L’Adorazione dei Magi è un dipinto di Botticelli, risalente al 1475 o 1476, all’inizio della sua carriera, e conservato oggi agli Uffizi. Botticelli fu incaricato di dipingere almeno sette versioni dell’Adorazione dei Magi nel corso della sua carriera, e questa versione fu commissionata da Gaspare di Zanobi del Lama, banchiere e cortigiano dei Medici, per la sua cappella funeraria in Santa Maria Novella.
Rispetto alle tradizionali rappresentazioni di questo soggetto, Botticelli introduce una novità: la visione frontale, anziché laterale, che verrà ripresa anche da Leonardo da Vinci nella sua versione dell’Adorazione. La Sacra Famiglia si trova al centro in posizione rialzata, in una composizione triangolare che culmina nella luce divina in alto. A destra è appollaiato un pavone, da sempre simbolo di immortalità. Le consuete rovine classiche sullo sfondo alludono all’antichità pagana che ha visto la sua fine.

L’Adorazione dei Magi di Botticelli si trova agli Uffizi dopo essere entrata nella collezione del Granducato di Toscana in seguito alla confisca dei beni del proprietario
Tra i numerosi personaggi della scena si riconoscono anche alcuni esponenti della famiglia Medici: i tre Magi rappresentano le tre età dell’uomo, a cui corrispondono Cosimo de’ Medici (il Mago più anziano, inginocchiato davanti alla Vergine) e i figli Piero (il secondo Mago inginocchiato al centro con il mantello rosso) e Giovanni (il terzo Mago). Dietro di loro, ai due lati, si trovano i nipoti Giuliano (a destra, in nero e rosso) e Lorenzo (a sinistra, in veste bianca). I tre Medici ritratti come Magi erano tutti morti nel momento in cui il quadro fu dipinto, e Firenze era effettivamente governata da Lorenzo.
Si dice che nel dipinto sia incluso anche lo stesso Gaspare, come il vecchio sulla destra con i capelli bianchi e una veste azzurra che guarda e indica l’osservatore. Inoltre, Botticelli avrebbe realizzato un autoritratto nei panni dell’uomo biondo con il mantello giallo all’estrema destra.
La cura dei dettagli, come la resa degli abiti, mostra l’acquisizione da parte dell’artista fiorentino delle influenze della scuola fiamminga in questo momento della sua carriera.
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