L’ictus cerebrale è un serio evento cerebrovascolare che può avere, qualora non sia addirittura causa di decesso, un impatto devastante sulla qualità della vita della persona che ne è colpita; più precisamente, con il termine ictus si indica un disturbo del circolo cerebrale che insorge in modo acuto. Questo grave evento patologico fa parte delle cosiddette sindromi vascolari acute.
Ictus è solo uno dei termini utilizzati per indicare questo particolare evento; esistono infatti diversi termini o locuzioni che sono utilizzate come sinonimi fra cui ricordiamo: accidente cerebrovascolare (anche accidente vascolare cerebrale o AVC), apoplessia, attacco apoplettico, colpo apoplettico (o semplicemente colpo); in alcuni casi si utilizza anche il termine anglosassone, ovvero stroke (non è infrequente, in riferimento alle strutture dedicate al trattamento degli ictus, sentirle citare con l’espressione Stroke Unit).
A livello globale l’ictus cerebrale rappresenta la seconda causa di morte. Nei cosiddetti Paesi industrializzati questo grave evento si piazza invece al terzo posto subito dopo le patologie cardiovascolari e quelle tumorali.
Attualmente gli attacchi apoplettici rappresentano la prima causa di disabilità nei soggetti anziani; circa il 75% dei casi riguarda soggetti ultrasessantacinquenni; il sesso maschile risulta essere leggermente più colpito da questo evento patologico.
Basandosi su dati recenti, si stima che il numero di decessi dovuti a ictus cerebrale raddoppierà entro l’anno 2020. Le informazioni attualmente disponibili sulla mortalità ci dicono che circa il 25% dei soggetti colpiti da un colpo apoplettico muore entro trenta giorni dall’evento; la mortalità a un anno è di circa il 30-40%. Trascorso un anno dall’evento cerebrovascolare, circa il 33% dei soggetti colpiti presenta un elevato grado di disabilità.
Nel nostro Paese, l’ictus è un importantissimo problema sia a livello sanitario che a livello assistenziale tant’è che rappresenta attualmente la prima causa di invalidità permanente, la seconda causa di demenza e la terza causa di morte (gli sono avanti soltanto l’infarto cardiaco e i tumori).
Il problema è aggravato dal fatto che la popolazione, in generale, non è ben consapevole della sintomatologia di esordio dell’ictus; ciò conduce a una sua sottovalutazione e a un conseguente ritardo al ricorso dei trattamenti disponibili; è importante a questo proposito ricordare che, come nel caso di attacco di cuore, sia fondamentale la tempestività dell’intervento sanitario per limitare il più possibile i danni.
Ictus ischemico e ictus emorragico
È molto importante distinguere i diversi tipi di ictus; essenzialmente possiamo suddividerli in due grandi categorie:
- ischemici (anche infarti cerebrali)
- emorragici.
La stragrande maggioranza dei casi ictus cerebrale (circa l’80%) è rappresentata dagli infarti cerebrali.
Solitamente alla base di un infarto cerebrale vi sono due meccanismi: la trombosi o l’embolia.
Nel primo caso si ha la formazione di un coagulo di sangue internamente a un’arteria cerebrale intracranica oppure all’interno delle carotidi o delle arterie vertebrali; nel secondo caso si ha la presenza di un corpo (un frammento di trombo oppure una placca aterosclerotica) che si muove all’interno dell’albero vascolare fino al momento in cui non va a occludere un’arteria cerebrale.
A onor del vero, esistono anche altri meccanismi, ma sono molto più rari dei due citati precedentemente.
La forma emorragica è decisamente meno frequente di quella ischemica, ma è associata a una mortalità a breve termine più elevata.
L’ictus emorragico è provocato dalla rottura di un vaso sanguigno del cervello, rottura che, nella stragrande maggioranza dei casi, dipende da un’ipertensione arteriosa (pressione alta) non ben controllata oppure da un improvviso e notevole rialzo dei valori della pressione arteriosa.
Talvolta il problema è legato alla rottura di un aneurisma cerebrale.
