La galattosemia è una rara e grave malattia metabolica trasmessa per via autosomica recessiva causata dalla carenza di uno degli enzimi deputati al metabolismo del galattosio, zucchero presente in particolar modo nel latte (ricordiamo che galattosio e glucosio formano il lattosio che rappresenta circa il 98% dei carboidrati presenti nel latte). La carenza enzimatica porta a un eccessivo accumulo di galattosio a livello ematico.
La galattosemia non deve essere confusa con l’intolleranza al lattosio, un’intolleranza enzimatica causata da un difetto delle disaccaridasi (gli enzimi che catalizzano l’idrolisi dei disaccaridi).
Se la galattosemia non viene diagnosticata precocemente, può risultare fatale.
Esistono tre tipologie di galattosemia, una è relativa all’enzima galattosio-1-fosfato uridiltransferasi, una all’enzima galattochinasi e una all’enzima UDP-galattosio-4-epimerasi.
La tipologia di galattosemia che viene riscontrata con più frequenza è quella legata al deficit dell’UDP-galattosio-4-epimerasi (l’incidenza è pari a 1 su 23.000 bambini nati vivi), mentre quella che si riscontra più raramente è la galattosemia dovuta al deficit dell’enzima galattosio-1-fosfato uridiltransferasi (1 su 62.000 bambini nati vivi); l’incidenza della forma relativa all’enzima galattochinasi è di 1 su 40.000 bambini nati vivi.
Sembra che la prima sommaria descrizione di galattosemia sia dovuta a Thalhammer, nel 1908, ma non tutte le fonti concordano attribuendola a F. Goppert che l’avrebbe descritta dettagliatamente nel 1917. Tuttavia, la causa della patologia fu individuata soltanto molti anni dopo, nel 1956 per l’esattezza, grazie al lavoro di Herman Kalckar, un biochimico danese.
Galattosemia – Sintomi e segni
La malattia si manifesta generalmente nei primi giorni di vita dopo l’assunzione del latte materno o di quello in polvere; i sintomi sono variegati; si possono infatti avere vomito, epatomegalia (fegato ingrossato), splenomegalia (milza ingrossata), ittero, aminoaciduria, albuminuria, cirrosi, deficit neurologici ecc.
Galattosemia – Diagnosi
In mancanza di una diagnosi precoce esiste il fondato rischio di seri danni a livello di vari organi; nei casi più gravi, come detto, può sopraggiungere la morte.
La diagnosi della malattia viene posta nel contesto dei vari test di screening (per esempio il test di Beutler e Basa e quello di Paigen) che consentono, nel caso si sospetti la presenza della malattia, una diagnosi selettiva.
Esiste anche la possibilità di effettuare un dosaggio dei livelli del galattosio-1-fosfato negli eritrociti; si possono determinare i livelli di galattosio anche nelle urine, monitorando la funzionalità epatica e quella renale grazie a precisi test ematochimici.
L’esecuzione dei vari test porta al riscontro di alti livelli di transaminasi, ipoglicemia con acidosi metabolica, albuminuria, aminoaciduria, perdita di sali e iperbilirubinemia.
Eventuali dubbi possono essere risolti con l’esecuzione di un test molecolare genetico.
Nel caso in cui la gravidanza sia considerata a rischio (è per esempio il caso della presenza della patologia in un familiare), è possibile effettuare un test di screening prenatale (amniocentesi oppure prelievo dei villi coriali).
Le gestanti a rischio devono adottare una dieta povera di galattosio al fine di minimizzare i rischi di danni fetali.

La cura della galattosemia è sostanzialmente basata sull’eliminazione del galattosio della dieta; eliminazione che dovrà perdurare per tutta la vita.
Cura
La cura è sostanzialmente basata sull’eliminazione del galattosio della dieta; eliminazione che dovrà perdurare per tutta la vita. Nei neonati si devono eliminare il latte materno e quello in polvere sostituendoli con alimenti che siano privi di lattosio o galattosio.
Il rispetto di un regime privo di galattosio va monitorato periodicamente attraverso la monitorizzazione dei livelli enzimatici nei globuli rossi. È consigliabile che le madri di bambini affetti da galattosemia seguano una dieta priva di lattosio e galattosio nel corso di eventuali successive gravidanze in quanto ciò permetterà un miglioramento sintomatico del nascituro.