Come giocare a scacchi si impara al massimo in un’ora, ma come si può progredire? Come si può giocare BENE a scacchi?
Innanzitutto, spieghiamo cosa significhi “bene”. Significa arrivare a una delle tre categorie nazionali (prima, seconda o terza), quindi di fatto essere degli agonisti. Visto che molti dei visitatori del sito sono anche runner, possiamo dire che un giocatore sui 2000 punti Elo equivale a un runner che corre la maratona in 3h, mentre un giocatore sui 1500 punti Elo equivale a un runner che corre la maratona in circa 3h50′.
Prima di entrare nel vivo del titolo, smontiamo un paio di luoghi comuni.
Gli scacchi non fanno per me, sono solo per persone molto intelligenti – Non è vero; l’intelligenza “logica” del gioco degli scacchi è sicuramente seconda all’esperienza. Provate a insegnare a un genio le regole degli scacchi e fatelo giocare con una persona di intelligenza normale (o mediocre) che gioca da anni e il nostro genio farà una figuraccia. Come nella vita, senza esperienza negli scacchi non si va lontano. Per questo i principianti migliorano molto velocemente (con loro grande soddisfazione): non perché diventano più intelligenti, ma perché fanno esperienza!
Gli scacchi non fanno per me, non ho pazienza – Lo stereotipo del giocatore di scacchi che pensa per ore su una mossa è abbastanza diffuso. In realtà, durante una partita ci si può alzare, andare a prendere un caffè ecc. Inoltre esistono partite il cui tempo di riflessione è di ore, ma altre (semilampo e lampo) dove è di pochi minuti, partite in cui il giocatore deve muovere velocemente, spesso in base solo alla sua intuizione, non al lungo e preciso calcolo. Basta scegliere il tipo di gioco compatibile con la propria “pazienza”.
Ho praticato molti sport, ma l’ambiente migliore l’ho sicuramente trovato nel mondo degli scacchi.
Lo scacchista è una persona semplice che ama il proprio sport e sembra che ciò gli basti, non insegue i miti della società moderna, miti che spesso portano a una vita miserevole dal punto di vista del bilancio esistenziale; è una persona sportiva nel vero senso della parola e, contrariamente alla credenza comune, è spesso molto più equilibrato della media della popolazione. Gli scacchi lo aiutano a essere razionale e ciò è un grande plus nella valutazione di ciò che gli sta intorno. Gli scacchi gli insegnano il valore dello studio, senza il quale nel nobil giuoco come nella vita non si va lontano.
Senza dilungarmi, giocare a scacchi può essere un ottimo oggetto d’amore.

Le regole degli scacchi possono essere imparate molto velocemente
Come imparare a giocare bene
Non abbiate fretta e cercate di procedere per gradi, senza paura di fare figuracce: gli scacchi insegnano che per imparare a vincere bisogna anche saper perdere, tanto che il Maestro Internazionale Bela Toth soleva dire che per passare di una categoria (e per arrivare al suo livello le categorie sono tante) occorre perdere almeno 100 partite di torneo. Se partite da zero, dopo aver letto e appreso le regole degli scacchi, vi consiglio di leggere comunque un libro per principiati (Il gioco degli scacchi, Messa-Mearini).
Il successivo passo nasce da quanto è successo negli ultimi anni, grazie al diffondersi dell’informazione e al miglioramento dei programmi di scacchi. Incredibilmente sono nati tantissimi nuovi talenti, ragazzini dagli 8 ai 16 anni che sono arrivati facilmente al livello di maestro. Non si può parlare di talenti, visto che i talenti c’erano anche prima. Si deve invece capire che i nuovi mezzi informatici hanno permesso di rendere più efficiente i passi della progressione.

I giocatori iscritti alla FSI (Federazione Italiana Scacchi) sono circa 16.000
Primo passo: nozioni strategiche di base
Ci sono ormai centinaia di libri che promettono di spiegare la strategia degli scacchi (anche il mio Capire gli scacchi). Purtroppo questi libri (che sono quelli che utilizzavano i ragazzi 20-30 anni fa) costituiscono la scuola media inferiore dell’apprendimento scacchistico. Permettono di arrivare anche in alto, ma sicuramente non ottimizzano le possibilità dello scacchista.
Secondo passo: gli esercizi di tattica
Prima dell’avvento dei computer, per esempio un giocatore di 1700 punti Elo conosceva molto bene la strategia, ma tatticamente era spesso un disastro. L’unico modo di migliorare la propria abilità tattica era di giocare. Oggi invece ci sono in Rete siti che permettono di eseguire esercizi selezionati e privi di errori di calcolo. Se si frequenta uno di questi (chesstempo.com), si verifica che ci sono giocatori che in un anno hanno eseguito almeno 30.000 esercizi mentre con i tradizionali metodi cartacei una volta si arrivava a 10 al giorno. Le classifiche di soluzione hanno poi evidenziato che quello che conta non è solo risolvere l’esercizio quanto risolverlo anche velocmente; anche la velocità si può allenare solo provando e riprovando.
Terzo passo: il finale
Una volta si riteneva che una notevole conoscenza del finale fosse una delle cose più importanti; oggi si sa che bastano le conoscenze dei finali elementari perché quelle dei finali più complessi si apprendono giocando e giocando (come dimostrano i tanti svarioni anche di Grandi Maestri).
Quarto passo: le aperture
Decaduta l’importanza del finale, per il giocatore che vuole emergere dal livello del principiante, le nuove tecnologie permettono verifiche e studi rapidi delle aperture. Una volta andavano di moda libri su aperture secondarie, magari molto aggressive. Oggi tali aperture non passano l’esame dei computer e le statistiche associate a esse vengono mostrate dai database senza alcuna pietà: che senso ha giocare una linea di apertura che dà il 70% di probabilità di vittoria all’avversario? Per capirci, alcuni fautori del gambetto Blackmar-Diemer (1.d4 d5 2.e4?! dxe4 3.Cc3 Cf6 4.f3?!) lo giocano attratti dal grande attacco che può sviluppare il Bianco. Se il Nero è un giocatore di Francese (su 1.e4), osservando le statistiche trova che il miglior modo di opporsi al gambetto è 1.d4 d5 2.e4 e6! rientrando nella Francese, apertura che probabilmente non è ben conosciuta dal Bianco che ha aperto di Donna.
Quinto passo: giocare
Qui siamo alla laurea per diventare una buona categoria nazionale. Una volta si giocava al circolo o fra amici, magari una sola volta alla settimana. oggi si può giocare in Rete; se ci si abitua a ritmi veloci, si possono usare tante partite (anche una decina al giorno) come base di studio per i propri errori, salvandole e rivedendole poi con calma con un buon motore scacchistico.
Va da sé che questi cinque passi evidenziano chiaramente che per rispondere alla domanda “come giocare bene a scacchi” occorra allenarsi, allenarsi, allenarsi, proprio come un amante della maratona corre in allenamento tantissimi chilometri. Se un “amatore” dedica agli scacchi un paio d’ore alla settimana, quanto tempo ci vuole per uguagliare il tempo dedicato da un ragazzino che magari spende tre ore al giorno (sicuramente con una concentrazione maggiore!): se la matematica non è un’opinione, un anno del nostro ragazzino corrisponde ad almeno 10 del nostro amatore (“almeno” tiene conto della minore concentrazione e del fatto che un apprendimento rarefatto dimentica più facilmente i concetti). Se il ragazzino in 4 anni arriva a 2200 punti Elo al nostro amatore occorrerebbero almeno 40 anni.