Il termine vanità indica una leggerezza di carattere che ha come principale conseguenza il dare importanza a cose frivole, soprattutto sul piano morale. Il termine deriva dal latino vanus, vuoto, e la sua etimologia ha dato origine ad altri significati oltre a quello principale. Il soggetto vanitoso può anche essere un soggetto che mostra un’eccessiva e immotivata opinione di sé (sia sul piano morale sia fisico) oppure chi cerca in ogni modo di attrarre su di sé l’attenzione altrui. Il termine vanità può così essere collegato a un significato narcisistico (anche se scorrettamente) oppure no.
La vanità è sicuramente uno dei difetti più inutili che una persona possa portare con sé: non solo non offre nessun vantaggio pratico (se non una patetica autogratificazione), ma è uno degli ostacoli più grandi alla realizzazione di rapporti umani sinceri e duraturi.
Esistono sostanzialmente due tipi di vanità: cosciente e inconscia.
Vanità cosciente
La vanità cosciente è tipica per esempio del miliardario che fa sfoggio della sua ricchezza, sapendo che gli altri lo invidiano, a volte lo temono: la gratificazione nasce dalla constatazione della propria superiorità economica e può trasformarsi negativamente o positivamente (pensiamo a chi dà un sontuoso ricevimento per far sapere a tutti che donerà un milione di euro in beneficenza). L’esempio appena fatto riguarda la ricchezza, ma si possono fare esempi simili per ogni attività umana che presupponga, indirettamente o direttamente, una graduatoria: a scuola il vanitoso si vanta dei suoi voti, nello sport dei suoi risultati ecc. La vanità cosciente è odiosa (soprattutto per chi la subisce), ma almeno ha una sua ragione di essere: produce una gioia effimera, che dura finché la situazione è sostenibile. In assenza di condizioni facilitanti (per esempio successo e/o ricchezza), spesso il vanitoso alterna momenti di grande euforia a momenti di grande delusione, ma, anche nei momenti positivi, l’ostilità delle persone che ha intorno inquina pesantemente la sua vita.
Vanità inconscia
Ben più patetica è la vanità inconscia: individui apparentemente normali (in graduatoria sono a metà classifica, se non in fondo) fanno di tutto per poter apparire migliori di quello che sono, illudendosi di essere ai vertici; quasi sempre barano con sé stessi o con gli altri. Ovvio che prima o poi il bluff non regga e la verità si abbatta su di loro come fulmine a ciel sereno.
Alcuni esempi classici di vanità
Si bara sul prezzo di ciò che si è acquistato per far sapere agli altri che abbiamo potuto permetterci una spesa da nababbi (“ho speso centomila euro per arredare la casa!”).
Si va in giro con un Rolex quando si sa già che si dovrà lavorare tutta la vita per pagarsi il mutuo della casa.
Si compra un abito firmato perché in certi ambienti non si può andare senza.
Quando un conoscente ci trova alla guida della macchina di piccola cilindrata, ci si affretta a informarlo che “ho l’auto di mia moglie, perché la mia Mercedes è dal meccanico”.
Si potrebbero fare decine di altri esempi, ma dovrebbe essere ormai chiaro che si può dedurre una definizione che vale per tutti i vanitosi:
la vanità è la gioia degli stupidi.
Così, per vostra tranquillità personale, provate il test Sei vanitoso o trasandato? per essere certi di non finire nei prossimi esempi di vanità inconscia…

Mito della vanità – Il cacciatore Narciso, famoso per la sua bellezza, s’innamora della sua immagine riflessa in uno specchio d’acqua e muore cadendo nel lago in cui si sta specchiando.
Significato in psicologia, in filosofia, nella religione e nell’arte
Psicologia – Il termine è usato correttamente se assume una connotazione autonoma, scorrettamente quando è sinonimo di narcisismo (quindi a livello patologico). Il narcisismo fu descritto per la prima volta nel 1899 da Paul Näche e fu ripreso successivamente da Otto, Sigmund Freud, Havelock Ellis, sempre per indicare una perversione sessuale.
Filosofia – Spesso vanità è associata a comportamenti di egoismo e superbia, anche se ci sono tentativi di rivalutarla (M. Cooley). Secondo Nietzsche “la vanità è la paura di apparire originali: perciò è una mancanza di superbia, ma non necessariamente di originalità”.
Religione – In molte religioni la vanità il rifiuto di Dio che condanna l’uomo a non ricevere la grazia divina (vedasi la storia di Lucifero e di Adamo ed Eva). Nella mitologia greca la vanità di identifica con Narciso, che s’innamora della sua immagine riflessa nell’acqua e non riesce più ad allontanarsene, fino a morire d’amore per sé. Nella religione cristiana la vanità diventa un esempio di superbia, anche se originariamente il monaco Evagrio distingueva fra superbia e vanagloria.
Arte – Spesso è una natura morta che indica la vacuità dell’esistenza:
- Natura morta con bouquet e teschio di Adriaen van Utrecht,
- Vanità, di Juriaen van Streeck
- Vanità, di Philippe de Champaigne
- Vanitas, di Jacob Marrel
Altre volte vengono raffigurati anche personaggi viventi
- Giovane col cranio, di Frans Hals
- Vanità, di Tiziano
- Trittico che rappresenta il memento mori, di Hans Memling
- Allegoria della vanità, di Pietro della Vecchia