L’espressionismo nacque in Germania nei primi anni del ‘900 come reazione all’impressionismo e al naturalismo, anticipato da esperienze come quelle di Van Gogh, Munch e Gauguin, e si sviluppò in parallelo nel fauvismo francese.
Alla realtà impressionista, l’espressionismo preferì una realtà spirituale che si manifesta alterata e deformata in relazione all’espressività di colui che si esprime. Voleva essere una forma di protesta contro la società borghese, con l’aspirazione a tornare a uno spirito creativo genuino e privo di barriere sociali. Con l’espressionismo le forme si fecero elementari e piatte lasciando spazio ai colori, spesso violenti, che divennero la vera parte “espressiva” delle composizioni. Il disegno, invece, scomparve quasi completamente.

Composizione VI di Kandinskij
Nonostanet ciò, l’espressionismo non mancava affatto di riferimenti al contesto storico e sociale, che era quello difficile della guerra, e al disagio che esso generava. I sentimenti rappresentati erano sempre drammatici, spesso violenti, e la visione del mondo che ne emerge sempre pessimistica. I soggetti prediletti dagli espressionisti furono nudi, paesaggi, scene di città, deformati fino all’irriconoscibilità.
La libertà dalle regole che caratterizzava l’espressionismo fece sì che questa corrente si dividesse in vari gruppi, ognuno con le proprie caratteristiche peculiari, come il Die Brücke (Il ponte), di cui faceva parte per esempio Kokoschka, e il Die blaue Reiter, a cui appartenevano per esempio Kandinskij, Marc e Klee, che resero il colore e le forme sempre più liberi, fino all’astrazione. Quest’ultimo gruppo prese il nome dalla passione di Kandinskij per il colore blu e da quella di Marc per i cavalli, e diede poi nome a un noto dipinto di Kandinskij, Il cavaliere azzurro. Questi artisti credevano in un approccio intuitivo e spirituale all’arte, e in quest’ultima come comunicazione che doveva essere fruibile da un vasto pubblico, al contrario di quanto accadeva con il simbolismo.
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