Usura è parola latina utilizzata, nella sua originale formulazione, per indicare il corrispettivo in denaro per il prestito di una determinata somma; essa, quindi, era né più né meno che un sinonimo di interesse. Nel corso degli anni, a fronte del progressivo aumentare del tasso di interesse applicato, la parola è venuta ad assumere un significato prettamente negativo, a descrivere la condotta di chi praticava prestiti con un’eccessiva gravosità economica per il debitore. Insieme a questa tendenza, vi è stata la parallela condanna, per molti secoli, dello stesso concetto di interesse, da parte delle principali religioni, le quali consideravano immorale l’attività di prestazione di denaro in cambio di ulteriore denaro.
Sostanzialmente è con il passaggio all’economia basata sul commercio che il prestito di denaro inizia ad essere ritenuto lecito, se pur praticato a tassi di interesse molto ridotti; nascono, quindi, i primi Monti di Pietà, locuzione volta a significare un istituto finalizzato ad aiutare coloro che si trovano in difficoltà.
Con la rivoluzione francese, l’usura, nel suo senso di prestito a interesse, diviene lecita e, anzi, viene a far parte dell’ordinario svolgersi dei mercati commerciali.
Si stratifica e si amplia, però, nel tempo, la distinzione tra interesse, quale corrispettivo dell’utilizzo di qualsiasi bene (e quindi anche del denaro, che tale diventa a tutti gli effetti), e usura quale specifico termine a indicare l’interesse sul denaro e, altre volte, quale richiesta di tassi eccessivamente gravosi.
Si giunge sino ai giorni nostri, quando, pacificamente, mentre l’interesse è una conseguenza “naturale” di un prestito, l’usura è condotta vietata.
L’usura oggi
L’usura è attualmente prevista e punita, quale reato contro il patrimonio (libro secondo, titolo XIII del codice penale) dall’art. 644, con il quale, nel 1930, fece comparsa tale illecito nell’ambito del diritto penale, con riferimento all’ordinamento italiano.
Esso si basava sulla condotta di soggetto che, approfittando dello stato di bisogno altrui, concedeva denaro a prestito a tassi illeciti.
Senza ripercorrere le fasi di evoluzione di tale norma, è rilevante ricordare che l’articolo è oggi il frutto della riforma portata con la legge 108 del 1996, con la quale, a superare difficoltà riscontrate nell’accertamento del reato, caratterizzato da molteplici elementi fattuali, si è introdotto un meccanismo, matematico, per riconoscere l’esistenza dell’illecito.
La norma, come è attualmente formulata, conosce quindi le ipotesi di usura oggettiva e soggettiva, che si vanno a descrivere.
Le due ipotesi mantengono in comune il primo comma, il quale stabilisce che “chiunque, fuori dei casi previsti dall’articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per sé o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000”.
Anzitutto, il termine chiunque, indica che il reato può essere commesso da qualsiasi soggetto, senza distinzioni di sorta. Il richiamo all’art. 643 del codice penale (circonvenzione di incapace) è utile a chiarire che, ricorrendone i presupposti, quel reato prevarrà sull’usura, con la quale condivide lo stato di bisogno della vittima.
La parte successiva dell’articolo descrive le condotte tipiche del reato, ovvero il farsi “dare o promettere” interessi (o altri vantaggi) usurari. Nessun problema nel comprendere il significato di tali espressioni, così come è chiaro che il reato è commesso anche da chi compie l’azione per conto di altri; la legge, infatti, prevede la punizione quando l’interesse viene chiesto “per sé o per altri”.
Evidente che il tema centrale dell’articolo, di tutto il disposto, è quello dell’individuazione degli interessi usurari.
È proprio su questo punto che la legge del 1996 ha introdotto la modifica più importante poiché ha, come anticipato, cercato di codificare un meccanismo matematico per il suo accertamento e individuando un’ipotesi base di reato, frutto del combinato disposto del primo comma (sopra commentato) e la prima parte del III comma dell’art. 644 del codice penale.
Proprio questa parte dell’articolo (prima parte III comma) dichiara che: “la legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”, precisando, al proprio IV comma che “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito”.
La norma, quindi, fissa il principio generale (secondo il quale è la legge a dover stabilire l’usurarietà del tasso), precisando, immediatamente dopo, che nella determinazione di tale tasso, la legge dovrà tener conto di tutte le somme che siano richieste “a qualsiasi titolo” quali corrispettivo del finanziamento e, comunque, “collegate all’erogazione del credito”.
L’unica esclusione riguarda le imposte e le tasse.
In conseguenza di tale disposizione, ai sensi dell’art. 2 l. 108/1996, a far data dall’approvazione della legge, è iniziata, a cura del Ministero del Tesoro, sentita la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano dei Cambi, la rilevazione (e conseguente pubblicazione) del cosiddetto TEGM (Tasso Effettivo Globale Medio) praticato dagli istituti di crediti ed altri soggetti autorizzati, diviso in classi omogenee di credito. Il primo rilievo di tali tassi è avvenuto con il D.M. 23.09.1996 del suddetto ministero.
Dunque, oggi, l’usura è, in via principale, nella sua forma oggettiva, ricollegata unicamente al superamento di un tasso pari al TEGM*.
