Life coach è una delle tante locuzioni inglesi che rischiano di inquinare la nostra lingua; sta di fatto che “allenatore alla vita” suona piuttosto male in italiano e quindi tali termini stanno rapidamente spopolando.
Cosa si intende con life coach? Si tratta di una professione nuova che ha la sua ragione d’essere in due fallimenti pressoché totali.
Il primo è il fallimento della religione sul piano esistenziale. Decenni fa, il life coach per eccellenza era il sacerdote a cui molti si rivolgevano per avere soluzioni ai problemi della vita. Il calo del sentimento religioso classico e la constatazione che la soluzione offerta era il più delle volte concretamente (cioè “in questo mondo”) deludente hanno sminuito questa funzione dell’uomo di Chiesa che inizialmente è stato sostituito (soprattutto negli Stati Uniti) dallo psicoterapeuta. Tutti in “analisi” o dietro l’ultima corrente psicologica che prometteva di “farci rinascere”. Anche questa seconda strada è parzialmente fallita. Se ha funzionato ed è giustamente applicata in quei casi borderline in cui il soggetto ha seri problemi psicologici (diciamolo pure, psichiatrici), nei soggetti psicologicamente sani i risultati sono sempre stati modesti e i tempi lunghissimi; fattore quest’ultimo che rende l’approccio con il terapeuta molto costoso e poco efficiente.
Il soggetto sano
Sarebbe troppo facile dire che un soggetto sano deve essere tale dal punto di vista psichiatrico. In realtà questa è solo una condizione necessaria. Per completarla è necessario che il soggetto non avverta un profondo disagio esistenziale, cioè che valuti la propria vita attuale magari insoddisfacente, ma non disastrosa (test d’ammissione: in una scala da 0 a 10 il soggetto dovrebbe rispondere almeno 5).
Il motivo è semplice: una vita disastrosa può essere rimessa in sesto da un terapeuta solo con un lavoro lunghissimo e ciò, come vedremo, non fa parte dell’attività del life coach.
Riassumendo:
- soggetti non sani psichiatricamente: psichiatria;
- soggetti sani bocciati al test esistenziale: psicologia o autorinascita;
- soggetti sani promossi al test esistenziale: life coaching.
Il life coaching si affianca alla psicoterapia tradizionale, sostituendola (perché più efficiente) in quei casi in cui il soggetto (caso 3) ha superato il test di ammissione esistenziale.
Life coaching: che cosa non è
Abbiamo già chiarito che il life coaching non è una forma di psicoterapia; chiariamo subito da cosa si differenzia.
- Non è una spalla su cui piangere i propri problemi esistenziali.
- Non è un modo di fare soldi facilmente proponendo al cliente tantissime sedute, magari molto ravvicinate. L’approccio, tipicamente psicoterapeutico, evidenzia l’inadeguatezza del coach al life coaching, essendo più opportuna una strada tradizionale a carattere psicologico.
- Non è una forma di esaltazione delle possibilità del singolo, magari in un solo campo della vita (lavoro), pompandolo e illudendolo che può arrivare ovunque. Si vedano più avanti le strade sbagliate del life coaching.
Gli strumenti
Nei soggetti di tipo 2 è possibile utilizzare la psicoterapia o, in un certo numero di casi, anche strumenti di autorinascita: il soggetto impara da sé, dandogli strumenti opportuni. Tali strumenti sono anche propedeutici al life coaching; in altri termini, è fondamentale la comprensione di ciò che serve per interagire con il life coach: nessuno va all’università se non è in grado di passare nemmeno l’esame di licenza media inferiore; purtroppo, invece, una delle difficoltà tradizionali di approccio fra terapeuta e cliente è che il primo deve trasferire al secondo tutta una serie di concetti e ciò avviene durante le sedute con grande dispendio di tempo; classicamente non esistono strumenti propedeutici per il cliente (che d’ora in poi chiameremo coachee, dando per scontato che si parli di life coaching), ma solo per il terapeuta.
Secondo il Personalismo, il life coach può e deve fornire questi strumenti propedeutici; una delle forze del Personalismo è proprio l’aver creato tali strumenti, completamenti assenti in altre pur interessanti correnti psicologiche. Attraverso tali strumenti è possibile misurare la predisposizione del soggetto al cambiamento (senza la quale i risultati sono veramente modesti); il soggetto deve impiegarli e studiarli nel periodo propedeutico con lo scopo, se non di innalzare la qualità della propria vita, almeno di essere in grado di parlare un linguaggio comune con il life coach.
