La caccia sostenibile è possibile in Italia nel XXI sec.? Al di là del tema in sé, è importante capire che è un interessante banco di prova per la propria psicologia e per la propria capacità razionale, in primis la capacità di essere coerenti. Prima di analizzare le motivazioni pro e contro, si deve sottolienare che fra cacciatori e anticaccia c’è un punto comune: nei due insiemi molti di loro non si sono mai occupati seriamente dell’ambiente.
La difesa dell’ambiente – Se ogni italiano avesse a disposizione un campo di 70×70 m non ci sarebbe più spazio, tutto sarebbe urbanizzato. Eppure moltissimi italiani continuano a farsi o a sognare villette e seconde case (vedi Consumo di suolo). Qualunque persona razionale dovrebbe capire che costruire una villetta in zona non urbanizzata è comunque un attentato all’ambiente. Paradossalmente, ormai è chiaro che anche avere più di due figli è un danno all’ambiente perché la crescita della popolazione non è sostenibile.(posizione sostenuta anche dal principe Harry e dalla moglie Meghan Markle)
L’uomo distrugge la natura per la propria qualità della vita (spesso senza reale necessità, solo per divertirsi) e sono pochissimi coloro che non utilizzano questo approccio. Che dire delle piste da sci che hanno sventrato montagne intere? E di parchi come Eurodisney o Gardaland che hanno inghiottito milioni di metri quadrati di verde per puro divertimento? Che dire delle spiagge italiane d’estate praticamente negate a ogni forma di vita animale perché la gente “deve” stendersi al sole? Che dire delle molte e inutili strade che massacrano milioni di animali (il 30% delle lepri che i cacciatori liberano vengono travolte dalle auto)? Avete presente i ricci spiaccicati sulle strade costruite per il progresso civile? Come sarebbe accolta la proposta del presidente del Consiglio di una tassa dello 0,5% sul reddito per finanziare la dotazione per tutte le strade di una recinzione di sicurezza alta 50 cm?
Quindi:
cacciatori e anticaccia, prima di esprimere la vostra opinione sulla caccia, siate “praticamente” (con le azioni, non con le parole) a favore dell’ambiente!
No alla caccia: le motivazioni errate
L’errore di definizione (equivoco) – È importante distinguere la caccia dai cacciatori. Come tutte le categorie umane, i cacciatori hanno in sé esempi veramente deplorevoli. A questi esempi, di solito, si attaccano i sostenitori anticaccia per perorare le loro tesi. L’errore logico è evidente: se condanno la caccia per quello che fanno i cacciatori, dovrei condannare l’umanità per quello che fanno gli uomini, visto che c’è chi non è onesto, chi evade le tasse, chi ruba, chi tradisce il coniuge, chi picchia i bambini, chi è pedofilo, chi uccide ecc.
Così fra i cacciatori c’è il violento che spara a ogni cosa, l’apparente che si veste come Rambo, il sopravvivente che vaga fra i campi come hobby ecc. Probabilmente solo un cacciatore su dieci dovrebbe cacciare, proprio come al massimo una persona su dieci è equilibrata.
Molti poi confondono la caccia con il bracconaggio. Essere contro la caccia perché si è colpiti da un caso di bracconaggio (come l’uccisione di falchi sullo stretto di Messina, secondo un’imbecille tradizione) o da un particolare tipo di caccia (come quella alle balene, pratica alla quale moltissimi cacciatori sono comunque contrari) è come essere contro l’uomo e l’umanità perché, come detto sopra, esistono pedofili, stupratori, ladri, assassini, evasori fiscali ecc. In questo caso la logica di comodo fa scattare una forma di razzismo: siccome ci sono cacciatori cattivi, ogni cacciatore è cattivo. Siccome ci sono forme di caccia da condannare, ogni forma di caccia è da condannare. Chi non comprende l’errore di ragionamento dovrebbe preoccuparsi (errore di generalizzazione).
La logica di comodo – Sulla questione della caccia molte persone usano una logica di comodo, un chiaro errore razionale. Siccome la caccia dà “fastidio” (a chi corre in campagna, a chi va a fare una passeggiata, a chi raccoglie funghi ecc.) si diventa anticaccia.
