valori-limite inferiori dei fattori antropentropici FA di ciascun comune delle regioni di studio.

Approfondimenti sui dati di copertura/uso del suolo e sul programma CORINE sono disponibili su questa pagina.

 

Indice materie – Ecologia

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