Il Personalismo propone due strumenti propedeutici:
- il test di personalità di Albanesi (dalla versione 2, adattata al life coaching)
- La felicità è possibile, un testo scritto prima per il coachee e poi per il life coach.
Il primo è fondamentale per indirizzare velocemente il life coach verso gli aspetti critici della personalità del coachee; il secondo, oltre a fissare i concetti principali, serve anche per suggerire in anteprima (cioè prima della seduta) una serie di soluzioni.
I campi di applicazione
Se vogliamo, esistono già dei life coach parziali: un personal trainer è un life coach per l’attività fisica, un consulente finanziario è un life coach per l’aspetto economico della vita del coachee, un amico può essere un ottimo life coach per le questioni amorose come un insegnante può esserlo per il lavoro. Il difetto di questi life coach parziali è che essi sembrano non interessarsi che marginalmente alla personalità del coachee e sono concentrati sul problema. A volte le soluzioni proposte sono, dal loro punto di vista, ineccepibili, ma dal punto di vista del coachee abbastanza inefficaci perché, di fatto, vanno a contrastare con la sua personalità (non a caso molti consulenti finanziari hanno sposato la “finanza comportamentale” che include la psicologia del soggetto come elemento fondamentale della “decisione economica”). Inoltre questi life coach “involontari” tendono a enfatizzare il loro campo d’azione a dispetto di una visione più globale dei fattori che incidono sulla qualità della vita.
Sicuramente il life coach deve essere in grado di gestire tutta una serie di campi di applicazione, fra i quali possiamo ricordare:
- la personalità del coachee
- la vita di coppia
- la vita di relazione
- la famiglia
- il lavoro
- la situazione finanziaria
- gli hobby
- la salute relativamente allo stile di vita.
Cosa significa gestire? Essere in grado di applicare un approccio top down per suggerire soluzioni che evitino errori grossolani e, se lo si ritiene opportuno, demandando poi a professionisti del settore eventuali correzioni sui dettagli.
Life coaching: la strada sbagliata
Classicamente, ecco alcuni degli errori del “vecchio” life coaching.
Partire dal lavoro – Il Business Coaching viene visto come il miglior modo di realizzare l’individuo e quindi pesa moltissimo su un eventuale life coaching globale. Il coach vuole realizzare gli obbiettivi lavorativi del coachee senza nemmeno chiedersi se quest’ultimo sia in grado di reggerli e se, a lungo termine, siano per lui veramente positivi.
Partire dai desideri – “Il Personal Coaching si rivolge a singole persone che vogliono raggiungere quello che desiderano”: una frase come questa, oltre a essere ottimistica, può essere devastante perché non è detto che il raggiungimento del desiderio (ammesso che sia possibile) si tramuti in un miglioramento della qualità della vita.
Stimolare le nevrosi – Il life coach “sfida ad andare oltre i propri limiti percepiti, a non accontentarsi, a osare ecc.”. Strategie simili su soggetti non equilibrati possono semplicemente far andare fuori giri il coachee. Prima di qualunque stimolo, occorre assicurarsi che la “cilindrata” del coachee possa reggere la velocità richiesta in modo stabile (cioè per sempre).
Un aiuto continuo – Anche per motivi di business, il coachee è ricevuto con cadenza settimanale. Se è vero che spesso ciò è necessario perché manca la fase propedeutica, è altrettanto vero che ciò aumenta la dipendenza del coachee nei confronti del life coach, mentre uno degli scopi del coaching dovrebbe essere proprio l’autosufficienza del cliente.
Un’interazione bidirezionale – Se il life coach non è un soggetto fortemente equilibrato, è possibile che il coachee metta in evidenza alcuni “bachi” del life coach. Un “aiuto” reciproco (così comune in certe correnti psicologiche in cui il terapeuta frequentemente si mette in gioco con sé stesso e con il paziente) aumenta il grado di incertezza delle soluzioni proposte e, di fatto, mina la credibilità del life coach.
