Il termine arte descrive ogni attività umana dove c’è una ricerca della creatività, mediante studio e tecnica. In genere siamo abituati ad associare all’arte anche una dimensione estetica che però non è presente sempre. Scopo dell’arte è trasmettere emozioni a chi ne fruisce.
Cos’è l’arte?
Chi ha una formazione umanistica considera arte (prendo la definizione di Wikipedia) ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall’esperienza.
Quindi rientrano la danza, il cinema, persino i videogiochi e l’illusionismo. Proviamo a leggere la definizione e applichiamola per esempio a una stupefacente partita di scacchi del campione del mondo: ha creato qualcosa di unico e molto bello per chi conosce il gioco, grazie alla sua abilità, allo studio (per esempio dell’apertura) e all’esperienza di migliaia di partite. Gli scacchi sono arte? Mah…
Andiamo oltre e consideriamo un qualunque grande gesto sportivo, dal salto olimpico di Tamberi alla conquista del campionato europeo di calcio dell’Italia (l’arte può anche essere svolta collettivamente). Arte anche queste manifestazioni? Che dire dei tuffi del campione olimpico o di certe stupende giocate di Alcaraz o di Djokovic?
Insomma, alla fine ogni manifestazione dove si crea qualcosa di molto bello e unico diventa arte; magari anche l’annata di vini eccezionale (q a questo proposito molti coltivano in perdita un fazzzoletto di orto per avere il piacere di aver creato qualcosa, sono “artisti”).
Una mentalità scientifica dà una definizione più ristretta di arte, poiché “pesa” la fruizione del pubblico. Poiché scopo dell’arte è trasmettere emozioni a chi ne fruisce, un’attività umana è tanto più collegabile all’arte quanto più è fruibile nel tempo. Questo lo sa anche chi ha una formazione umanistica, anche se finge di ignorarlo. Un’opera letteraria del XIX sec. che all’epoca non ha avuto successo e che oggi nessuno conosce ha un valore artistico nullo.
La torre di Pisa possono vederla tutti, così un quadro di Leonardo o una scultura di Michelangelo. Poi ognuno è libero di criticare, ma sono opere fruibili. E l’arte deve essere fruibile, altrimenti resta un oggetto d’amore per pochi, proprio come certe imprese sportive che possono essere riviste solo se passate nuovamente in televisione. Come un film di Fellini, la cui fruizione è sicuramente meno facile che non Il vecchio e il mare di Hemingway. Le arti figurative, la letteratura e la musica sono le arti per eccellenza; si noti che la musica è tale solo perché esistono facili mezzi di diffusione.
A prescindere dalla definzione di arte, questa pagina vuole rispondere ad alcune domande fondamentali.
- L’arte è oggettiva?
- L’arte è immortale?
- L’arte è importante per la qualità della vita?
- Che ruolo gioca nella cultura?
Oggettività dell’arte
Poiché l’arte ha lo scopo di generare emozioni, essa è soggettiva per natura. Il fatto che poi un’opera d’arte generi emozioni in un gran numero di persone può portare a ritenere un capolavoro oggettivamente valido, ma questa conclusione è errata. Le emozioni che un’opera d’arte genera derivano da:
- preparazione dell’osservatore
- Sintonia con l’osservatore
- Pseudocultura.
La preparazione consente di apprezzare i dettagli, di far entrare in risonanza l’opera con l’osservatore. In genere per l’osservatore l’arte è un oggetto d’amore e ha di essa una conoscenza molto profonda. Per capire l’importanza, ma allo stesso tempo la ristrettezza di questo punto, si consideri uno sport poco praticato. Un osservatore molto esperto di tale disciplina che assista a un incontro fra campioni ne godrà a tal punto da apprezzarlo moltissimo, ma un osservatore comune (che per esempio non conosce nemmeno bene le regole dello sport) rimarrà tutto sommato freddo.
Chi ritiene l’arte oggettiva, confonde l’oggettività con l’unanime riconoscimento degli esperti. Solo che spesso fra gli esperti stessi esistono dei distinguo e comunque il loro giudizio è influenzato dal periodo storico in cui vivono; in altri termini, un giudizio umano, per quanto autorevole, non può essere assoluto perché banalmente criticabile senza che esista un metodo che smonti le critiche.