Spesso chi reclama i cacciatori fuori dal territorio dimentica che anche lui è un intruso che si muove in quei campi senza il permesso del proprietario. L’articolo 842 del Codice Civile recita: il proprietario di un fondo non può impedire che vi si entri per l’esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla legge sulla caccia o vi siano colture in atto suscettibili di danno. Egli può sempre opporsi a chi non è munito della licenza rilasciata dall’autorità.
Paradossalmente un cercatore di funghi o una famiglia che passeggiano nei campi devono chiedere il permesso al proprietario del fondo, un cacciatore no. In altri Stati anche il cacciatore è soggetto alla richiesta di permesso e ciò tutela il proprietario contrario alla caccia dal fatto che essa venga praticata sul suo fondo (in Italia il fondo deve essere chiuso, cioè cintato con una rete alta almeno 1,80 m, con costi cioè elevatissimi).
Il significato di questo sottoparagrafo dovrebbe essere chiaro: razionalmente si può chiedere che il cacciatore debba avere, per cacciare, il permesso del proprietario del fondo, ma allora chi va a dire a chi corre o cammina in campagna (magari portando con sé il cane) senza il consenso del proprietario (praticamente impossibile da ottenere in molte zone, visto il frazionamento delle proprietà agricole) che sta commettendo un’azione illegale!
La patosensibilità – Iniziamo con tutti quelli che ritengono che la caccia sia da abolire perché si sopprimono delle vite (patosensibili). La maggior parte di queste persone non sono vegetariane e, condannando la caccia, condannano sé stesse. Infatti
solo un vero vegetariano può essere contro la caccia.
Coerente chi è idealmente contro la caccia, purché sia vegetariano (in altra sede spiego perché non lo sono).
In Italia il numero dei veri vegetariani è all’incirca uguale a quello dei cacciatori, mentre oltre il 90% della popolazione non è vegetariano (i numeri forniti dalle associazioni vegetariane sono decisamente sovrastimati). Una buona parte di questo insieme (almeno il 30%) è idealmente contro la caccia. Ed è incoerente. Per dimostrarlo basterebbe chiedere quale significativa differenza razionale esiste fra liberare un fagiano in un prato e cercarlo due mesi dopo per sparargli, ucciderlo e cibarsene e inseguire in un pollaio una gallina per tirarle il collo e poi cucinarla. Ovvio che se non si è vegetariani, si può essere contro certe forme di caccia (per esempio contro la caccia ad animali liberi), ma non contro la caccia in sé.

La caccia è un tema di argomentazione controverso, che mette in luce spesso l’incoerenza delle persone
La patosensibilità tocca il massimo quando si elaborano posizioni come questa (da una mail): credo che ci sia una grossa differenza tra essere insensibili alla sofferenza procurata indirettamente agli animali e la sofferenza inflitta manu propria; io e tanti altri, tantissimi, ci siamo evoluti e ipocritamente facciamo fare il lavoro sporco ad altri, i cacciatori no! Francamente, c’è la stessa differenza che c’è fra il capomafia che ordina un’esecuzione e il killer che la esegue. Non c’è nessuna evoluzione, solo ipocrisia.
La caccia ad animali edibili di media e/o grossa taglia può tranquillamente sostituire le immangiabili carni dei prodotti di allevamento intensivo, fra l’altro assicurando all’animale una vita più decorosa (e, a differenza di quanto accade alla gallina nel pollaio, una non minima probabilità di sopravvivenza, se casualmente si rifugia in zone dove la caccia è proibita).
Vegetariani possessori di cani o gatti – Dal sottoparagrafo precedente abbiamo visto che solo un vegetariano può essere contro ogni forma di caccia. Purtroppo molti vegetariani possiedono cani o gatti (animali carnivori) che vengono nutriti con carne (le classiche crocchette per cani o gatti) dimostrando che sono pronti a scendere a patti con le loro convinzioni per il “piacere” di avere un amico a quattro zampe. Alcuni poi vogliono costringere il cane e il gatto a vivere con un’alimentazione vegetariana, di fatto contraddicendo l’amore che dicono di avere per il loro compagno, costretto a un’alimentazione per lui completamente innaturale.
