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Venere vincitrice – Canova

Paolina Bonaparte come Venere vincitrice è un ritratto neoclassico a grandezza naturale di Canova, realizzato per la sorella di Napoleone. La commissione arrivò nel 1804 dal marito di Paolina, Camillo Borghese, per celebrare il loro matrimonio. Canova fece rivivere l’antica tradizione artistiche romana della rappresentazione di individui mortali sotto le spoglie degli dèi, rappresentando Paolina Bonaparte sdraiata semi-nuda su un divano con un’iconografia tipica di Venere. La scultura fu portata nella residenza torinese di Camillo, dove destò molto scalpore per la sua sensualità, giudicata eccessiva. Dopo la caduta di Napoleone e la fine della giovinezza di Paolina, quella celebrazione sfrontata dei Bonaparte sembrò fuori luogo, perciò la stessa Paolina e Camillo decisero di spostare la statua a palazzo Borghese a Roma e chiuderla in una cassa.

Venere vincitrice Canova

Paolina Bonaparte come Venere vincitrice di Canova

I ritratti di nudo erano insoliti per i soggetti di alto rango, che di solito avevano drappeggi posizionati strategicamente per coprire i punti sensibili. È oggetto di dibattito se Paolina abbia effettivamente posato nuda per la scultura, come vogliono gli aneddoti, poiché solo la testa è un ritratto realistico, mentre il busto nudo è una forma femminile idealizzata neoclassica. Paolina, secondo gli aneddoti, avrebbe avallato con disinvoltura la convinzione che avesse posato nuda davanti a Canova, dicendo che nello studio faceva molto caldo, ma non si sa se sia vero o se volesse solo suscitare scandalo appositamente. Canova aveva inizialmente proposto di ritrarla come la dea Diana, vergine cacciatrice, ma Paolina rifiutò schiettamente sottolineando come fosse poco credibile nelle vesti di una vergine: aveva la diffusa reputazione di una facile promiscuità. Il soggetto finale della scultura potrebbe essere stato influenzato anche dall’ascendenza mitica della famiglia Borghese: essi facevano risalire la loro discendenza a Venere, attraverso il figlio Enea, fondatore di Roma.

Paolina-Venere tiene in mano una mela che evoca la vittoria della dea dell’amore nell’episodio del giudizio di Paride. La sala in cui è esposta la scultura alla Galleria Borghese ha anche un soffitto dipinto raffigurante il Giudizio.

Il busto della donna-dea è nudo, con le forme morbide tipiche di Venere, mentre la parte inferiore del corpo è avvolta da una veste leggera che rende Paolina pudica e sensuale allo stesso tempo. Le linee sono sinuose e la torsione del busto rende la composizione più dinamica. Canova si ispirò probabilmente alla Danae di Correggio e alle Veneri di Tiziano e Giorgione.

La base in legno, drappeggiata come un catafalco, conteneva un tempo un meccanismo per ruotare la scultura, come nel caso di altre opere del Canova, in modo che lo spettatore potesse osservarla da tutte le angolazioni con diverse luminosità senza muoversi.

 

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