San Sebastiano è il soggetto di ben tre dipinti di Andrea Mantegna, risalenti a fasi diverse della sua carriera e con alcune differenze stilistiche. L’artista padovano visse in un periodo di frequenti pestilenze, e Sebastiano era considerato protettore contro la peste in quanto colpito dalle frecce: si pensava che la peste si diffondesse nell’aria. Nel suo lungo soggiorno mantovano, inoltre, Mantegna risiedette nei pressi della chiesa di San Sebastiano, perciò può darsi che per diversi motivi fosse legato a questo soggetto.
Il San Sebastiano oggi conservato a Vienna fu realizzato dopo che Mantegna si era ripreso dalla peste a Padova tra il 1456 e il 1457 e fu ommissionato probabilmente dal podestà della città per celebrare la fine della pestilenza.
L’iconografia di questo dipinto si riferisce all’Apocalisse: si distingue un cavaliere tra le nuvole nell’angolo in alto a sinistra, con una falce, interpretato come Saturno, il dio greco-romano che era identificato con il Tempo che passava e lasciava tutto distrutto alle sue spalle.
Al posto della classica figura di Sebastiano legato a un palo nel Campo Marzio di Roma, in questa versione il pittore ritrasse il santo contro un arco raffigurato con grande precisione architettonica, e con rovine classiche sullo sfondo, tipiche dei suoi quadri. L’iscrizione verticale al fianco destro del santo, infine, è la firma del Mantegna in greco.
Il San Sebastiano del Louvre, invece, fu realizzato intorno al 1475 probabilmente per il matrimonio di Chiara Gonzaga, figlia di Federico I di Mantova, con Gilbert de Bourbon, Delfino d’Auvergne, e fu portata in Francia come dote della principessa nella Sainte Chapelle di Aigueperse, fondata dal padre di Gilbert.
Il santo, sempre legato ad un arco classico, è osservato da un’insolita prospettiva bassa, usata dall’artista per esaltare l’impressione di solidità e di imponenza della sua figura. La testa e gli occhi rivolti al Cielo confermano la fermezza di Sebastiano nel sopportare il martirio. Anche in questo caso troviamo le rovine classiche, simbolo della caducità del mondo antico, e un grande realismo nella rappresentazione del corpo umano.
Il terzo San Sebastiano del Mantegna risale a una fase più tarda della vita dell’artista, intorno al 1490 o anche dopo, e riflette un cambiamento di stato d’animo nella sua cupa espressività. La grandiosa e martoriata figura del santo è raffigurata davanti a uno sfondo neutro e poco profondo di colore marrone, e ispira un marcato pessimismo. Le intenzioni dell’artista per l’opera sono peraltro spiegate da una banderuola che si avvolge a spirale attorno a una candela spenta, nell’angolo in basso a destra: Nihil nisi divinum stabile est. Caetera fumus (“Niente è stabile tranne il divino. Il resto è fumo”).
Torna alle Grandi opere