Relazionarsi con gli altri potrebbe essere il titolo di un interessante libro di psicologia. Appare quindi eccessivo pensare di risolvere il problema con un articolo. Mi sono però accorto che la cosa si semplifica notevolmente se consideriamo le relazioni “disinteressate”.
L’aggettivo indica quelle relazioni in cui non abbiamo un chiaro ed evidente scopo personale. Sono escluse, per esempio, le relazioni di coppia oppure quelle sul luogo di lavoro. Una relazione disinteressata è quella che si ha per esempio con un conoscente, con una persona incontrata per strada o in un luogo pubblico; è disinteressata anche la relazione con un vicino o con un amico su temi che non ci toccano con un riscontro pratico. Se per esempio discuto con il vicino di politica, la relazione è disinteressata, se invece parlo della sua pianta che invade il mio giardino, ovvio che l’interesse personale ci sia. Vedremo quindi come gestire le relazioni disinteressate.
La prima cosa da fare è capire a quale mondo appartiene il nostro interlocutore: amore, indifferenza (mondo neutro), odio. Tralasciamo il mondo dell’odio perché una persona equilibrata ha da un lato un mondo dell’odio vuoto o scarsamente popolato e dall’altro, se non è vuoto, viene gestito in maniera del tutto particolare nel relazionarsi con chi vi rientra.
Mondo neutro (dell’indifferenza)
L’errore più comune è di scambiare la relazione come una gara dove la nostra personalità deve emergere. Caso classico i forum, Facebook e i social in genere dove, nel relazionarsi con gli altri, chi scrive, pur non conoscendo la controparte, si arrovella per dimostrare di avere ragione, che il suo punto di vista è quello giusto ecc. Analogamente, chi si sente schiacciato nella discussione può sentirsi carente di autostima (per aver perso la gara). Così, nella quotidianità c’è chi si approfitta degli altri (vince la gara) anche se sono semplici conoscenti e chi li subisce, non essendo capace di dire di no.
La regola generale è: mantenersi distaccati e mantenere le distanze.
Tradotta in termini pratici, di fronte a un contatto esterno, si parte con ignorarlo. Se Tizio ci racconta che il tal leader politico è un cretino, se noi apprezziamo il personaggio pubblico, è inutile replicare, si ignora. Se Tizio chiede un aiuto che ci costerebbe tempo che preferiamo dedicare ad altro, si declina gentilmente.
La regola generale è che è assurdo cercare amici dove non ci sono, cercare contatti umani con chi dovrebbe risultarci neutro, magari accettando tutta una serie di criticità della sua persona. Questo punto è molto importante per chi non sa gestire la solitudine (vale la perla di saggezza “meglio soli che male accompagnati“).
Purtroppo, non sempre si può usare la regola suddetta: capita quando Tizio è troppo pressante e/o si rivolge direttamente a noi. Anziché scendere sul suo stesso piano, cercando di giustificare la nostra posizione o la nostra risposta, conviene utilizzare la seconda regola: con ironia/sarcasmo si sottolinea l’inutilità della discussione o della richiesta. Vediamo un paio di esempi.
Tizio mi elenca le virtù del papa, confrontandole con il basso spessore morale di tanti altri personaggi pubblici. Risposta: “guarda, io non sono credente e trovo che, a prescindere da ciò che di buono faccia il papa, prendere in giro tantissime persone con qualcosa di palesemente irrazionale sia una colpa gravissima. Siamo diversi, finiamola qui”.
Un mio conoscente, Tizio, mi chiama e mi chiede se posso passare da lui perché ha un problema con il computer e, siccome sa che sono bravissimo (esagera per strappare un sì) con la tecnologia, ha pensato di rivolgersi a me. Risposta: “guarda, sono molto occupato, purtroppo se dovessi aiutare tutti gli amici (esagero per far capire che nemmeno con un amico avrei tempo) che mi chiedono di sistemare il loro computer, non riuscirei a fare tutto quello che faccio. Mi dispiace.”.
La risposta può essere più o meno dura, dipende dall’insistenza della controparte.
Questa seconda regola è molto importante per chi ha una bassa autostima o per chi ha una personalità debole, sempre incline al compromesso per evitare lo scontro (viene schiacciato dalla “forza” dell’altro), per chi è patosensibile (“si aiuta sempre chi ha un problema”, “non si parla mai male di nessuno” ecc.) e per chi è insufficiente (“potrei essere io nelle sue condizioni”).
Mondo dell’amore
Ovviamente dipende quanto amore rappresenta per noi la persona: il suo comportamento giustifica un nostro impegno, se non altro per la gratitudine di averci migliorato (poco o tanto) la nostra vita? Se no, le regole sono quelle valide per il mondo dell’indifferenza. Se sì, dobbiamo prendere atto che è giusto relazionarsi positivamente (entro ovviamente il limite che la nostra qualità della vita non peggiori oltre quanto la relazione con l’altro ce la migliora). Per esempio, se un amico parziale mi chiede di aiutarlo in questo o quello, può essere una buona occasione per passare del tempo insieme e goderlo piacevolmente. Analogamente, se un nostro amico ha un problema, aiutarlo (dandogli quello di cui ha bisogno, non necessariamente quello che chiede) è più che giustificato. Vale una terza regola: mantenere il disinteresse per la relazione, cioè non lasciarsi coinvolgere nel dimostrare a tutti i costi che abbiamo ragione o nell’agire in modo troppo coinvolto, cosa che potrebbe provocare strascichi nel futuro.
Quindi: consigli, non pressioni (o peggio ordini); propri punti di vista, non lavaggi del cervello ecc. Mostrarsi troppo coinvolti in qualcosa che tutto sommato non ci tocca (la relazione è “disinteressata”) è il miglior modo per non apparire credibili.