La religione – Sperabile poi che il vegetariano non sia praticante di uan religione tradizionale perché nessuna è contro l’uccisione di animali (ricordate le due moltiplicazioni dei pani e dei pesci di Gesù?).
Se dall’insieme dei vegetariani escludiamo i possessori di animali domestici carnivori e chi è credente non superiamo probabilmente l’1% della popolazione: solo questo insieme può essere razionalmente contro la caccia.
Un anticaccia non vegetariano ha sostenuto la singolare tesi che gli animali allevati sono “nati già morti e quindi io me ne cibo”, mentre quelli cacciati sono liberi ed è crudele ucciderli perché “ogni animale libero, se ucciso, soffre”. Ovviamente questa posizione è facilmente contestabile:
- Se, per coerenza, nessuno mangiasse carne, non si ucciderebbero nemmeno polli, maiali ecc. Pensiamo (riecco la patosensibilità…) al dolore di una bambina che ogni giorno passa vicino a uno steccato dove è rinchiuso un vitellino col quale gioca per qualche momento. Poi un giorno il vitellino non c’è più e il nonno le spiega: “lo hanno ammazzato per fare la bistecca che tu hai mangiato oggi”.
- Molti animali cacciati non sono che animali allevati. Quindi al più si può essere contro la caccia ad animali liberi, ma non contro la caccia in generale se contempla solo l’uso di animali allevati (fagiani, lepri, quaglie, anatre ecc.). I cacciatori si occupano (anche economicamente) delle zone di ripopolamento (dove la caccia è vietata) che sono null’altro che grossi allevamenti dove i fagiani (e altra selvaggina) si riproducono per poi essere lanciati nelle zone dove si può cacciare. Non c’è molta differenza con i pollai dei contadini. E il non vegetariano opportunista le galline le mangia, anche se delega ad altri l’uccisione. Nelle riserve di caccia i fagiani (di allevamento, in grandi voliere, esattamente come i polli) sono liberati la sera prima della battuta. Quindi essendo “già morti”, non vedo perché vietarne la caccia. Quindi il non vegetariano opportunista non dovrebbe essere contrario a questo tipo di caccia.
- Il confronto fra selvaggina e animali allevati è gravemente incompleto perché ci si dimentica che comunque ci si ciba (chi non è vegetariano) di animali nati liberi. Pensiamo ai tonni o ai salmoni e a molti pesci o molluschi. Se si mangiano tonno, salmone, spaghetti alle vongole “veraci” e si è contro la caccia si è incoerenti. Perché quegli animali non sono nati “già morti”. Mi riesce difficile credere che il non vegetariano opportunista entri in un ristorante e quando gli portano il menù chieda: “ma questa orata (tonno, pesce spada, salmone, merluzzo, persino le lumache!) è d’allevamento? Perché sa, se non è d’allevamento io non mi sporco l’anima mangiando un animale ucciso mentre era libero”. Avete presente le mattanze dei tonni?
Le morti sulla caccia – I dati sulle morti da caccia sono spesso gonfiati dalle associazioni animaliste (per esempio si includono anche i morti di infarto durante le battute, gli omicidi mascherati da incidenti di caccia ecc.) e sono rarissimi i casi di non cacciatori uccisi da cacciatori (non da bracconieri!). Che senso ha essere contro la caccia e non esserlo contro tantissime altre attività che provocano molti più morti, per esempio l’alpinismo (se si vuole un’attività che provoca morti incolpevoli, si pensi agli spetttori morti durante i rally che andrebbero per coerenza essere vietati o corsi “a strade chisue”).
No alla caccia: la motivazione corretta
Da quanto detto sopra sembrerebbe che gli anticaccia non abbiano motivazione valide, ma non è così. In realtà una ce l’hanno ed è talmente impeccabile che contrasta tutti gli errori degli anticaccia. Probabilmente, se si fossero attenuti a questa, senza cercarne altre facilmente smontabili dal punto di vista razionale, la caccia sarebbe stata meglio regolamentata da tempo.
