La profilassi è un tema strategico molto importante nella scelta delle mosse candidate. La sua teorizzazione risale a Nimzowitsch che la definì come la prevenzione di un piano dell’avversario (per noi) non favorevole dal punto di vista posizionale. Nimzowitsch arrivò persino a considerarla l’aspetto più importante del gioco posizionale e la sublimò nella teoria della superprotezione. Già Watson osservò a fine secolo che la superprotezione è oggi poco considerata. In effetti da un punto di vista logico, superproteggere un punto non ha molto senso se si conosce già l’adeguata protezione: ogni misura aggiuntiva è sostanzialmente uno spreco di risorse. Questo concetto è stato evidenziato dall’avvento di forti programmi per computer come Fritz e Rybka. In effetti, chi li utilizza per analizzare (a tempi sufficientemente lunghi da giocare oltre i 2700 punti Elo) avrà constatato che difficilmente eseguono mosse profilattiche di Re, tanto comuni nelle partite fra umani, tipo (con il Bianco) Rh1 o Rb1. Quando tali mosse vengono eseguite sono legate a una reale esigenza della posizione, per esempio colonna c aperta e pezzo pesante già piazzato (Donna o Torre che punta a raggi X sul Re in c1.
Questi programmi hanno mostrato che la critica di Suba è corretta per gran parte degli esempi di profilassi che i libri di scacchi offrono: la mossa profilattica non era certo l’unica possibile (spesso nemmeno la migliore) e il suo effetto è stato amplificato dagli errori dell’avversario. Per mostrare questo concetto analizzeremo il capitolo Prophylactic thinking (di Dvoretzky) del testo Positional play di Mark Dvoretzky e Artur Yussupov, un testo molto interessante, ma del 1996, prima dell’era dei computer.
Giustamente Dvoretzky ci dice che:
alla base della profilassi c’è la domanda: cosa vuole fare l’avversario? Come posso impedirglielo?
Nel penultimo esempio che porta (Von Gottschall-Nimzowitsch, Hannover 1926) sposa la critica di Suba, avvertendoci che nei vecchi esempi l’attenzione è riservata solo al giocatore che vince, di fatto trascurando i metodi difensivi. Poi però, pur dando qualche difesa migliore per il Bianco, mette anche molti punti esclamativi del tutto immotivati. Nella posizione di partenza:
N
Dvoretzky riconosce che il Nero sta leggermente meglio, ma che è piuttosto difficile convertire il lieve vantaggio in vittoria. Sposando il piano di Nimzowitsch di portare il Re in g6 e poi in f5, affibbia a 28…Th8! un punto esclamativo, visto che 29.g4 non è il massimo, poiché dopo 29…hxg4 30.hxg4 la Torre scende in h2 con scacco. In realtà in questa posizione sono possibili molte mosse come 28…Te8, 28…Ta5, 28…e5. Persino la diretta 28…Rg6 29.g4 hxg4 30.hxg4 Th8 31.Rg3, che Dvoretzky boccia, non si comprende perché non vada, visto che la Torre guadagna comunque la colonna (31…Th1). Da quest’ultima considerazione si vede che molto spesso la mossa diretta che non viene giocata a favore della mossa profilattica è perfettamente giocabile, almeno per un forte computer. Dvoretzky continua ad analizzare l’esempio con considerazioni a volte imprecise, ma il momento dove la critica di Suba si rivela in tutta la sua forza è dopo venti mosse. In partita il Bianco giocò 48.Te7? e Dvoretzky dà le ultime undici mosse della partita senza commenti, sicuro che ormai il Bianco fosse spacciato. Peccato che Rybka trova 48.Rf1! con un leggerissimo vantaggio del Bianco.
Nel capitolo del suo libro Dvoretzky è invece estremamente buono rispetto alla profilassi che appare come un tema strategico privilegiato, quasi l’essenza del gioco posizionale. In realtà, come tutti i temi strategici, anche la profilassi deve essere pesata considerando la situazione. Un alto peso della mossa profilattica è sensato:
quando l’avversario rischia di migliorare la sua posizione molto di più di quanto noi riusciremmo a fare con una mossa non profilattica.
La mossa profilattica deve essere cioè intrinsecamente una delle migliori della posizione.
Profilassi valida
Nel primo esempio del suo capitolo Dvoretzky cita una famosa posizione comune alla Reshevsky-Euwe e alla Botvinnik-Euwe (Torneo match, campionato mondiale, 1948).
B
Secondo Dvoretzky è didatticamente corretto il giudizio di Simagin che ritiene la mossa profilattica 12.Aa2!! come vincente. Nelle sue analisi (riprese poi da altri, come Watson) Dvoretzky prende in considerazione diverse mosse del Nero, ma non le mosse come 12…Ad8 o 12…a6 che sono comunque sullo stesso piano di quelle analizzate; a onor del vero, non ci dice la cosa fondamentale, cioè che il Bianco è in vantaggio anche con altre mosse come 12.Ab3 o 12.h3; anche la mossa giocata da Botvinnik (12.Tae1) è buona. Resta però il fatto che la mossa profilattica 12.Aa2 è la migliore perché rimuove in posizione più sicura l’Ac4 (che può andare in b1 on minacce di matto in h7), rende più facile lo sfruttamento della colonna c e confuta subito molte mosse del Nero come 12…e4 (perde un pedone), 12…h6? (13. Ch4!); per le altre mosse, basta giocare la posizione contro un computer e si vede subito che il Nero non ha buone mosse: aver rimosso l’Alfiere in molte varianti toglie controgioco.
