Il matrimonio è uno dei cardini della società moderna. È incredibile notare l’ottimismo con cui molte coppie si avvicinano a esso; tale ottimismo non è sempre giustificato dall’amore che lega i componenti la coppia, anzi, in molti casi è solo frutto di un approccio superficiale a una scelta di vita che può avere risvolti anche irreversibili. Se si considera che:
- molti matrimoni falliscono (vedasi report ISTAT riportato nel nostro articolo Perché i matrimoni falliscono);
- 9 coppie su 10 non si riformerebbero dopo 10 anni (cioè solo una coppia si risposerebbe),
sembra ragionevole porre molta attenzione al passo che si sta per compiere.
Vogliamo elencare un insieme di consigli su cui tutte le coppie dovrebbero riflettere attentamente. Per chi ha già compiuto il grande passo è un buon test per valutare la solidità del proprio matrimonio o per capire perché non ha funzionato.
I vari punti sono trattati nel nostro testo La felicità è possibile (tra parentesi le personalità critiche interessate).
I consigli per la personalità critica – Non sposarti:
- se pensi che ci sia un’unica persona che può darti la felicità (romantici).
- Se pensi che il matrimonio sia lo scopo della vita (mistici, romantici, insufficienti, semplicistici).
- Se pensi sia giusto sacrificare la tua vita per il matrimonio (mistici, romantici, inibiti).
- Per un colpo di fulmine (romantici).
- Se non ami te stesso (svogliati, deboli, sopravviventi).
- Se non sei fedele (dissoluti).
- Se sei violento, possessivo, geloso (violenti).
- Se non sai affrontare la solitudine (deboli).
- Per interesse (insufficienti, apparenti).
- Se i tuoi genitori influenzano ancora la tua vita (deboli, succubi).
- Se pensi che i tuoi futuri suoceri potrebbero influenzare la tua vita (deboli, succubi).
- Per avere una vita sessuale (deboli, inibiti).
- Per avere dei figli (mistici, deboli).
- Se pretendi che il coniuge “risolva” la tua vita (insufficienti, violenti, insoddisfatti, insofferenti).
Nel partner valgono le stesse regole della personalità critica riferite al futuro coniuge.
Verificare che esista la compatibilità – Non sposarti:
- se pensi di cambiare il carattere del tuo partner con o dopo il matrimonio.
- Se pensi che il matrimonio si basi sui compromessi.
- Se litigate spesso.
- Se state bene solo se vi vedete “poco”.
- Se non c’è stima reciproca.
- Per tenere in piedi una relazione.
- Se prima non avete deciso se e quanti figli avere.
- Se non avete la stessa visione sull’educazione dei figli.
- Se non avete la stessa visione sulla ricchezza e sulle aspettative economiche.
- Se prima del matrimonio non hai accertato che vi sia una buona intesa sessuale.
Regole pratiche – Alcune semplici regole di utilità pratica:
- non sposarti solo per uscire di casa.
- Non sposarti con chi è troppo occupato per prestarti attenzione.
- Mantieni e migliora il tuo aspetto fisico.
- Ricorda che una famiglia numerosa va mantenuta.
- Non andare a vivere con i tuoi genitori né con i suoceri.
- Scegli il regime di separazione dei beni.
- Se hai figli, tieni conto che in caso di separazione la casa coniugale e la custodia dei figli spettano quasi sempre alla madre e che l’assegno di mantenimento per i figli non è elevato se il reddito del padre è modesto.

Il matrimonio in Italia è sempre meno diffuso e più della metà degli sposi scelgono ormai il rito civile
Matrimonio o convivenza?
Basta dare una scorsa alle regole per comprendere la statistica citata all’inizio dell’articolo: un buon matrimonio è una cosa veramente difficile, anche se è sicuramente una condizione facilitante. A differenza delle convenzioni sociali e culturali che attribuiscono ottimisticamente a certi fenomeni (matrimonio, nascita di un figlio ecc.) una valenza positiva assoluta, è sufficiente un attimo di riflessione per capire che il valore esistenziale del matrimonio dipende dalla sua qualità, potendo essere un plus, ma anche un minus significativo nella nostra vita.
Questa situazione è chiaramente avvertita da tutti coloro che nel dubbio preferiscono semplicemente convivere. Fondamentale la locuzione “nel dubbio”: chi non ha dubbi su sé stesso o sul partner ed è contrario al matrimonio dimostra un approccio alla realtà piuttosto casuale, vittima degli stessi condizionamenti di tutti coloro che ritengono il matrimonio sempre e comunque positivo (1). Non è infatti contestabile che nei Paesi occidentali la legislazione favorisca ancora chi si sposa rispetto a chi convive; anche se si tende a parificare le condizioni, sarebbe superficiale non considerare questa penalizzazione “legale”. D’altro canto perché non vi siano dubbi è necessario che
- le due persone siano equilibrate;
- le due persone siano compatibili;
- esistano condizioni pratiche che non penalizzino il matrimonio.