I danni ecologici – Occorre avere presente che l’uomo elimina le specie animali che gli sono comunque in qualche modo ostili: dalle fastidiosissime zanzare ai ratti (avete presente la derattizzazione?), agli animali che danneggiano l’agricoltura (avete presente tutti gli insetti dannosi?), alle meduse o agli squali che allontanano i turisti dalle spiagge (e su quest’ultimo punto si potrebbe comunque discutere!).
Archiviate le ragioni di tipo zoofilo (per la vita degli animali), passiamo alle ragioni di tipo ecologico: la caccia è un’attività che mette in pericolo la sopravvivenza di molte specie animali. Checché ne dicano i cacciatori, è vero. Il punto è che basta vietare la caccia a quelle specie animali che la pressione venatoria farebbe diminuire in numero. Si può essere contro certe forme di caccia, ma non contro la caccia in sé. Per esempio, la caccia ad animali allevati o la caccia di selezione non fanno nessun danno ecologico.
Praticamente, nel tempo l’avversione alla caccia l’hanno costruita i cacciatori stessi, praticando forme di caccia non sostenibili.

La caccia in Italia è regolata soprattutto, ma non solo, dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157
A tutti i cacciatori che sparano a un’allodola o a un passero si può chiedere che senso ha sputare tanto piombo addosso a un povero uccello che non pesa nemmeno i 36 grammi dei pallini della cartuccia. Una volta aveva senso, perché anche quell’uccellino serviva per mangiare, ma oggi? Se un cacciatore vuol dimostrare di essere un grande tiratore può sempre optare per il tiro al piattello (e probabilmente avrà grandi delusioni). Che senso ha andare in campagna senza ausiliare (il cane, un nostro fedele compapgno che può trovare la sua dimensione solo quando è veramente sé stesso, non certo portandolo al guinzaglio , magari in città, per mezz’ora al giorno illudendosi che sia libero e felice) per sparare a specie protette, spesso senza sapere nemmeno a che uccello si sta sparando, se non dopo averlo fra le mani.
Caccia sostenibile, un esempio: la provincia di Pavia
Il risultato delle riflessioni soprariportate è che la caccia è sostenibile se si cacciano specie facilmente e comunemente allevate o in soprannumero che possono comunque essere in sintonia con il piacere del cibo dei non vegetariani. Dovrebbero smettere di andare a caccia coloro che uccidono un fagiano e poi, per la scocciatura di spennarlo, pulirlo e cucinarlo, lo buttano nella spazzatura. Un antico proverbio dei pescatori hawaiani recita che si uccide solo quello che si mangia e si mangia tutto ciò che si uccide.
Per le specie in soprannumero si devono reputare cacciabili quelle specie che comunque creano problemi sociali ed economici. Per esempio, il lupo è specie protetta, ma se si diffondesse in pianura con grave pericolo per animali domestici dovrebbe essere cacciabile.
Come si vedrà, nell’elenco non sono comprese molte specie “classicamente cacciabili”: beccaccia, beccaccino, colombaccio ecc. non sono certo né allevabili, né in soprannumero.
Per esempio, per una provincia lombarda come quella di Pavia, le specie cacciabili in modo sostenibile, con le dovute regolamentazioni temporali (per esempio da metà settembre a inizio inverno) sono:
Specie allevabili
- Fagiano
- Germano reale
- Lepre
- Quaglia
- Starna
Specie in soprannumero
- Volpe
- Cinghiale
- Cornacchia
Specie aliene (importate)
- Minilepre
- Nutria
Specie da valutare
- Pernice rossa
- Coturnice
- Coniglio selvatico
Ogni anno, organismi scientificamente preparati che non rispondano agli interessi né dei cacciatori né degli animalisti aggiornerebbero l’elenco.
Per approfondire: La tortora, il pesce e la carota – Caccia: Cos’è