La Venere di Milo è una scultura greca del periodo ellenistico (III-I sec. a.C), raffigurante la dea greca dell’amore. La scultura è talvolta chiamata Afrodite di Milo, perché “Venere” in realtà è il nome latino della divinità. È una delle opere più famose della scultura greca antica ed è stata esposta al Museo del Louvre a Parigi sin da poco dopo la scoperta sull’isola di Milo, in Grecia, nel 1820. Fu ritrovata spezzata in due parti da un contadino, che la nascose finché non fu sequestrata dalla polizia turca e poi acquistata dall’ambasciatore francese, che la presentò a re Luigi XVIII per farne il nuovo vanto della collezione del Louvre, dopo la restituzione delle numerose opere sottratte da Napoleone all’Italia.

La Venere di Milo esposta al Louvre
Scolpita tra il 150 e il 125 a.C, l’opera era originariamente attribuita allo scultore Prassitele, ma, sulla base di un’iscrizione presente sul basamento ora perduto, la statua è ormai ampiamente riconosciuta come opera di Alessandro d’Antiochia. Alcuni studiosi teorizzano che la statua possa rappresentare in realtà la dea del mare Anfitrite, venerata sull’isola di Milo.
Realizzata in marmo pario, la statua è leggermente più grande della grandezza naturale, infatti è alta poco più di due metri. Alla statua mancano entrambe le braccia, con parte di un braccio, così come il basamento originale, andato perduto dopo il ritrovamento della statua.
La dea è raffigurata seminuda, coperta dal bassoventre in giù da un drappo, e in tensione, appoggiata e leggermente piegata sul fianco destro in una posa che richiama gli studi sulle proporzioni e la distribuzione dei pesi dello scultore classico Policleto. A differenza delle statue classiche, però, questa Venere ellenistica ha perso la compostezza e l’imponenza in favore di una maggiore rilassatezza e naturalezza. Questa statua fu considerata l’emblema del modello di bellezza femminile della civiltà greca.
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