La Santissima Trinità, con la Vergine e San Giovanni e donatori è un affresco di Masaccio che costituisce una delle prime manifestazioni del Rinascimento italiano. Racchiude in sé pittura, scultura e architettura, in cui fonde i principi della cultura umanistica. Si trova al centro della navata sinistra della chiesa domenicana di Santa Maria Novella a Firenze. I committenti sono rappresentati nell’affresco, inginocchiati ai lati, ma la loro identificazione non è del tutto certa: si ipotizza che siano Berto di Bartolomeo, della famiglia Lenzi, e la moglie. Anche la datazione dell’opera è incerta: fu realizzata tra il 1425 e il 1428, anno della morte di Masaccio.
L’affresco aveva inizialmente alla base e ai lati un altare che avrebbe completato l’architettura dei gradini e dell’arco presenti nel dipinto, ma oggi non è più presente.

La Trinità di Masaccio è una delle opere che segna l’inizio del Rinascimento
La Trinità di Masaccio, invece che avere un classico sfondo oro o cielo, trae ispirazione dagli antichi archi trionfali romani per un’architettura razionalmente rigorosa come sfondo: l’artista rispetta in maniera rigorosa le tecniche prospettiche sviluppate pionieristicamente da Brunelleschi, con un punto di fuga all’altezza degli occhi dello spettatore, che grazie alla volta a botte guida in una notevole profondità. Questa tecnica artistica è chiamata trompe-l’œil (“inganna l’occhio”). Le figure rappresentate sono più o meno a grandezza naturale, e l’unica figura senza un’occupazione tridimensionale dello spazio pienamente realizzata è il maestoso Dio che sostiene la Croce, in quanto essere incommensurabile. I patroni inginocchiati occupano lo spazio proprio dello spettatore, “davanti” al piano pittorico, rappresentato dalle colonne ioniche e dai pilastri corinzi da cui sembra scaturire la finta volta; sono raffigurati nella tradizionale posa orante dei ritratti dei donatori, ma nella stessa scala delle figure centrali, piuttosto che nella più consueta “diminuzione”, e con una notevole attenzione al realismo e al volume. Si propongono quindi come dei modelli di devozione religiosa per lo spettatore.
In basso l’affresco raffigura una tomba con uno scheletro sopra il quale c’è l’iscrizione: IO FU’ GIÀ QUEL CHE VOI SETE, E QUEL CH’I’ SON VOI ANCO SARETE. Questo memento mori sottolinea che il dipinto doveva servire da doppia lezione per gli spettatori. Deve inoltre aver suggerito ai fedeli del XV secolo che, poiché tutti sarebbero morti, solo la loro fede nella Trinità e il sacrificio di Cristo avrebbero permesso loro di superare le loro esistenze transitorie.
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