Le nanopatologie (il termine è stato coniato da una ricercatrice italiana, A. Gatti, nel 1999) sono patologie causate da particelle inorganiche (nanoparticelle) le cui dimensioni sono nell’ordine del nanometro (cioè di un miliardesimo di metro), analogamente alle patologie causate dai particolati liberati nell’atmosfera dalle comuni automobili (polveri sottili).
NOTA – Il termine nanopathologies è praticamente sconosciuto in lingua inglese (nel 2017 in Google ci sono poco meno di 2.000 risultati) a riprova di come il problema sia stato sollevato soprattutto in Italia.
Particolato e nanopolveri
Gli effetti dell’inquinamento da auto hanno reso a tutti noto il PM10, il particolato di dimensione micrometrica comprende particelle di diametro medio compreso fra 10 e un micron.
Alcuni effetti sulla salute causati dal particolato fine sono già noti da tempo. La pneumoconiosi in genere (asbestosi, silicosi, talcosi ecc.) o il mesotelioma nelle sue forme pleurica e peritoneale sono tra questi.
Esistono diversi studi che mostrano una chiara correlazione tra malattie cardiovascolari e respiratorie e quantità e concentrazione nell’ambiente di particelle (particulate matter, PM) di diametro medio inferiore a 10 micron (PM10) o a 2,5 micron (PM2,5).
Scendendo ancora di dimensioni si entra nel campo delle nanopolveri (cioè particolato di dimensione nanometrica il cui diametro medio è compreso fra 0,2 e 100 nm). A dire il vero, il confine fra particolato e nanopolveri non è chiarissimo, ma si può fissare attorno ai 100 nm.
Nanopatologie e nanotossicologia
La nanotossicologia è la scienza che studia l’impatto delle nanopolveri sulla salute umana. A oggi non è però ancora chiaro il ruolo di questa disciplina perché secondo alcuni sarebbe di secondaria importanza rispetto allo studio di altri fattori ben più consistenti nel modulare la nostra salute. Di difficile stima sono:
- la pericolosità assoluta. Secondo alcuni ricercatori sarebbe decisamente inferiore rispetto ad altri fattori, soprattutto per ciò che concerne lo sviluppo di tumori; secondo altri, le nanopatologie sarebbero responsabili in Italia di 8.000 decessi all’anno.
- Il campo d’azione. I vari studi prendono in esame soggetti anziani già malati di patologie di media-alta gravità; risulta pertanto credibile anche l’ipotesi che siano solo un fattore aggravante, ma non di per sé particolarmente dannose per un soggetto sano.
Attualmente si deve ritenere che probabilmente la verità stia nel mezzo; se il fumo di sigaretta concorre a una diminuzione della vita attesa di circa 10 anni, le nanoparticelle probabilmente vi concorrono per 4-8 mesi, un intervallo che secondo molti non giustifica interventi massicci per una limitazione delle polveri sottili, visto che è praticamente impossibile azzerarle, producendosi anche per cause naturali.
Nanopatologie: una posizione critica
Il problema delle nanoparticelle e delle nanopatologie continua il filone “terroristico” iniziato negli anni ’80 del XX secolo con la cancerogenicità di centinaia di sostanze. Purtroppo si fa presa su quella parte della popolazione di fobici che si agita ancora prima di pensare, nel terrore di un possibile (ma spesso improbabile) pericolo.
Che ci sia qualcosa di vero non deve portare a demonizzare centinaia di sostanze (utilizzando in modo errato il principio di precauzione). Per esempio, recentemente una ricerca ha mostrato che non vi è alcun incremento del rischio di tumori per lavoratori esposti ad alti livelli di talco, una sostanza strettamente legata con il concetto di nanoparticella.
Un altro “insuccesso” della nanotossicologia riguarda l’incidenza delle malattie nei militari che presero parte alla prima guerra del Golfo (sindrome del Golfo), e della guerra del Kosovo (sindrome dei Balcani). Inizialmente si era pensato che il largo consumo di proiettili all’uranio impoverito (fonte certa di nanopolveri inorganiche di numerosi metalli, ma non di uranio, prodotte ad altissime temperature) fosse la causa delle strane patologie dei militari. Nei tessuti biologici degli individui ammalati sono state trovate nanoparticelle, ma gli studi epidemiologici che hanno analizzato la correlazione tra la partecipazione alle missioni e l’incidenza di varie patologie non hanno rilevato incrementi significativi, facendo propendere nel caso delle patologie rilevate anche altre cause (vaccini e uso di armi chimiche e biologiche) che avrebbero esaltato una sensibilità individuale.
Lo spessore scientifico delle nanopatologie è attualmente scarso. L’attualmente non indica la bocciatura dell’idea quanto dell’atteggiamento poco scientifico di ricercatori che si innamorano delle loro ipotesi e, senza chiare evidenze scientifiche, fanno crociate. Una crociata si può fare basandosi su certezze, non su ipotesi, per quanto credibili queste possano essere. Sulla bontà delle ipotesi è lecito esprimere molti dubbi:
1) Alcuni studi hanno trovato nanoparticelle in tessuti tumorali, ipotizzando una loro correlazione con lo sviluppo del tumore. In realtà non si tratta di correlazione, ma di semplice riscontro. Infatti il trovare nanoparticelle in tessuti patologici è un riscontro, sarebbe una correlazione il “trovarne in tessuti patologici e non trovarne mai in tessuti sani”. Il disinteresse per quella parte della popolazione che è sana introduce la seconda difficoltà teorica.
2) Ammesso che le nanoparticelle siano responsabili di qualcosa, come mai solo una tutto sommato piccola (vedi tumori e malattie degenerative strane) parte della popolazione ne viene colpita? C’è quindi la concretissima possibilità che l’accumulo di nanoparticelle non sia tanto la causa quanto una conseguenza delle vere cause della malattia o una semplice concausa.
3) Il discorso è abbastanza simile a quello delle allergie. Anche ammesso che si scopra (e la scoperta sarebbe interessante) che una parte della popolazione è sensibile alle nanoparticelle, non si potrebbe demonizzare certo questo o quello. Molte persone sono intolleranti al glutine, altre al lattosio, altre per un’arachide o una pesca sono morte: ma non possiamo eliminare pasta, pane, frutta ecc.
La vita media si è alzata notevolmente: nel 1900 era di 43 anni oggi è quasi il doppio. Molti di quei bambini che non arrivavano alla maturità, oggi ci arrivano, ma rappresentano la parte più debole della popolazione che la natura continua a selezionare, in questo aiutata anche dallo stile di vita pessimo delle persone; prima delle nanoparticelle preoccupiamoci di non far fumare, di non far bere, di non far mangiare troppo le persone. Essendo però queste le battaglie che l’agitatore di turno sa di non poter vincere, ecco che crea nuovi mostri su cui tutti (anche i fumatori, gli alcolizzati e i sovrappeso) possono concordare.
4) Da ultimo: chi conosce qualcosa di fisica e di chimica sa benissimo che pretendere di comandare l’infinitamente piccolo è di una presunzione stratosferica. È abbastanza inutile bocciare un termovalorizzatore quando poi se si brucia nel proprio giardino un po’ di legna di pino si sviluppano sostanze nocive (furani). Purtroppo non è la tecnologia che si diverte ad accorciarci la vita, ma sembra essere la stessa natura (è su questo che dovrebbero riflettere quelli che la promuovono sempre e comunque) a innescare meccanismi per cui il singolo soggetto non può vivere più a lungo.