Le associazioni non riconosciute sono disciplinate principalmente dagli artt. 36, 37 e 38 del codice civile. Peculiarità di questo tipo di associazioni è la mancanza di personalità giuridica che le porta ad avere un’autonomia patrimoniale imperfetta. Ciò si ripercuote inevitabilmente sulle vicende processuali ed economiche che le interessano.
Risulta pacifico che in questa categoria rientrino le organizzazioni sindacali, cui si applicano i succitati artt., “in assenza di una legislazione di attuazione dell’art. 39, parte II, Cost.” (Cass. Sez. lav., 6 luglio 2000, n. 9043), nonché i partiti politici.
Natura giuridica delle associazioni non riconosciute
La pronuncia della Suprema Corte di Cassazione del 16 giugno 2000, n. 8239, ha individuato una soggettività giuridica nell’associazione non riconosciuta, considerandola un soggetto autonomo, sia sul piano sostanziale, sia su quello processuale, pertanto questa è legittimata a stare in giudizio senza essere rappresentata dagli associati. L’art. 36 c.c., infatti, riferendosi all’ordinamento interno e all’amministrazione, precisa che questi “sono regolati dagli accordi degli associati”. Il comma 2 del medesimo articolo prosegue aggiungendo che possono stare in giudizio per conto dell’associazione le persone a cui è conferita la presidenza o la direzione della stessa.
In effetti, secondo un’altra pronuncia di legittimità, dalla lettura dell’articolo 36 c.c. emerge che l’associazione non riconosciuta è un “ente collettivo costituente un centro autonomo di interessi fornito di un patrimonio distinto da quello dei singoli soci e, se pur priva di personalità giuridica, rappresenta comunque un soggetto di diritto, disciplinato dagli accordi stipulati dagli associati”.
L’art. 37 c.c. dispone che il fondo comune dell’associazione è costituito dai contributi degli associati e dai beni con questi acquistati. Orbene, su tale fondo, i terzi possono far valere i propri diritti derivanti da obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione, come precisa l’art. 38 c.c., prima di aggiungere, al secondo comma, che di queste stesse obbligazioni ne rispondono personalmente e in solido “le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.

Esistono associazioni di volontariato riconosciute e non riconosciute
L’autonomia negoziale
La natura associativa, in questo caso, ha natura contrattuale e si esprime attraverso lo statuto e l’atto costitutivo. Così si esprime la Suprema Corte, attraverso la sentenza del 21 giugno 2000, n. 8435, sottolineando che i singoli associati, stipulando il negozio, manifestano l’intenzione di perseguire “comuni interessi”, impegnandosi a tal fine.
Altra pronuncia della Cassazione rimarca l’assenza di formalità prescritte per l’esistenza dell’associazione non riconosciuta, non essendo “necessario né l’atto pubblico, prescritto soltanto per il conseguimento della personalità giuridica e neppure, salvo i casi specificamente disciplinati, l’atto scritto” (Cass. 15 gennaio 2000, n. 410).
Un altro ambito in cui è possibile apprezzare la capacità derogatoria in capo all’autonomia privata è la disciplina del recesso. Invero, “le modalità (…) non corrispondono necessariamente alla disciplina dettata al riguardo, per le associazioni riconosciute, dall’art. 24 c.c.” (Cass. 11 maggio 2001, n. 6554), mentre lo stesso articolo, in materia di esclusione per gravi motivi, risulta “applicabile anche alle associazioni non riconosciute” (Cass. Sez. I, 9 settembre 2004, n. 18186). È bene precisare, tuttavia, che l’art. 37 c.c. prevede che in caso di recesso, “i singoli associati non possono chiedere la divisione del fondo comune, né pretenderne la quota”.
Neppure in materia di scioglimento “si applicano analogicamente le norme dettate” per le “associazioni riconosciute” (Cass., sez. III, 10 marzo 2009, n. 5738). La Suprema Corte, nella stessa pronuncia, sottolinea che le associazioni non riconosciute “possono procedere alle attività di liquidazione tramite i rappresentanti in carica alla data di scioglimento, in regime di prorogatio”.
Indice materie – Diritto – Associazioni non riconosciute
Antonio Belli
Praticante avvocato abilitato al patrocinio
Iscritto nel Registro dei Praticanti Abilitati dell’Ordine degli Avvocati di Roma