Questi tre punti sono riassunti sinteticamente nelle regole sopraesposte, regole che sono solo un veloce riassunto dei motivi che più frequentemente causano la crisi matrimoniale o comunque una profonda insoddisfazione.
Equilibrio – Non limitatevi pertanto a scorrere le regole, ma riflettete su tutti i casi in cui i tre punti possono riguardare il caso particolare. Se, per esempio, il partner è una persona decisamente svogliata, sarà molto difficile che possa portare nel matrimonio una sferzata di energia. Accettare i propri e gli altrui difetti è come vivere in una casa fragilissima in una zona sismica: può darsi che tali difetti siano gestibili, ma può anche darsi che facciano crollare tutto. Notate l’ultima regola della personalità critica: poiché avere dei figli è naturale nel matrimonio, si potrebbe pensare che sposarsi (solo) per avere dei figli sia accettabile. In realtà, chi pone questa (sua o dell’altro) motivazione alla base del matrimonio si predispone a problemi futuri: se i figli non vengono? Se una parte alla fine presta più attenzione ai figli che alla sua controparte (condizione questa molto comune)?
Compatibilità – Prima del matrimonio è fondamentale sondare la compatibilità dei coniugi. Non trattare molti argomenti sperando che non si presenteranno mai, che alla fine si potrà convincere il coniuge delle proprie idee, che tutto si supera con l’amore ecc. è sicuramente un atteggiamento superficiale e purtroppo molto diffuso nella popolazione. Nel 90% dei casi questi discorsi si fanno solo a grandi linee. Se si è fortunati va tutto bene, ma se non lo si è, le conseguenze possono essere devastanti.
Pratica – La famosa battuta “io non ho che te, tu non hai che me, non abbiamo granché” è un esempio di cosa significhi essere pratici: l’inizio romantico viene dissacrato dalla considerazione che il matrimonio e l’amore non possono prescindere dalla realtà e dalle condizioni in cui sono vissuti.
Conclusione: scegliere fra matrimonio e convivenza è una decisione che non può prescindere dalla fattispecie del caso in esame.
Dimmi come ti sposi e ti dirò chi sei
Il modo di organizzare un matrimonio può essere un buon indicatore esistenziale.
La chiesa – Ormai solo il 25% della popolazione è cattolica praticante, eppure molti neofarisei o non credenti continuano a sposarsi in chiesa. A prescindere dal successivo discorso sui costi, tale atteggiamento (cioè sposarsi in chiesa senza essere cattolici praticanti, cioè senza andare almeno a messa tutte le domeniche [2]) è tipico del debole (non sa dire di no ai genitori o al partner), del sopravvivente (che non vive la religione, ma per condizionamento preferisce non prendere posizione e far credere agli altri che tutto sommato è un credente “a modo suo”) e del romantico (che fa prevalere i suoi sogni sulla sua condizione di non praticante).
Le spese – La spesa totale, il numero degli invitati, la località ecc. sono sicuramente indicativi della personalità di chi organizza. Si dovrebbe parlare di sposi, ma purtroppo il più delle volte intervengono anche i genitori (per esempio nella lista degli invitati oppure della località), evidente sintomo del fatto che i due poveri ragazzi non hanno ancora effettuato il distacco da genitori/suoceri.
Esiste una chiara correlazione fra costo del matrimonio e modernità della società in cui si organizza.
In Italia, per esempio, sono le regioni del sud quelle in cui si spende di più per il matrimonio, tanto da arrivare a chiedere un assurdo prestito per sposarsi. Secondo un’inchiesta di alcuni anni fa del portale prestiti.it, sono le regioni più povere a guidare la classifica: con 20.000 euro è in testa la Calabria, ma in città come Benevento, Vibo Valentia, Sassari si raggiungono i 30.000 euro con una durata quinquennale del prestito. La regione più virtuosa? Il moderno Trentino Alto Adige che non raggiunge i 10.000 euro. Come dire: visto che siamo poveri, tanto vale caricarci di altri debiti e partire con un piede nella fossa esistenziale!