Chi è il vero life coach
Semplice
il life coach è una persona intelligente,
dove per intelligenza vale la definizione data del Personalismo. Rimandando all’articolo sull’intelligenza per i dettagli, qui evidenziamo solo che il life coach deve possedere:
- un’intelligenza razionale (praticamente essere una persona logica, capace di un approccio coerente alla vita e in grado di comprenderne gli aspetti statistici)
- un’intelligenza affettiva (cioè essere una persona equilibrata, non avendo personalità critiche)
- un’intelligenza acquisitiva (avere una buona esperienza di vita e, soprattutto, la capacità di trasmetterla agli altri).
Sull’ultimo punto è importante notare che avere esperienza di vita non significa avere un’età matura: ci sono soggetti che a 25 anni hanno un’esperienza che molti 50 o 60-enni si sognano. Al giorno d’oggi un giovane, se è intelligente e vuole “capire il mondo”, può avere un’esperienza di vita notevole.
Il secondo requisito che deve possedere il life coach è la padronanza di una teoria globale (cioè valida per tutti) della personalità. Molti si improvvisano life coach vendendo la propria visione della vita, spesso incoerente e contorta, la cui riuscita dipende solo da condizioni facilitanti che il cliente non ha; nel job coaching è classico il caso dell’ottimo venditore che con quattro regolette e un po’ di psicologia spicciola vuole convincere un soggetto negato alla vendita che potrà diventare come lui. Il Personalismo è appunto una teoria globale della personalità e può servire per il life coaching.
Secondo il Personalismo il life coaching si basa su una semplice massima:
a chi ami non devi dare quello che ti chiede, ma quello di cui ha bisogno.
L’esempio del tossicodipendente è illuminante: non ha senso fornirgli la droga, meglio fornirgli un programma di disintossicazione!
Come implementare la regola? Il modo sbagliato è quello coercitivo, ordinando. Il modo giusto passa attraverso il semplice consiglio e l’esposizione dei vantaggi della soluzione proposta in termini di qualità della vita.
Il concetto di qualità della vita è ciò che il vero life coach non deve mai perdere di vista, senza lasciarsi sedurre dai desideri, dai sogni, dagli obbiettivi del coachee. Anzi, può capitare che l’azione si focalizzi sull’obbiettivo, senza dare per scontato che sia positivo!
L’incontro con il coachee si realizza classicamente tramite sedute. Una prima fondamentale differenza con la psicoterapia tradizionale è che le sedute sono distanziate nel tempo e non vanno oltre le 5-6 per anno. Proprio grazie al periodo propedeutico, coach e coachee non devono sintonizzarsi sui concetti base, il life coach deve “solo” insegnare al coachee come applicarli.
A ogni seduta segue una fase di esercizio in cui il coachee deve mettere in pratica i consigli ricevuti e registrare risultati, difficoltà, nuovi obbiettivi e nuovi problemi.
Il coaching può essere parziale (quando prende in esame solo un aspetto piuttosto limitato della vita del coachee, per esempio il lavoro o la vita di coppia) oppure globale (quando tende a migliorare la personalità del coachee, rendendolo una persona equilibrata e positiva al massimo).
Ovviamente un coaching globale può richiedere tante sedute e un elapsed persino di due-tre anni mentre un coaching parziale può limitarsi nei casi migliori anche a una sola seduta.

Nato negli USA circa 40 anni fa, il coaching non risolve un disagio ma suggerisce un metodo per realizzare gli obiettivi
Life coach: una nuova professione
Niente vieta di ricevere il coachee nel proprio studio, ma la mia esperienza in Rete e le centinaia di persone che ho aiutato in questi anni (gratuitamente!) mi portano a ritenere che ciò non è assolutamente necessario, anzi può essere una grande limitazione delle potenzialità del life coach che rischia di avere un ambito geograficamente troppo ristretto.
In realtà, grazie a strumenti come TeamViewer e Skype è possibile gestire molti clienti a distanza, mantenendo comunque un certo distacco che può rendere il messaggio ancora più incisivo.
La prima seduta di life coaching dura in genere dalle 3 alle 4 ore; in un’atmosfera distesa, tranquilla, coach e coachee affrontano le due fasi in perfetta collaborazione.
La prima fase è quella sulla personalità; i risultati del test di personalità di Albanesi (nel caso non siano disponibili, il coach li otterrà con domande mirate analoghe a quelle contenute nel gioco) permettono di convergere subito verso le personalità elementari che devono essere migliorate (personalità critiche).
In ogni caso il coach cercherà ogni utile indicatore esistenziale per scoprire i “problemi” della personalità del coachee. La fase della personalità può richiedere una o due ore e in essa non vengono prese in esame soluzioni.
