In questo articolo parliamo di partner e di scelte sbagliate.
Poiché ci stiamo interessando a recuperare situazioni generate da scelte non felici, in questo articolo partner può stare per coniuge o per convivente.
Se si rileggono le regole per un buon matrimonio (unione) spesso ci si accorge che molte di esse non sono state rispettate, nell’euforia della gioventù oppure per un’applicazione della strategia dell’ultima spiaggia.
Alla fine ci si trova con una persona che amplifica quelle convenzioni sociali (“caro, ricordati che domenica dobbiamo andare a pranzo dagli zii…”; “ma domenica ho quella gara…”; “ah sì, ma non ne avevi già fatta una qualche mese fa?”. Oppure: “cara, ricordati di prepararmi lo stufato con le patate che mi piace tanto”; “ma oggi volevo andare in palestra”; “ah, sì, ma non ci sei andata la settimana scorsa, tanto se metti su qualche chilo mi piaci sempre”; leggasi: lo stufato riesci comunque a cucinarmelo) che avvelenano la vita e ci fanno diventare “bravi ragazzi“.
Cosa fare quando si scopre che il matrimonio, anziché migliorare la qualità della nostra vita, l’ha peggiorata o stenta a mantenerla uguale a quando eravamo single? A questo punto ci sono due possibilità:
- il partner è collaborativo, vuole migliorare la sua vita, partecipa (con i suoi ritmi) alla rivoluzione.
- Il partner non è top, né soprattutto ha alcuna voglia di diventarlo.
Nel primo caso si è a cavallo. La “rivoluzione” può essere un modo per imparare insieme a vivere e rinsaldare l’amore. Si distruggeranno insieme le convenzioni sociali, si porrà attenzione a non lasciarsi sopraffare dalle attività di gestione della propria vita (la casa pulitissima, il giardino ordinatissimo, la macchina sfavillante ecc.), dalle apparenze (facciamo sacrifici per avere la villetta, per comprarci la macchina più spaziosa, per andare in ferie nel Paese esotico ecc.), da inutili rapporti umani superficiali ecc. per incominciare a vivere alla grande. Si sarà rispettosi degli oggetti d’amore del partner perché lui sarà rispettoso dei nostri. Se si hanno figli, si educheranno al meglio con amore e consapevolezza e si potrà avere una famiglia con un cielo senza nuvole. In questa atmosfera ogni difficoltà potrà essere vissuta come un’opportunità per riflettere e per migliorare ancora. Lo stimolo a migliorare sempre la propria vita, ogni giorno un poco, può essere gratificante, in fondo è una grande impresa.
Spesso uno dei due coniugi è più motivato: non deve commettere l’errore di pretendere che l’altro corra con i suoi ritmi, l’importante è che quest’ultimo comunque “vada avanti”.
Nel secondo caso le cose non si mettono molto bene. Ci sono due sottocasi classici.
La consapevolezza di aver sbagliato partner
Si è consapevoli di aver sbagliato partner o che comunque quest’ultimo non è il massimo della vita. Questa consapevolezza è ormai avvertita nella società, tanto che nei Paesi industrializzati il numero di matrimoni è in continua diminuzione, mentre aumenta la percentuale dei divorzi.
Nel 2005, per la prima volta, negli Stati Uniti la maggioranza delle donne viveva senza un marito. Ciò non deve suonare come condanna del matrimonio, ma solo far riflettere sul fatto che trovare un compagno/a per tutta la vita non è automatico, scontato, necessario come le convenzioni sociali vorrebbero farci credere. Sentite cosa dice ai media la sessantenne Carol Crenshaw, rimasta sola dopo 33 anni, per la quale la solitudine (dovrebbe rifletterci sopra chi adotta la strategia dell’ultima spiaggia) è un privilegio: “Per la prima volta in vita mia posso fare ciò che voglio”.
Molte persone consapevoli divorziano; molte non lo fanno per una serie di ragioni come i figli, i soldi, la paura della solitudine ecc. Alla base di queste ragioni ci sono sicuramente punti di forza e punti di debolezza che andrebbero esaminati caso per caso. In linea generale si può però notare che
i punti di forza del mantenere comunque l’unione aumentano con l’età della persona.
Una persona di 30 anni che si accorge di non avere un’unione felice non può portarla avanti per tutta la vita (magari sperando che “le cose si aggiustino”), costi quel che costi (gli errori sono sempre esperienza, l’importante è non ripeterli!); comunque il tema divorzio è ampiamente trattato in La felicità è possibile.