In altri casi la causa di una forma emorragica è da ricercarsi in un’alterazione delle coagulazione sanguigna a seguito di un trattamento con farmaci anticoagulanti e/o antiaggreganti.
Le due principali forme emorragiche sono l’emorragia intraparenchimale (emorragia interna al tessuto cerebrale) e l’emorragia subaracnoidea (emorragia al di sotto dell’aracnoide, ma esterna al parenchima cerebrale).
Da quanto sopra descritto possiamo quindi individuare fra le cause principali di un colpo apoplettico i seguenti quadri patologici: l’aterosclerosi, la trombosi e l’embolia.

La stragrande maggioranza dei casi ictus cerebrale (circa l’80%) è rappresentata dagli infarti cerebrali (ictus ischemici).
L’attacco ischemico transitorio (TIA)
Parlando di ictus cerebrale è inevitabile parlare anche di attacco ischemico transitorio (un argomento al quale abbiamo dedicato un articolo a sé stante: Attacco ischemico transitorio (TIA); l’attacco ischemico transitorio (TIA, Transient Ischemic Attack) è infatti un importante fattore di rischio relativamente a una successiva evenienza di ictus cerebrale (non a caso alcuni autori lo hanno definito come mini-ictus).
Secondo diverse linee guida, si definisce il TIA come improvvisa comparsa di segni e/o sintomi riferibili a deficit focale cerebrale o visivo attribuibile a un insufficiente apporto di sangue, di durata inferiore alle 24 ore. Si parla di TIA in crescendo quando si verificano due o più episodi riferibili a TIA in 24 ore o tre o più in 72 ore. È necessaria una completa risoluzione dei sintomi tra un TIA e l’altro.
Alcuni anni fa è stata proposta una nuova definizione secondo la quale il TIA è un “episodio di disfunzione neurologica causato da ischemia focale dell’encefalo, midollo spinale o della retina senza infarto acuto“.
Ictus cerebrale – Cause e fattori di rischio
In base ai numerosi studi effettuati su questo serio evento cerebrovascolare si sono individuati diversi fattori che innalzano il rischio di andare incontro a ictus. Alcuni di questi fattori non sono modificabili (l’età e la razza), ma ve ne sono molti che attraverso strategie di tipo farmacologico o meno possono essere modificati.
Tra i principali fattori modificabili ricordiamo l’ipertensione arteriosa, l’eccessivo consumo di bevande alcoliche o superalcoliche e il fumo, la ridotta (o addirittura nulla) attività fisica, alcune patologie o condizioni (fibrillazione atriale, diabete mellito, iperomocisteinemia, ipertrofia ventricolare sinistra, stenosi carotidea, regime alimentare non corretto).
Altro fattore di rischio estremamente importante è la presenza di TIA (vedasi paragrafo precedente).
Esistono altri fattori di rischio che sono stati descritti, ma molti autori ritengono che essi non siano completamente documentati quali fattori indipendenti. Fra essi si ricordano l’obesità, le dislipidemie, la sindrome metabolica, la terapia ormonale sostitutiva, l’emicrania, l’uso di contraccettivi orali, alcuni tipi di infezione ecc.
Per quanto riguarda l’ipercolesterolemia (uno dei maggiori fattori di rischio modificabili relativi alle patologie coronariche), l’associazione con gli eventi cerebrovascolari non è ancora del tutto chiara.
Non è stato altresì definito il ruolo rivestito dai fattori genetici (predisposizione a essere colpiti da attacco cerebrovascolare) come fattori di rischio.
Allo stato attuale comunque, il maggiore fattore di rischio rimane l’età.
Relativamente all’interazione tra i vari fattori di rischio, gli studi svolti fino a ora non sono ritenuti sufficientemente adeguati.
Ictus pediatrico
L’ictus pediatrico è un evento raro, ma non così infrequente da poter essere definito come eccezionale.
Si parla di ictus pediatrico quando l’evento interessa soggetti di età inferiore ai 15 anni di età; se l’evento si verifica nel corso della nascita o comunque poco dopo si parla più precisamente di ictus prenatale o perinatale.