Nessun riferimento sussiste, in questa prima disposizione, alle condizioni del soggetto passivo del reato, né alle eventuali condizioni di difficoltà economica o finanziaria che lo riguardino.
È questa la cosiddetta usura oggettiva, conseguenza, quindi, del mero sforamento di un tasso predeterminato.
Accanto a questa condotta, permane un’ipotesi di reato collegata, invece, alla ricorrenza di condizioni soggettive della persona, vittima della condotta.
L’art. 644 del codice penale, terzo comma, seconda parte, infatti, precisa che, anche se il tasso di interesse risulta rispettoso del criterio “formale” poco sopra richiamato, sussistono condotte penalmente rilevanti, laddove vengano richieste prestazioni “sproporzionate” rispetto alla prestazione fornita, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e, comunque, “quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria”.
La norma, quindi, valorizza nuovamente i vecchi presupposti (antecedenti alla legge di riforma del 1996), nel tentativo di evitare vuoti di tutela e a reprimere condotte potenzialmente elusive della norma vigente (è evidente che, conoscendo i tassi rilevati, è possibile mantenere una pattuizione nei limiti dell’usura, con effetto frustrante della finalità normativa).
Tale seconda “modalità” di compimento del reato, è stata definita, appunto, usura soggettiva (perché fa riferimento a qualità o condizioni del soggetto passivo) o anche usura in concreto. L’espressione in parola serve, soprattutto, a far comprendere che la tipizzazione della norma impone un’analisi concreta delle circostanze di fatto complessive, evitando che la mera sproporzione del tasso possa indurre a ritenere integrato lo stato di approfittamento della persona offesa.
Al fine di ritenere integrato il reato, è richiesto l’elemento soggettivo del dolo cosiddetto generico, ovvero non è necessaria una particolare finalità dell’agente; è sufficiente che egli sia consapevole della propria condotta e la ponga conseguentemente in essere.

Il termine usura deriva dal latino usura, “godimento” (ha quindi il significato di godimento del capitale prestato)
L’usura bancaria
La tematica dell’usura ha assunto particolare rilievo nel panorama nazionale, soprattutto nel contesto di crisi economica che il Paese sta vivendo, con specifico riferimento ai rapporti tra gli operatori del mercato e gli istituti di credito.
Fenomeno, questo, che viene comunemente ricondotto alla locuzione di “usura bancaria”, di cui si cercherà di fornire quale utile elemento.
La distinzione essenziale tra i due fenomeni (usura penale ed usura bancaria) è riconducibile, in sostanza, al difficile riconoscimento, in capo a dipendenti o impiegati di istituti di credito, che materialmente curano la stipula di contratti, del dolo del reato di usura.
Tuttavia, sotto un profilo civilistico, la ricorrenza di una fattispecie concreta di superamento del tasso soglia, comporta importanti effetti sui contratti stipulati.
A titolo esemplificativo, si ricorda che l’art. 1815 (II comma) del codice civile stabilisce che, qualora in un contratto di mutuo siano pattuiti interessi usurari, la clausola è nulla e non sono dovuti interessi. La rilevanza dell’usura, però, è emersa in modo rilevante anche in molteplici, difformi, contratti legati alle imprese, quali, per esempio, leasing immobiliari oppure nelle tipiche ipotesi di aperture di credito in conto corrente, laddove, quindi, l’impresa utilizza denaro della banca, per finanziare la propria attività. In proposito, attualmente, è molto discusso se l’eventuale riscontro di usura sui conti correnti abbia come effetto quello di azzerare le pretese creditorie della Banca a tale titolo (in applicazione analogica della richiamata norma in materia di mutui) ovvero quello di ridurre a tasso legale gli eventuali tassi pattuiti. In ogni caso si tratta di un rilevante effetto economico.
È importante, però, non sottovalutare le problematiche tecnico-giuridiche connesse a simili accertamenti e, quindi, non affidarsi ad improvvisati operatori del mercato che, con operazioni discutibili, illudono gli interessati (magari anche in difficoltà) su possibili esiti fantastici di simili contestazioni.
L’imprenditore accorto, ma anche il privato che abbia stipulato un mutuo, può certamente cercare di comprendere se è rimasto vittima di simili violazioni e se sussistono ragioni che possano giustificare pretese risarcitorie.
Lo deve fare, però, affidandosi a persone qualificate, che possano ben valutare l’accaduto, in termini di diritto, ma anche di matematica finanziaria.
* Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha emanato in data 25 settembre 2017 con Decreto Ministeriale i tassi di interesse effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura n. 108 del 1996 in vigore per il periodo 1° ottobre 2017 – 30 dicembre 2017 sulla base delle rilevazioni effettuate nel eriodo d 1° aprile – 30 giugno 2017. Ai fini della determinazione delle soglie oltre le quali gli interessi sono da considerarsi usurari ai sensi dell’art. 2 della legge n. 108/96 e del D.L. 70/2011, ai tassi medi rilevati, aumentati di un quarto, si aggiunge un margine di ulteriori 4 punti percentuali; la differenza tra la soglia e il tasso medio non può superare gli 8 punti percentuali.
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Lorenzo Zanella
Avvocato
Iscritto all’Ordine degli Avvocati di Treviso