Ovviamente per una persona di 60 anni le ragioni per non divorziare sono molto più concrete e si può optare per una strategia da separati in casa. Tale strategia è attuabile solo se c’è consapevolezza anche nel partner che l’unione è fallita e che nulla si può chiedere al proprio coniuge/convivente. Intendiamoci: la strategia non comporta necessariamente cattivi rapporti, anzi; si basa solamente sulla completa autosufficienza dei due coniugi, un po’ come se fossero due semplici coinquilini. Funziona tanto meglio quanto maggiori sono rispetto e autosufficienza.
Se però la persona è debole, sopravvivente, insufficiente ecc. può darsi che commetta l’errore fondamentale di continuare con la strategia del compromesso sulla libertà: cedere parte della propria libertà (del tipo: “al sabato sono a tua disposizione per le faccende, ma lasciami libera la domenica”), illudendosi di avere la libertà totale. Questa è purtroppo una situazione molto comune: la rivoluzione è fallita!

Riconsiderare il partner può alzare notevolmente la qualità della vita se si sa gestire la consapevolezza
L’ignoranza
Manca la consapevolezza della scelta sbagliata, anche se di fatto si è vittima delle limitazioni di un matrimonio non felicissimo. In genere l’ignoranza è data da una debolezza di base della personalità. Il soggetto è debole o sopravvivente, vede i compromessi del suo matrimonio come necessari e, provando comunque affetto per il partner (che spesso contraccambia), è portato a ritenere la sua unione come “felice”; questa situazione “tarpa le ali” alla persona, ne fa un “bravo ragazzo” o una “brava ragazza” che avrà la sua bella vita sufficiente, ma non certo la migliore possibile. Una persona che non diventerà mai top. Infatti:
se il partner non è top e non è collaborativo, è pressoché impossibile esserlo…
Il punto è che la persona con cui viviamo comunque influenza la nostra vita, se vuole che valgano le sue regole (diverso è il caso in cui essa accetta che a condurre il matrimonio sia la persona top). Non si tratta di una semplice relazione (nella quale i difetti della persona possono manifestarsi quando “non ci siamo”), ma di una convivenza o di un matrimonio. Non si tratta di accettare generici difetti, si tratta di accettare una visione della vita che non è la mia e nella quale io sono coinvolto. Se sono un debole, un pacifico, un sopravvivente ecc. posso far buon viso a cattiva sorte e accettare le limitazioni che devo subire. Pensiamo:
- al marito che deve scarrozzare la moglie perché questa, nel XXI secolo, non ha la patente;
- alla moglie ancora sprint che deve rivedere il suo tempo libero perché il marito, una volta molto attivo, ammazzato dai chili di troppo, dice troppo spesso “quand’ero giovane”, “non ho più l’età” ecc. ecc.;
- alle coppie che si vedono solo pochi minuti al giorno (ricordate che l’amore si dimostra con le azioni), tutte prese dal loro lavoro, dai loro hobby e si “riuniscono” solo quando ci sono problemi o solo per “far andare avanti la casa e la famiglia”;
- a chi ha un partner (non top) distrutto dal tempo (e fra dieci anni, anziché la moglie o il marito, sembrerà la madre o il padre!) e con il quale l’intesa sessuale è ormai deficitaria (ma, si sa, “dopo anni che si è sposati… il sesso non è importante” ecc. e allora è meglio sognare Brad Pitt o Jennifer Lopez o il/la collega dell’ufficio);
- a chi litiga frequentemente (ma “è normale, dopo tanti anni di matrimonio”…) o, per non farlo, evita di stare insieme;
- a chi subisce per anni un partner depresso, ansioso, stressato.
Provate questo test: quell’ipercritico di Albanesi cosa troverebbe di “non top” nel mio matrimonio, in me, nel mio partner? Se c’è qualcosa, correte ai ripari.
L’importante è vivere, non sopravvivere, accontentandosi di quello che si ha solo perché si è di animo accomodante.
Quale dovrebbe essere la strategia per l’ignorante? Ovvio:
- prima diventare consapevole;
- poi applicare la strategia del consapevole.
Per esperienza purtroppo so che molti ignoranti, divenuti consapevoli, scelgono la strategia dei separati in casa, ma la applicano nella versione sbagliata, quella del compromesso sulla libertà.