Il manierismo è il movimento artistico del XVI secolo che prende a modello i maestri rinascimentali, svincolandosi però dalla fedele rappresentazione della natura e dedicando un’attenzione prevalente alla bella maniera. Il virtuosismo stilistico che lo contraddistingue preparò la successiva evoluzione del Barocco. In generale, il termine possiede una valenza negativa, con riferimento a opere che ripetono in modo stereotipato le forme dei maestri della bella maniera (i maestri rinascimentali) senza rispettare i modelli naturali, oppure opere eccessivamente ricercate e raffinate. Il nuovo stile abbandona la razionalità, l’armonia, l’equilibrio e le proporzioni formali del Rinascimento, distorcendo i modelli con forme eccentriche e colori violenti. Solo all’inizio del Novecento il termine manierismo ha perso l’accezione negativa, acquisendo il valore anticonformista di ciò che supera i classici rifiutandone le regole rigide.
Il centro propagatore della nuova maniera è di nuovo Firenze. Con la pubblicazione delle Vite di G. Vasari si diffonde la convinzione che l’arte abbia raggiunto il suo punto di massima perfezione con artisti come Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio e che agli artisti successivi sia rimasto solo il compito di imitarne lo stile. Queste modalità stilistiche vengono riprese e dilatate dai giovani pittori dell’epoca, che trovano nel contorcimento della figura un mezzo espressivo adeguato alla loro tensione emotiva e al bisogno di novità. A questa necessità contribuiscono sconvolgimenti come il sacco di Roma da parte di Carlo V e la riforma protestante, ma prima ancora a far nascere il germe di un nuovo stile a Firenze fu l’esperienza di Savonarola, che cambiò la spiritualità di molti artisti e gettò confusione nelle convinzioni culturali, come già si ravvisa nelle opere della vecchiaia di alcuni pittori rinascimentali, come Botticelli. Dopo le anticipazioni fiorentine, il manierismo vero e proprio si sviluppò in particolare a Roma: la “diaspora” degli artisti causata dal sacco di Roma diffuse in tutta la penisola il nuovo stile.
Pose contorte e variegate (tipica è quella “serpentinata”), prospettive distorte, linee vertiginose, volti minacciosi o comunque drammatici, colori innaturali, panneggi enfatizzati sono alcune delle più comuni caratteristiche della pittura manierista. Il Pontormo, per esempio, fiorentino pioniere del manierismo, abbandona definitivamente la compostezza classica per imprimere alla composizione un movimento contorto che dà il senso della concitazione. L’accentuazione delle linee curve e della prospettiva, l’uso di colori contrastanti sono alcuni tra i principali strumenti stilistici utilizzati per superare il realismo del racconto, ottenendo una composizione nella quale la resa degli stati d’animo viene raggiunta attraverso la ricerca formale portata all’esasperazione.

Un esempio della contorsione delle forme e delle linee tipica del manierismo: particolare dell’Ercole e il centauro Nesso di Giambologna, statua esposta in piazza della Signoria a Firenze
Ai manieristi non interessa trasmettere la carica emotiva o sacrale dell’evento raffigurato, ma piuttosto dimostrare la loro estrema capacità di riprodurlo in modo esteticamente perfetto, affermando il valore assoluto dell’arte.
Tra i principali pittori manieristi italiani troviamo: Pontormo, Bronzino, Rosso Fiorentino, Primaticcio, Daniele da Volterra, Parmigianino, Andrea del Sarto, Veronese, Vasari e soprattutto Tintoretto. Nella scultura si ricordano: Bandinelli, Giambologna (celebri sono il suo Mercurio e il suo Ratto delle Sabine) e Benvenuto Cellini. Nell’architettura: G. Romano, Vignola, G. Della Porta, B. Buontalenti, Sansovino e Sanmicheli (o Sammicheli); influenze manieriste si trovano anche nell’opera di Andrea Palladio.
La corrente manierista ebbe figure importanti anche fuori d’Italia, in Francia, Olanda e Spagna (per esempio El Greco) e alla corte di Rodolfo II a Praga: il manierismo tornò a imporre uno stile internazionale dopo l’esperienza del gotico.
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