Quindi la domanda è: profilassi oppure la semplice avvertenza che un pezzo indifeso è vulnerabile (quindi 12. Aa2 per migliorare la posizione dei nostri pezzi)? Probabilmente entrambe.
Nella Karpov-Bagirov (Riga 1970) il Bianco ha un grande vantaggio (ecco la critica di Suba):
B
Il Bianco vuole evitare la spinta liberatrice 27…a5. Karpov giocò l’ottima 27.Dg4! (con la minaccia Ah7+ e poi Dh4+ catturando il Cavallo in e7); Dvoretzky la ritiene però ottimale, quando in realtà sono possibili anche mosse come 27.Te1, 27.De1 o 27.Df3, e soprattutto la più logica 27.Dd2 (che Dvoretzky boccia per la possibile replica 27…f6 senza peraltro ulteriore analisi che troverebbe facilmente 28.Tfe1!): anche in questo caso, il computer gioca la più diretta.
Profilassi non valida
Cosa avviene se noi eseguiamo una mossa profilattica che non è fra le migliori relativamente alla posizione?
- Stizzito per non poter realizzare un certo piano, l’avversario sbaglia; a questo punto la mossa profilattica può anche diventare fortissima. La mossa profilattica diventa un trucco strategico.
- Perdiamo un tempo prezioso; è ciò che accade spesso a giocatori non eccelsi innamorati della profilassi (“gioco 1. h3 perché prima o poi potrei prendere il matto del corridoio”).
Il punto 1 è quello che riempie i testi di ovazioni per la profilassi: molti esempi sono esempi di ottimismo didattico, tant’è che nell’articolo sull’ottimismo usiamo come esempio proprio la Karpov-Jussupov (1983) che Dvoretzky cita come esempio di grande gioco di profilassi da parte di Karpov.
Nella Karpov-Hort (Mosca 1971):
B
Karpov giocò effettivamente la forte 22.Tg4! che vuole evitare che la Donna vada in h4 con perdita del pedone h2. Che non meriti i due punti esclamativi che le affibbia Dvoretzky è mostrato dalle mosse successive di Karpov che lasciano il vantaggio costante: 22…Df6 23.h4 Df5 24.Tb4 Af6 25.h5 Ce7 26.Tf4 De5
B
A questo punto Karpov giocò 27.Tf3! (il punto esclamativo è di Dvoretzky, ma dovrebbe essere interrogativo: in realtà meglio 27.Tf1!) e andò nettamente in vantaggio dopo l’errore del nero 27…Cxd5?. Se il Nero avesse giocato 27…0-0-0 (che Dvoretzky considera errata per 28.Af4 Dxd5?; in realtà il Nero deve giocare 28…Dxh5!) la partita sarebbe tornata in equilibrio. Quindi la profilassi di Karpov ha funzionato solo… perché Hort ha sbagliato!
In altri termini, spesso la profilassi funziona perché
se l’avversario sbaglia, qualunque piano rischia di diventare buono!
Anche gli altri esempi del capitolo di Dvoretzky non superano la critica di Suba, ma il capitolo è molto istruttivo perché permette di capire che statisticamente
(1) chi subisce la profilassi spesso si spazientisce e, anziché consolidare la posizione, gioca mosse troppo attive in posizione inferiore.
Vediamo due esempi tratti dal testo di Watson (Un secolo di scacchi).
B
Nella Kasparov-Anand (Amsterdam 1996) il Bianco giocò 13.Tc1. Sicuramente è giocabile, ma non merita i due punti esclamativi che Kasparov le ha attribuito. Watson mostra cosa sarebbe accaduto se il Nero avesse giocato 13…b6 (14. c4! e la Torre in c1 si rivitalizza), ma Anand non cadde nel tranello e 13.Tc1 resta meno interessante per esempio di 13.Te1 o 13.a4 che difende l’Alfiere e, in caso di 13…b6, lascia aperte molte possibilità.
B
Nella Suba-Petursson (Tessalonica 1984) Watson magnifica la misteriosa mossa di Torre 9.Tb1. In realtà la teoria dà 9.e4 o 9.Cxd5 e la mossa di Suba è stata giocata meno del 5% di volte. Dopo 9.Tb1 il Nero ha molte possibilità (quindi la profilassi non è servita granché) fra cui 9…Af6 giocata da Petursson. Dopo 10.Cxd5 il Nero sbagliò giocando l’inferiore 10…Dxd5?!, mentre con 10…exd5 avrebbe pareggiato il gioco.
Profilassi o no?
Il succo di questo articolo è che:
- La profilassi è essenziale quanto più il piano dell’avversario è concreto, pericoloso e attuabile a breve.
- In presenza di più alternative egualmente valide, la profilassi è attuabile, dipende dallo stile del giocatore.
- La profilassi è un errore quando si basa su considerazioni fumose e non su un’analisi attenta della posizione.
Non ha per esempio molto senso, dopo aver giocato il pedone f4, giocare subito Rh1 solo “perché il Nero potrebbe approfittare della diagonale g1-a7 aperta sul Re”. Si tratta di una considerazione semplicistica, non posizionale!