Per esempio, di fronte a certe opere d’arte moderna l’esperto può andare in visibilio mentre gran parte della popolazione le ritiene semplicemente ridicole. Se è facile credere che il giudizio sull’arte moderna non sia di un’oggettività assoluta, non si capisce perché il giudizio di tali esperti debba essere corretto per opere del passato.
In realtà, per le opere passate esiste un’oggettività che nasce non dall’opera in sé, ma dalla sua storia. Per esempio, un determinato pittore o un certo poeta possono essere stati importantissimi per l’evoluzione della loro arte in un determinato periodo storico,
(1) quindi la loro opera non è oggettiva in sé, ma per la sua storia.
Il secondo punto (la sintonia con l’osservatore) si ha quando per l’osservatore l’arte non è un oggetto d’amore, l’osservatore è una persona comune che però per qualche motivo (diverso dal punto 3) entra in risonanza con l’opera. Di solito stiamo parlando di opere moderne che stimolano l’osservatore su temi personali o toccano corde che comunque sono ancora vive. Può trattarsi di cinema, di letteratura, di musica. Già di fronte a un dipinto o a una scultura può esservi un’emozione, ma è molto difficile che sia forte e duratura perché in genere queste forme di arte hanno un messaggio più criptico che il comune mortale fatica a recepire (dubito per esempio che un comune mortale sappia emozionarsi di fronte a una natura morta del Caravaggio se gli viene presentata come l’ultima opera di mio cugino, appassionato pittore).
Il terzo punto è quello che interessa maggiormente la popolazione secondo un processo in tre fasi:
- so che l’opera è un capolavoro (oppure me lo hanno appena detto)
- Io sto osservando un capolavoro
- Sto partecipando a un evento culturalmente importante e quindi entro in sintonia con l’opera.
Se poi posso anche raccontare il punto 3 a parenti e amici, ecco che la mia cultura appare ingigantita e l’opera d’arte resta un fatto indelebile nella mia memoria. Che poi io non sappia riconoscere l’originale da una brutta copia, non importa, per me quello è un capolavoro perché io l’ho visto! Questo processo (apparenza culturale) lo si documenta facilmente sostituendo nelle sale di un famoso museo i quadri con falsi nemmeno fatti tanto bene e facendolo visitare da una comitiva di non esperti; raccogliendo le impressioni all’uscita, penso che nessuno direbbe: “mah, a me sono sembrate schifezze!”.

La street art nacque in Europa nei primi anni del XXI sec.; il suo esponente più illustre è Bansky, già attivo a Londra nei primi anni del 2000
Immortalità
Fa sorridere che molti ritengano immortali i grandi capolavori artistici. Alla base di questa concezione c’è sicuramente il desiderio di immortalità dell’uomo, ma è difficile credere che fra un milione di anni, ammesso che l’umanità esista ancora, qualcuno leggerà ancora la Divina Commedia o si interesserà al Perseo del Cellini. Attualmente si credono immortali certe opere perché di esse resta un ricordo ancora vivo, ma, man mano che il tempo passerà, altre opere sostituiranno le presenti nell’hit parade dei capolavori; del resto è quello che è accaduto alle grandi opere letterarie latine e greche: Le Baccanti di Euripide è opera oggi molto meno nota di 2.000 anni fa, sostituita da opere più moderne, per esempio di Shakespeare. I dinosauri si sono estinti 65 milioni di anni fa, come è pensabile che fra 65 milioni di anni ci si ricordi delle opere d’arte che oggi vanno per la maggiore?
(2) Nessuna opera d’arte può considerarsi immortale.
Arte e qualità della vita
Abbiamo già visto che l’arte può essere un importante oggetto d’amore. Questa situazione è però vissuta da pochi e non va scambiata con chi ha una vaga conoscenza di questa o quella forma artistica. Per la gran parte della popolazione l’arte ha un valore migliorativo della vita?