Perché spendere così tanto? Perché è il giorno più bello della propria vita? Certo, un romantico può pensarlo, anche se le statistiche ci dicono che in Italia poco meno di un quarto delle coppie finiscono per divorziare e molte altre stanno insieme per condizionamenti (soprattutto religiosi, visto che in Gran Bretagna divorziano il 49% delle coppie, in Francia il 46% e i Germania il 39%). In ogni caso non si capisce perché collegare la bellezza di un momento con lo sfarzo, una persona semplice non lo farebbe.
Sicuramente per molti il matrimonio è condizionato dal desiderio di apparire più grandi di quello che si è oppure dall’incapacità di dire chiaramente che i rapporti con parenti lontani sono del tutto insignificanti.
Romanticismo, apparenza, debolezza (verso i familiari e i parenti) o altro, in ogni caso, quando il costo del matrimonio è superiore allo status social della coppia (realisticamente quando si spende più di 3-4 stipendi degli sposi) c’è qualcosa che non va.

L’usanza di far pagare la festa di matrimonio ai genitori è ancora molto diffusa
(1) Per il Personalismo amore significa conoscenza, stabilità, frequenza e indipendenza. Se amo una persona che mi ama, sono equilibrato (quindi non ho una visione distorta dell’amore), non ho dubbi né su di me né su di lei, la “stabilità” mi orienta verso il matrimonio.
(2) Nota: andare a messa tutte le domeniche non è sufficiente per dirsi buoni cattolici, ma è sicuramente necessario perché il cattolico è colui che rispetta i precetti della Chiesa cattolica e uno di questi è di santificare le feste.
I COMMENTI
Verità scomode
Domanda secca: possono due persone di religioni diverse avere un’unione felice?
Se i due sposi sono falsi credenti (neofarisei), sicuramente sì. Resta il problema di educare i figli, ma si può sempre trovare la scusa di non educarli a nessuna delle due religioni (senza cioè far subire la parte liturgica), semplicemente informandoli, “tanto poi decideranno loro”. Soluzione ragionevole, ma perché allora non ammettere che si è credenti di facciata, invece di spacciare una fede superficiale?
Se i due sposi sono veri credenti, l’unione sarà impossibile, a meno che uno dei due non sia succube dell’altro. Come si può stimare una persona che non crede nel mio Dio, Dio di cui ho assoluta certezza? Posso tollerarlo, ma non stimarlo. Come posso permettere che i miei figli non seguano un percorso che è quello della Verità?
Molti di voi saranno d’accordo con questa analisi razionale (lasciamo perdere che “al cuore non si comanda” o altre sciocchezze simili); la brutta notizia è che magari loro fanno esattamente come i due novelli sposi. Quante coppie in Italia sono formate da un vero credente (che va a messa tutte le domeniche, che fa educare cattolicamente i figli ecc.) e da un (di fatto) agnostico/ateo?
Finché giudice non vi separi…
Il fatto che negli ultimi decenni i divorzi siano aumentati significa che la gente si sta svegliando e che certe convenzioni sociali si stanno sgretolando. Dei matrimoni che resistono, probabilmente solo uno su 10 può dirsi felice, quindi, in teoria, nei prossimi anni i divorzi potrebbero aumentare esponenzialmente… o la gente si sposerà di meno!
Ultima spiaggia, pressioni familiari, concezione romantica (il matrimonio è visto sempre e comunque come un valore), paura della solitudine, insufficienza (si ha bisogno di un partner per affrontare la vita, magari anche dal solo punto di vista economico) ecc. sono alcuni dei tanti motivi errati che spingono la gente a sposarsi “male”. Se poi si aggiungono gli errori successivi al matrimonio, è comprensibile il grande numero di naufragi.
La cosa che più sorprende è che chi è convinto che il loro matrimonio sia felice (ovvio che questi non divorzieranno mai). Sono le persone che hanno bisogno di una facciata, che vivono il matrimonio secondo le massime del “litigare è normale, lo fanno tutti”, “il sesso dopo un po’ non è importante”, “non vedersi spesso fa bene al matrimonio” ecc. Sopravviventi.
Se il matrimonio diventa un macigno
Che dire di un matrimonio riparataore in caso di inaspettata gravidanza?
Occorre premettere che due persone che si amano non possono modernamente considerare solo i due estremi della questione fra aborto e matrimonio. La scelta prioritaria è se tenere il bambino oppure no. A prescindere da considerazioni sull’irresponsabilità di chi al giorno d’oggi resta incinta “per caso”, sulla moralità dell’aborto si deve notare che
- se non si tiene il bambino, il problema matrimonio non si pone;
- se si tiene, esiste un’altra opzione molto più ragionevole, la convivenza.
