Il rimorso è quel sentire tormentoso e doloroso che nasce dalla consapevolezza di un male commesso; chi lo prova lo percepisce come un profondo turbamento accompagnato da pena, angoscia, a volte dolore, per le conseguenze negative delle azioni commesse; il rimorso si presenta molto spesso accompagnato dal senso di colpa.
Il significato di rimorso è spesso considerato intercambiabile con quello del senso di colpa, ma i due concetti presentano una differenza di fondo: il rimorso è uno stato emotivo (che quindi diminuisce il bilancio esistenziale del soggetto) mentre il senso di colpa è un sentimento che è la conseguenza di un rimorso. Da questa distinzione si evince chiaramente che un obiettivo concreto è di bloccare la trasformazione del rimorso in senso di colpa.
Il rimorso può anche riguardare sé, cioè riferirsi a comportamenti errati che hanno arrecato danni a sé stessi (per esempio, l’alcolizzato o il drogato).
Nella storia evolutiva e in psicologia, al rimorso è data anche una valenza positiva in quanto proprio quel rimordere della coscienza per il danno causato può portare a riesaminare le azioni commesse e costituire la motivazione per introdurre importanti cambiamenti nei comportamenti.
La consapevolezza di avere causato danno/dolore, anche se a volte parzialmente mitigata dalle attenuanti che molti tendono a riconoscersi, può diventare la grande molla per una profonda revisione di sé e fare da movente per un deciso cambio di vita e di crescita personale.
A puro titolo informativo, si deve anche aggiungere che nei casi peggiori (per la particolare gravità del male causato e/o per l’eccessivo carico emotivo che il soggetto percepisce) il rimorso può diventare patologico, ossessivo e necessitare di interventi medici mirati.
Le religioni hanno da sempre fatto leva anche sul meccanismo del rimorso, attraverso il quale chi ha violato i codici di comportamento stabiliti (quasi sempre correlati col concetto di bene e di male) dovrebbe percepire profondamente il proprio errore in modo da ravvedersi e tornare presto all’ovile. È noto a tutti, indipendentemente dal ritenerlo veramente accaduto, l’esempio di Giuda che si suicidò a seguito del rimorso per aver “venduto” Gesù.
Ora, lasciando gli aspetti più teorici e le sottigliezze linguistiche, preme evidenziare che dal punto di vista della qualità della vita, il rimorso deve essere considerato soprattutto come un sentire negativo che ha come premessa causale una cattiva comprensione della realtà e che pone chi lo prova in uno stato di malessere, interferendo anche pesantemente sull’agire quotidiano, in evidente contrasto col concetto di felicità.
Infatti, proprio perché ci si pone come obiettivo la felicità, una delle prime attività da svolgere è quella di rivedere e ripulire la mente e i comportamenti da tutti quei fardelli che intralciano il cammino; bisogna imparare a fare costantemente pulizia nello zaino che si porta addosso e buttare via tutto ciò che lo appesantisce.
Questo non vuol dire diventare totalmente insensibili e fregarsene aprioristicamente degli altri, ma piuttosto mettere le cose al posto giusto.
Rimorso: siamo noi che lo agevoliamo!
Premesso che chiunque potrebbe incappare in un errore, anche del tutto involontario, e causare sofferenza ad altri, ci sono alcune personalità critiche che, per loro caratteristiche, sono più soggette al possibile meccanismo del rimorso:
- irrazionale: la scarsa razionalità può essere la madre di importanti errori esistenziali, anche con effetti a lungo termine, che possono causare dolori e sofferenze a sé stessi e ad altri [perché si è sposata la persona sbagliata, perché si sono persi tutti i risparmi di famiglia (con le conseguenze che ciò comporta), per aver sbagliato ingenuamente un investimento, ecc.];
- dissoluto: la cattiva gestione del proprio corpo (in ambito alimentare, sessuale ecc.) può lasciare segni pesanti, dolore e, a volte, la “redenzione” avviene fuori tempo massimo;
- insufficiente: appoggiarsi d’abitudine agli altri impedisce di acquisire quell’autosufficienza che rende autonomi e senza la quale si rischiano dolorosi ritiri anticipati dalla vita attiva;
- indeciso: l’incapacità decisionale è una delle principali fonti di errore e di possibile conseguente dolore;
- violento: chi usa la forza nei rapporti può più facilmente essere causa di dolore ad altri, direttamente o indirettamente; a volte può essere tardi per ravvedersi, ammesso che se ne sia capaci;
- patosensibile: soffrire e percepirsi ingiustificatamente concausa per il dolore nel mondo (che è molto e ovunque, ma di cui non si è assolutamente responsabili), è di per sé quasi una garanzia per provare rimorsi e sensi di colpa;
- vecchio: vivere pochissimo il presente e guardare ancora meno al futuro, sono le condizioni per vivere molto nel passato; con questa attitudine di “vita” non è difficile scovare fatti del tempo andato per i quali provare rimorso.

Il rimorso è quel sentire tormentoso e doloroso che nasce dalla consapevolezza di un male commesso
Rimorso: come affrontarlo in modo positivo
La strada percorre due direzioni:
- affrontare criticamente e risolvere gli eventuali rimorsi esistenti;
- imparare a praticare comportamenti che impediscano di crearne di nuovi.
Il punto 1 passa attraverso la revisione di quanto successo: cercare di rimediare al dolore provocato (per esempio abbiamo omesso la manutenzione della caldaia che è scoppiata: nel crollo del muro il vicino ha perso una gamba), attraverso il risarcimento del danno nel caso non ci fosse l’assicurazione. Dopo di ciò, per quanto possa dispiacere, non ha senso portare a vita il peso di quanto accaduto.
Il punto 2 passa attraverso l’eliminazione delle criticità della personalità che hanno “agevolato” gli errori e nel fare tesoro di quanto successo per evitare di commettere errori simili in futuro. Insomma, diventare equilibrati è una polizza assicurativa che riduce in modo drastico le possibilità di errore.
Come si vede, si passa comunque attraverso un lavoro su sé stessi perché è sempre necessario ricordare che la realtà è quella che è, non quella che vorremmo che fosse.
Molte persone fanno una fatica immane a cambiare qualcosa in loro stesse e non sempre ci riescono; altre si cimentano in grandi sforzi con l’illusione di cambiare la moglie o un amico; con queste premesse è del tutto utopistico pensare di poter modificare la realtà che ci circonda e che è fatta di un numero enorme di variabili che non sono sotto il nostro controllo.
Quindi, se si vuol raggiungere un obiettivo per la propria vita e per quella delle persone che stanno nel proprio mondo dell’amore, se si persegue l’obiettivo della felicità, non c’è che un’unica strada sicura: impegnarsi a migliorare sé stessi!
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Tino Gallinari
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