La risposta positiva di chi ama l’arte è decisamente troppo partigiana. In realtà, l’arte fa parte della cultura e quindi può essere una condizione debolmente facilitante a una migliore qualità della vita. Ritenere che sia una condizione grandemente facilitante perché migliora la sensibilità del soggetto, la capacità di emozionarsi ecc. è un grave errore esistenziale, tipico di chi ha una personalità romantica e/o contemplativa. Infatti, il semplice emozionarsi non migliora certo la qualità della vita, anzi, ritenere che i sentimenti autentici siano provati solo da chi è artisticamente preparato è una forma di razzismo culturale: i sentimenti veri non necessitano per esprimersi di nessuna forma artistica particolare.
Non è quindi la capacità di emozionarsi che lega l’arte a un miglioramento della nostra vita (del resto è facile mostrare che molti artisti dalla sensibilità finissima finiscano per avere una vita pessima!). Cosa rende l’arte importante per la qualità della vita?
Per rispondere alla domanda utilizziamo il cinema: mentre film di scarso spessore artistico fanno ogni volta (spesso sono repliche di repliche!) milioni di spettatori, se andasse in prima serata un film muto di Chaplin il risultato sarebbe un flop colossale. Che insegnamento possiamo trarne? Che, a prescindere dal valore artistico, il messaggio dell’opera di Chaplin non è più attuale, mentre quello di film più scadenti lo è.
(3) È proprio l’attualità che dà valore esistenziale all’arte.
Dove per attualità s’intende un messaggio chiaro e utile a comprendere il nostro tempo, la realtà in cui siamo immersi (si potrebbe parlare di modernità dell’arte, si veda a questo proposito l’articolo dissacrante sulla modernità di Dante). Ciò che non è attuale non migliora la qualità della nostra vita e come tale il “popolo” lo accoglie freddamente. È importante cioè differenziare la storia dell’arte dal valore attuale di un’opera d’arte: una commedia di Plauto può essere importantissima per la storia della letteratura, ma la sua attualità è scarsa (se in forma originale) perché non lascia nessuna traccia sul presente se non indiretta con l’influenza sui successori, influenza che comunque si perde nei secoli e ha poca importanza, a eccezione che per lo storico: ciò che conta per l’uomo comune è lo stato attuale non le cause che l’hanno prodotto.
Se consideriamo le proposizioni (1), (2) e (3), comprenderemo che non tutte le forme d’arte sono uguali: letteratura e cinema sono sicuramente più utili alla comprensione del mondo che non pittura o scultura; la musica si pone in posizione intermedia, con l’opera dei Beatles che è decisamente più attuale e “utile” che un madrigale a cinque voci di Monteverdi.
Arte e cultura
Abbiamo visto che la storia dell’arte è un aspetto fondamentale della cultura, ma, anche in questo caso, non se ne deve ingigantirne l’importanza. La storia dell’arte è un corollario della storia, ma non può mai sostituirsi a essa perché la storia riguarda tutto il nostro passato mentre la storia dell’arte solo una parte di esso. Inoltre, la propensione all’arte non deve costruire una mentalità totalmente umanistica che di per sé porta a una visione del mondo piuttosto astratta, senza quella dimensione numerica che serve per capire veramente i fenomeni. Non a caso uno degli errori più comuni di chi sopravvaluta l’arte è la risonanza sentimentale.
L’artista geniale
Nel linguaggio comune si reputa geniale chi, come Leonardo, è stato ai vertici in più campi. Una definizione ristretta del termine genio indica l’eccellenza in un solo campo: genio del pallone, genio della poesia, genio della matematica ecc.
In questa seconda accezione, il termine genio è sprecato e ha una valenza puramente soggettiva (a seconda cioè dell’importanza che diamo all’ambito di competenza); se non siete convinti di ciò, pensate a un uomo politico che detestate e che ha avuto molto successo; secondo la definizione ristretta è un genio della politica, ma dubito che gli passiate quel termine. Così un poeta può apparirvi geniale solo se lo apprezzate, tant’è che spesso gli stessi critici sono propensi a ridimensionare questo o quello.
Per il Personalismo non è geniale chi passa alla storia per questa o quella scoperta, chi scrive un’opera (presunta) immortale. Se non si comprende questo significa che
la propria autostima dipende ancora fortemente dai risultati.
