Per un’ottima qualità della vita è fondamentale la valutazione del rischio connesso alle attività che noi facciamo. Se per esempio decidiamo di andare in vacanza, ci chiediamo almeno se è più rischioso andare in Gran Bretagna o nello Yemen?
Spesso le persone offuscano la loro ragione perché “vogliono” arrivare a una risposta; è per esempio il caso dell’alpinista che ci dice che valuta sempre i rischi considerando “condizioni fisiche/mentali, meteo, tempo a disposizione, difficoltà della via/condizioni della roccia, stato psico-fisico dei compagni ecc.”. Lodevole posizione, ma la pratica dimostra che sono molti i grandi alpinisti che sono tragicamente scomparsi pur avendo una grandissima esperienza e mettendo in atto tutte le precauzioni del caso.
Il caso dell’alpinista “diligente” è simile quello dell’amante della corsa che fa di tutto per non infortunarsi. Qualunque runner sa che, per quanto sia attento e responsabile, prima o poi si infortunerà. Quindi non ha pregio basarsi sulla “diligenza” quasi fosse un talismano che ci permetta di continuare a praticare un’attività (spesso un nostro oggetto d’amore).
L’esempio appena fatto mostra che è necessario un discorso più concreto, non basato sulle sensazioni o sui nostri desideri. Infatti, dobbiamo ricordarci che per un soggetto equilibrato
Prima di attivarci su un’attività (anche un nostro oggetto d’amore) dobbiamo capirlo “razionalmente”. Vediamo cosa si intende supponendo di voler praticare l’attività X.
Rischio: l’evento soglia
Dobbiamo fissare un esempio soglia, cioè l’evento che non siamo disposti ad accettare. Banalmente, l’evento soglia più tragico è la morte, ma in moltissime altre attività l’evento soglia è meno drammatico. Per esempio, non abbiamo intenzione di subire un grave incidente dalle conseguenze irreversibili (rimanere su una sedia a rotelle o, meno tragico, rimanere parzialmente invalidi e non poter più praticare certe attività) oppure, scendendo nella scala di gravità, una frattura che ci tenga bloccati per tre mesi ecc.
L’evento soglia lo fissiamo noi, ma è ovvio che la saggezza di una persona si vede anche come fissa l’evento soglia. L’evento soglia è soggettivo, ma deve essere tale che, in tutta onestà, dobbiamo ritenere che se quell’evento si verificasse a Tizio potremmo asserire che la sua qualità della vita possa essere comunque massima. Non possiamo asserire che, se resto paralizzato o se resto cieco, la mia qualità della vita può essere comunque massima perché chiunque è in tali condizioni vorrebbe non esserlo!
Rischio: la probabilità soglia
Consideriamo un’attività cui praticamente tutti (come guidatori, passeggeri, pedoni ecc.) siamo soggetti: la mobilità stradale e i conseguenti incidenti stradali.
L’ISTAT ci dice che in Italia ci sono circa 20.000 fra feriti gravi e morti ogni anno. Se l’evento soglia è il grave incidente stradale, significa che un italiano ha una probabilità su 3.000 di subire un incidente grave (i numeri sono arrotondati per comodità di lettura). Se si considera la vita media di un italiano (o il periodo relativo all’attività praticata), ognuno di noi ha una probabilità su 40 di subire un incidente grave durante la sua vita.
La correzione della probabilità soglia
Stupiti di un numero così “coinvolgente”? Beh, si deve ora applicare la diligenza di cui parlavamo a proposito dell’alpinista: calcolare quanto si abbassa il nostro rischio se usiamo comportamenti virtuosi. Qui possiamo usare dei numeri “ufficiali” per iniziare a stimare il dato che ci serve. Sappiamo per esempio che
- un terzo dei morti riguarda le due ruote (l’automobile è più sicura, quindi già considerando la sola auto il “40” aumenta)
- la fascia oraria 23-06 è critica per un certo tipo di utenza (stragi del sabato sera)
- molti incidenti avvengono sotto l’effetto di stupefacenti e/o di alcol (non si scorporano le vittime passive, ma sicuramente gli autori attivi, se non mi metto al volante ubriaco ecc.)
- molti incidenti avvengono per l’alta velocità (anche qui si scorporano i soggetti attivi) ec
Avere questi dati è lungo e laborioso, a volte impossibile. A questo punto interviene il senso statistico cercando di dare una probabilità a quei fattori cui, per diligenza, io non sono soggetto.
Un rischio ragionevole può diventare per esempio 1 su 1.000. Un rischio, per esempio, di 1 su 100 è irrazionale perché fra lavoro e vita privata potrei anche arrivare a diverse attività pericolose (fare il muratore è più pericoloso che fare il poliziotto!) e le probabilità si sommano!
Rischio: la frequenza
Oltre al comportamento diligente, entra in gioco anche la frequenza che io uso per praticare l’attività. Ovvio che se mi lancio con il paracadute dieci volte all’anno è diverso dal farlo tutti i giorni. Una frequenza ridotta corregge ulteriormente il dato trovato sopra della probabilità soglia corretta per diligenza: un conto è un pendolare che tutti i giorni fa la tangenziale e un altro è quello di chi si muove due o tre volte la settimana solo in città e usi la macchina per lunghi tragitti fuori città solo per qualche week-end e quando va in vacanza.
Partendo da 1 su 40 potrei “stimare” che la mia condizione sia tale da diventare 1 su 2.000 e quindi l’esame auto è passato!

In Italia le vittime di incidenti di caccia sono 5-6 per anno, ma il rischio è praticamente nullo per chi caccia da solo
Un esempio concreto
Consideriamo un’attività potenzialmente rischiosa, la caccia.
Parto dalle stime degli animalisti. Ovviamente la stima è partigiana, ma va bene così perché è più “critica”.
Nell’ultima stagione l’Associazione vittime della caccia ci dice che ci sono stati 20 morti, senza peraltro riportare i venti casi. Poi ne aggiunge 7 in ambito extravenatorio (tipo il colpo partito per caso in casa perché si deteneva un fucile da caccia carico per eventuali intrusioni): ovvio che questi 7 per la pratica della caccia non contano, ma entrano nelle vittime “civili” citate dall’associazione di cui sopra!
Andiamo su quotidiani seri e cerchiamo la cronaca degli incidenti di caccia. Incominciamo a scorporare dai 20 morti quelli che sono morti per un infarto (gli animalisti contano anche questi) e quelli caduti in un dirupo (cosa che può capitare anche a un cercatore di funghi), se chi sta eseguendo la statistica caccia nella Pianura padana o in altre pianure, non sulle Alpi. Troveremo 5-6 vittime all’anno, alcune delle quali dubbie (da Repubblica: Nel messinese – Ucciso in campagna: agguato o incidente di caccia?). Consideriamoli comunque tutti: nessuno, ripeto, nessuno, si è sparato da solo, ma è stato ucciso da un compagno di caccia. Supponiamo comunque che ci sia una vittima (il fucile gli è esploso fra le mani!). Avremo una probabilità su 700.000 mila, se caccia da solo in pianura per 50 anni diventa 1 su 14.000.
Stesso discorso può essere replicato per alpinisti, paracadutisti, sciatori fuori pista, cercatori di funghi, motociclisti, ciclisti agonisti, runner che corrono per strada ecc.