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Bolla ecologica

In economia il termine bolla identifica un flop susseguente a un’ottimistica valutazione di fattori economici. Oggi si parla anche di bolla ecologica, dopo che, passati 20 anni, è evidente che le principali energie “rinnovabili”, eolica e fotovoltaica, non hanno risolto granché. C’è ancora chi le sostiene come aiuti in attesa di trovare fonti realmente efficienti (come l’idrogeno o il nucleare pulito), ma questa posizione è smentita dai costi che rendono queste fonti dei semplici palliativi. Ovviamente ci sono grandi interessi economici nello spingerli da parte di:

  1. Aziende del settore green.
  2. Politica di Stati che vogliono affrancarsi dalla dipendenza da altri (petrolio – Paesi arabi; gas – Russia).

Occorre dire che gli attori dei punti 1 e 2 non sono

energia fotovoltaica

Le rinnovabili coprono il 20% circa di energia totale e circa il 36% di energia elettrica; il 20% di questa è coperta dal fotovoltaico, quindi il fotovoltaico copre solo circa il 4% dell’energia totale.

totalmente da condannare, anzi la loro azione è meritoria, se non fosse che per portarla avanti barano sulle reali portate delle soluzioni.

Per quanto riguarda l’eolico, niente da dire, ma è davanti agli occhi di tutti il fatto che pochi sono i posti adatti ad avere un’efficienza d’impianto decente. Per il fotovoltaico il discorso è invece diverso e il termine bolla è più che giustificato: il fotovoltaico non è che un debito sociale.

Bolla ecologica – Un’analisi dei costi delle rinnovabili

Riassumendo: ci sono tre tipi di fotovoltaico (consideriamo un fotovoltaico da 6 kW, oltre i 6 kW è obbligatorio l’utilizzo di un inverter trifase per evitare problemi di sfasamento con la rete esterna):

  1. Impianto fotovoltaico 6 kW collegato alla rete – Si preleva l’energia elettrica per soddisfare il proprio fabbisogno energetico, l’elettricità prodotta può essere ceduta alla rete nazionale. Si riduce il prezzo pagato in bolletta, ma l’energia ceduta è gravata da costi che portano a un risarcimento inferiore al prezzo pagato per l’energia che si riceve dalla rete. Si risparmia, a fronte di costi iniziali non minimi.
  2. Impianto fotovoltaico 6 kW con accumulo – Si installano batterie per immagazzinare l’energia non consumata per utilizzarla in un secondo momento, in tal modo si potrebbe essere totalmente indipendenti dalla rete nazionale. Il problema è che gli impianti di accumulo sono molto costosi.
  3. Impianto fotovoltaico 6 kW con accumulo e pompa di calore – Il costo è decisamente considerevole perché occorre installare il dispositivo per l’accumulo e la pompa di calore per il riscaldamento, il raffrescamento e la fornitura di acqua calda sanitaria.

Vediamo i costi.

  • Costo per pannello ad alta efficienza: circa 200 euro (per 6 kW ci vogliono 15-20 pannelli).
  • Costo sistema di accumulo: 7-8.000 euro
  • Costo dell’inverter: 1.000 euro
  • Costo della pompa di calore (6 kW con almeno 100 litri di accumulo): 7.000 euro.
  • Costi di gestione periodica (manutenzione): 100-150 euro per kW.

Generalmente, limitandoci solo alla soluzione 1, il costo per kW è mediamente di 2.000 euro, quindi per 6 kW è di 12.000 euro. Con un tale costo, il periodo di ammortamento è attorno ai 10 anni, quando probabilmente il tutto è superato e si dovrà sostituire l’impianto (dal punto di vista economico nessuno fa un affare dove per i primi dieci anni ci perde).

I più green faranno subito presenti i bonus e gli incentivi che lo Stato dà, per esempio la detrazione fiscale può andare dal 50 al 110%, in questo secondo caso potendo convertire il bonus fiscale in credito d’imposta per uno sconto immediato da parte dell’azienda che esegue i lavori o del fornitore. Facciamo presente che sul 110% esistono resistenze politiche e pratiche (non tutte le aziende sono interessate) che rendono la proposta non “certa”. Comunque, ragioniamo per astratto e pensiamo che ci sia un bonus dell’X%. Quello che non si considera che quell’X viene comunque pagato dallo Stato o dalle istituzioni e lo Stato siamo noi!

Quindi, anche ammesso che su un costo di 12.000 euro lo Stato ce ne mette 6.000, alla fine quei 6.000 euro li deve tirar fuori comunque il cittadino. Morale (è per questo che si parla di bolla ecologica):

il fotovoltaico farà bene all’ambiente, ma per salvare l’ambiente diventeremo tutti più poveri.

Per chi non fosse ancora convinto di ciò, basta pensare all’assolato Texas, una regione immensa dove il sole picchia tutto l’anno e dove il fotovoltaico non viene usato semplicemente perché “ci si perde” (solo Enel Green Power nel 2019 ha iniziato la costruzione di un impianto, senza di fatto essere seguita da nessuna azienda statunitense). Altra conferma deriva da società come Sorgenia, società green che punta sul futuro delle energie rinnovabili, ma che per fare business (sia per sopravvivere sia per crescere) non esita a proporre ai suoi clienti forniture di gas (un po’ come se un ristorante vegano offrisse nel menu piatti di carne o di pesce), peraltro, con la guerra in Ucraina, di dubbia provenienza.

Quindi, per il bene della Terra e della nostra indipendenza economica, spingiamo pure il fotovoltaico, ma smettiamo di dire che è conveniente.

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