La Trasfigurazione è l’ultimo dipinto del maestro rinascimentale Raffaello. Fu commissionato dal cardinale Giulio de’ Medici, poi papa Clemente VII, e concepito come pala d’altare per la cattedrale di Narbonne in Francia, sede diplomatica di competenza del cardinale. Raffaello vi lavorò fino alla sua morte nel 1520 e la parte inferiore fu completata probabilmente dal pittore Giulio Romano. Attualmente si trova nella Pinacoteca Vaticana.
Il dipinto esprime lo sviluppo di Raffaello come artista e il culmine della sua carriera. Si allontanò dalla tradizione delle rappresentazioni della trasfigurazione di Gesù nell’arte cristiana, combinando il soggetto con l’episodio successivo dei Vangeli, cioè la guarigione di un indemoniato, raffigurata nella parte inferiore del dipinto.In alto, invece, gli apostoli Pietro, Giovanni e Giacomo si prostrano di fronte alla manifestazione divina di Gesù. Ciò che rende d’effetto questo dipinto è l’uso della luce, proveniente da diverse fonti e sfolgorante intorno a Cristo e graduata tutto intorno con diverse sfumature, contrapposta all’atmosfera buia della scena sottostante. Le due metà del dipinto sono contrapposte anche in quanto alla struttura: la metà superiore, divina, è simmetrica e ordinata, quella inferiore, umana, è irregolare e disordinata, ma grazie agli sguardi e ai gesti tutto converge verso l’alto.

La Trasfigurazione di Raffaello mise l’artista in competizione con il collega Sebastiano del Piombo
Il cardinale Giulio de’ Medici decise infine di non mandare il quadro in Francia ma di tenerlo, e lo installò sull’altare maggiore della chiesa di San Pietro in Montorio, a Roma. Il futuro papa ordinò poi la realizzazione di una copia della Trasfigurazione da portare con sé a Napoli. Il risultato finale, con lievi differenze rispetto all’originale, è conservato al Museo del Prado di Madrid. Una copia a mosaico del dipinto fu posta invece nella Basilica di San Pietro in Vaticano.
Il dipinto fu oggetto delle spoliazioni napoleoniche e tenuto al Louvre per più di quindici anni, fino al Congresso di Vienna e alla Restaurazione, che riportarono in Italia questo e molti altri capolavori sottratti.
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