Essere “costretti” a sposarsi è un macigno che ci si porta dietro tutta la vita; molte coppie non superano affatto la costrizione e fanno boom dopo pochi anni. La convivenza è invece una scelta moderna che dà alla coppia l’opportunità di capirsi e di mettersi alla prova. Se funziona, il matrimonio può essere la naturale evoluzione. Se non funziona si eviteranno tutte le incredibili difficoltà di un divorzio con figli, una situazione che è ottimistico sperare sia del tutto civile e indolore.
Ovviamente è anche un test per capire quali persone intorno a voi sono moderne e quali sono medievali: chi storce il naso davanti all’ipotesi di convivenza non è la persona più adatta a dare consigli utili ai novelli sposi, anzi può darsi che come metodo anticoncezionale sia rimasto alla cintura di castità.
Nozze… d’oro
Come va festeggiato un matrimonio?
1) Il matrimonio, come il compleanno, un anniversario ecc. è una festa perché si dà per scontato che le due persone si amino, che siano felici di compiere il passo ecc. Per cui è giusto festeggiarlo come si festeggia ogni momento di felicità. Se si è troppo rigidi si finisce per non festeggiare più nulla e la vita diventa troppo “frugale”, “essenziale”, alla fine un po’ povera.
2) È sicuramente vero che molti esagerano. Spesso è colpa della tradizione: in alcune regioni italiane il matrimonio dura per giorni, con grande e inutile dispendio di energie. In molti casi la festa si fa per una sorta di “do ut des” utilitaristico: spendo molto per fare una festa, ma ricevo molto (in termini economici) da amici, parenti ecc. Insomma un vero e proprio “affare”. Spesso è colpa del desiderio di apparire: matrimonio sfarzoso (copiando i VIP), sposi importanti, cervelli piccoli piccoli… In altri casi, avere un matrimonio con oltre cento invitati è spesso un modo di evadere dalla routine quotidiana (vedi strategia del carcerato), una grande (ma solitaria) botta di vita.
Non è facile dare regole generali, bisognerebbe analizzare caso per caso. Certo è che il matrimonio con centinaia di invitati, nugoli di parenti e frotte di amici “occasionali” ecc. sa di vecchio, di una concezione della società in cui prevale la strategia della cooperativa (siamo tutti una grande famiglia e la gioia di uno è quella di tutti: peccato che i problemi di uno siano poi problemi di tutti) anziché rapporti più veri e più stretti e quindi, alla fine, meno numerosi.
Il matrimonio (come il funerale, accostamento lugubre, ma spontaneo) dovrebbe essere una cosa per pochi, le vere persone che per noi sono importanti, il nostro mondo dell’amore. Quando c’è troppa gente (visto che l’amore si dimostra con le azioni e non si può “agire” concretamente per centinaia di amici o parenti), non è che abbiamo tanti amici, non abbiamo nessuno di veramente importante!
Meglio soli che…
Lory mi scrive che da quindici anni sta con il marito, un matrimonio veramente difficile e senza amore. Non ha però il coraggio di lasciarlo, perché “se poi vado a stare peggio?“. Esercizio di Personalismo: dov’è il problema di Lory?
Lasciate perdere il carattere, la mancanza di autostima, di sufficienza ecc. Tutte cose che contano, ma non conoscendola, su questo si potrebbero solo fare ipotesi, magari azzeccandole, ma solo ipotesi. Concentratevi sulle parole e solo sui fatti elencati.
Una parola o una frase possono veramente dire molto sulla personalità di chi la dice. Per darvi ancora qualche secondo per riflettere, vi racconto che in molte mail di runner si usa un aggettivo che a me fa un po’ sorridere: “sono un runner dai tempi discreti in maratona ecc.”. L’aggettivo importante è “discreti”. Cosa vuol dire discreti? Lo scrivente quasi sempre vuole dire che è un runner con tempi ben superiori alla media dei principianti, ma non è certo un campione. E allora perché non citare il suo tempo? Perché usare una frase senza significato per chi ascolta: “tempi discreti”. Perché alla base c’è la consapevolezza della mediocrità dei tempi, ma nello stesso tempo si vuole avere il rispetto per il proprio impegno e la propria fatica, del tutto uguali (o supposti tali) a quelli di un campione.
Tornando a Lory, basta analizzare la sua frase per capire cosa non va. “Se poi vado a stare peggio?”. Si suppone che da soli si stia peggio, ma se da soli si è infelici perché ci si è sposati? Prima si sta bene da soli, poi si può provare il matrimonio; se non va (se cioè peggiora la nostra vita), si torna da soli: semplice. Notate come un errore non venga più recuperato perché si continua a ritenere valida la visione del mondo che ha generato l’errore (il matrimonio come soluzione alla propria solitudine o mancanza di autosufficienza).