Le cause delle forme pediatriche sarebbero da ricercarsi, secondo i vari autori, nella presenza di patologie quali l’anemia falciforme o malattie cardiovascolari. I segni e i sintomi sono pressoché gli stessi che si riscontrano nei soggetti adulti, ma nei bambini, viste le caratteristiche del paziente, può non essere sempre semplice diagnosticare l’evento con immediatezza.
Secondo quanto riportato in alcuni studi, circa un terzo dei bambini che hanno subito un ictus, andrà incontro a un evento analogo nel corso della sua vita.
Ictus – Sintomi e segni
I segni e i sintomi possono variare dipendentemente dalla zona cerebrale che è stata colpita. È però vero che ve ne sono alcuni che sono solitamente presenti in tutti gli episodi di attacco cerebrovascolare. Tra questi ricordiamo l‘afasia, l’aprassia e la disartria, il deficit di forza associato talvolta a un disturbo sensitivo controlaterale, confusione mentale, disturbo della coscienza, diplopia, vertigini, nistagmo e atassia.
Nota importante: in molti casi, sfortunatamente, non si osservano, né si avvertono sintomi o segni premonitori di un attacco apoplettico (in particolar modo nel caso di forme emorragiche); nel caso di ictus ischemico, tali sintomi premonitori possono essere relativi a una storia di sensazione di vertigini, anche improvvise; nel caso di ictus emorragico invece, nella stragrande maggioranza dei casi l’evento si manifesta repentinamente in tutta la sua drammaticità; una forte cefalea che compare in maniera improvvisa (specialmente se in sede nucale) a seguito di uno sforzo fisico (per esempio un rapporto sessuale) non deve essere trascurato ed è consigliabile interpellare immediatamente il 118.
Diagnosi
Più correttamente si dovrebbe parlare di “diagnosi della causa dell’ictus”.
Individuare precocemente la causa dell’evento è fondamentale per una corretta gestione del soggetto che ne è stato colpito dal momento che l’approccio clinico è sostanzialmente diverso a seconda che l’ictus sia di natura ischemica o, diversamente, emorragica.
La valutazione diagnostica si basa essenzialmente sugli esami obiettivo e neurologico e sull’utilizzo delle tecniche diagnostiche (Tomografia Assistita dal Computer e Risonanza Magnetica Nucleare).
La TAC dell’encefalo senza mezzo di contrasto consente di distinguere la tipologia di ictus (ovvero se l’evento è di natura ischemica oppure emorragica).
Le moderne tecniche di radiodiagnostica permettono di individuare segni precoci di ischemia cerebrale entro poche ore dal momento in cui si avvertono i primi sintomi. L’angio-tomografia permette di evidenziare l’eventuale occlusione dei vasi intracranici. Con la risonanza magnetica nucleare è possibile evidenziare l’estensione del danno e la grandezza del tessuto a rischio.
È molto importante eseguire anche un elettrocardiogramma dal momento che molti soggetti colpiti da ictus soffrono di patologie cardiache. Altri esami che potrebbero essere richiesti sono l’angiografia cerebrale e l’ecodoppler carotideo.
Sono molti gli esami di laboratorio che possono essere richiesti, fra quelli di routine ricordiamo emocromo, elettroliti, esami di funzionalità epatica e renale, marker infettivi, glicemia, proteina C-reattiva e VES. In casi particolari potrebbero venire richiesti altri esami quali le proteine C e S, omocisteina, liquor cefalorachidiano ecc.
Terapia
Come detto in precedenza, i tipi di terapia variano sensibilmente a seconda della tipologia dell’attacco cerebrovascolare; in linea generale, a seconda dei casi, le terapie sono di carattere farmacologico e neurochirurgico, ma prevedono anche altri tipi di intervento, come per esempio la riabilitazione neuropsicologica (recupero delle funzioni cognitive), la riabilitazione logopedica (recupero delle funzioni linguistiche), la riabilitazione fisioterapica (recupero dalle difficoltà motorie), il supporto psicologico, sia al paziente sia ai suoi familiari.
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