Tizio ha fatto qualcosa di “geniale”, vale. Di fatto si finisce per rapportare il proprio valore ai risultati: chi crede nell’arte o nella scienza ammira i geni, chi crede nel denaro ammira gli uomini di successo, chi è affascinato dal potere ammira i politici ecc.
Il ragazzino cresciuto – L’adulto diventa un ragazzino cresciuto che, invece di correre dietro al cantante del momento, impazzendo per lui, impazzisce per chi ha raggiunto alte vette in ciò da cui lui è attratto. Una condizione un po’ patetica, analoga a quella del tifoso di calcio che si identifica nella squadra per “vincere qualcosa”.
Il genio – Per il Personalismo essere intelligenti (geniali) significa aver un’alta intelligenza esistenziale, quindi aver capito la vita, è un voto globale. Poiché questa comprensione si traduce nella minimizzazione dei problemi, chi ha problemi non è geniale, semplice, a prescindere dalle opere che ha realizzato, mentre può essere geniale un perfetto sconosciuto che non troverà mai posto nei libri.
L’artista – Se numerosi ambiti sono molto oggettivi (per esempio risulta molto difficile affermare che Einstein è stato un fisico mediocre), altri lo sono molto di meno; nell’arte il valore di un artista contemporaneo è spesso molto discusso, tant’è che è difficile separare la sua reale creatività con la semplice adesione alla sensibilità del momento; non a caso molti artisti “attuali” sono superati dai tempi e cadono nell’oblio. D’altra parte, un artista che abbia una sensibilità in grande anticipo rispetto ai tempi, passerà inosservato nella sua epoca e probabilmente di lui si perderanno per sempre le tracce anche nelle epoche future.
Può un artista essere compatibile con il Personalismo? La risposta è sì se non è schiavo del pubblico e del successo, cosa non facilissima, visto che per esempio moltissimi artisti sono strettamente dipendenti dalla critica e dal consenso che il pubblico decreta loro e cadono in gravi crisi esistenziali quando nessuno li ascolta più. Non vivono per la musica, per la pittura o per la scrittura, ma per gli applausi che queste arti portano loro.
La seconda condizione è che abbiano capito la vita e quindi non siano sommersi dai problemi che rendono il loro integrale della felicità mediocre.
Esistono artisti in cui le due condizioni sono presenti; una minoranza forse, ma una minoranza che dimostra che la locuzione comune “genio e sregolatezza” rispecchia solo una visione molto superficiale e semplicistica (romantica).
Arte e felicità
L’artista può essere felice? È una di quelle domande alle quali chi non ha le idee chiare risponde scrivendo un’enciclopedia in 18 volumi. In realtà, basta guardare la realtà. Fissiamo alcuni punti.
- L’inclinazione artistica può essere spontanea o imposta (pensiamo al genitore che iscrive il figlio/a al conservatorio, al corso di danza ecc.; ovvio che il bambino sarà forzato ad apprezzare un’arte prima ancora di poter decidere da solo).
- L’arte è un ambiente dove il concetto di successo è fondamentale.
- Il successo si basa totalmente sull’approvazione altrui (a differenza per esempio del lavoro o dello sport dove il singolo può arrivare a riconoscimenti che sono oggettivi perché esistono parametri di valutazione. oggettivamente riconosciuti: se corro i 100 m in 9″20 sono il migliore al mondo, se ho costruito l’azienda leader in un certo settore, è difficile giudicarmi un “fallito nel lavoro”).
Dal primo punto discende che un artista può percorrere una strada non sua, ma sulla quale si è trovato spinto a forza dai condizionamenti dei genitori. L’arte diventa molto simile a un lavoro pesante che dà soddisfazioni, ma non felicità.
Dal secondo e terzo punto discende che è molto facile che l’artista abbia un’autostima da successo che può essere devastante se il successo non arriva, è altalenante o non è quello sperato.
L’artista può dunque essere felice se:
- ama veramente la sua arte (come capita a tantissimi dilettanti).
- È immune dal virus del successo (cosa che per un professionista è molto difficile).
Il test dell’artista – Qual è quell’artista famoso che dopo una per lui splendida esecuzione sarebbe comunque contento anche se il teatro in cui si esibisce fosse riempito solo da due vecchiette e un cane entrato per sbaglio?
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