In alcuni casi la prima fase può sembrare superflua, ma è abbastanza ottimistico proporre soluzioni senza prima aver appurato che i difetti della personalità del coachee non le rendano impossibili da attuare.
Nella fase dell’azione ci si concentra sul problema (o sui problemi; in genere non è una buona strategia affrontarne troppi per volta; fondamentale fissarne le priorità) si evidenziano le cause e si espongono le soluzioni e si portano alla luce gli ostacoli (dipendenti o no dalla volontà del coachee) di risolverli. La fase dell’azione si conclude con i proponimenti da realizzare nel periodo intercorrente con l’eventuale seduta successiva.
Le sedute successive
Ovviamente la fase della personalità è ridimensionata e si valutano semplicemente i miglioramenti generali, se questi erano fra i proponimenti della seduta precedente.
Più spazio viene dato alla fase dell’azione, verificando i risultati, scendendo molto più in dettaglio (l’approccio del life coach tende sempre a essere top down, prima la risoluzione dei problemi più ampi e poi di quelli marginali) e fissando nuovi proponimenti. Si possono anche aprire nuovi fronti d’azione.
La durata delle sedute successive è sempre di 2-3 ore.
In genere non ha senso andare oltre una seduta al mese; se il coachee richiede interventi più frequenti, si deve pensare che sia più adatto a una psicoterapia tradizionale.
I costi
Una seduta di life coaching può costare dai 100 ai 250 euro. Si deve diffidare di chi propone tante sedute, magari ravvicinate, ma molto brevi, a costi per seduta molto contenuti, il vecchio approccio della psicoterapia.
Il coachee deve essere molto motivato e non ha quindi senso che faccia una “prova” di 45′-50′ del suo life coach: in un tale lasso di tempo non si può risolvere nulla e, deontologicamente parlando, c’è il rischio di una dipendenza del coachee dal life coach.
Il life coach non deve essere una spalla su cui piangere, un amico cui demandare ogni decisione, piccola o grande della propria vita, un professionista da consultare settimanalmente perché incapaci di “diventare grandi”. Il life coach è un professionista che mostra il mondo secondo punti di vista magari mai considerati, mostra la via e i punti di arrivo, ma poi sono le gambe e la mente del coachee che devono arrivare a destinazione, destinazione ove potrà trovare nuovamente il life coach pronto a indicargli una nuova stimolante meta.
Come diventare life coach
Partiamo da due considerazioni:
- Molti ci chiedono corsi di life coaching; purtroppo, dopo la prima esperienza, a me sembrava di rubare i soldi alla gente. Su 40 partecipanti, solo 5 o 6 erano idonei alla professione. Non tanto per carenze culturali: alcuni pensavano che fosse un lavoro come un altro (e la crisi li mandava a caccia di lavori “nuovi”), alcuni erano pieni di problemi ed erano affascinati dalla psicologia con cui speravano, approfondendoli, di vivere meglio, altri non avevano sufficiente carisma, altri non avevano sufficiente amore per la professione (il classico “si può fare part-time?”) ecc.
- Non esistono scuole di life coaching consigliabili perché di fatto non esistono scuole che si basano su testi a 360 gradi che cioè tocchino tutti i problemi dell’esistenza. Francamente, da agnostico, penso che sia più utile un sacerdote di un life coach che si ispira alla PNL o a discipline che affrontano solo in minima parte i problemi del mondo e che illudono di diventare grandi senza fatica e impegno, solo con paroloni e slogan. Questo perché il sacerdote si ispira a un’opera magari criticabile, ma omnicomprensiva.
Quindi per fare il life coach è necessaria una teoria di riferimento.
Cesare Musatti diceva che il miglior terapeuta che aveva conosciuto era il suo portiere. Evidentemente il portiere era una persona con innato buon senso e occhi che, guardando il mondo, avevano capito tante cose.
Chiunque sia interessato a diventare life coach usando il Personalismo, può farlo senza spendere un euro, superando due scogli non facili:
- Essere una persona equilibrata (aver superato il test di personalità di Albanesi).
- Aver studiato La felicità è possibile.
Life coaching e Personalismo
Tanti life coach stanno spuntando qui e là in Italia e nei Paesi più avanzati: spesso non sono che una versione più artigianale del vecchio e ormai superato (per forza, i risultati erano deludenti) psicoanalista che tanto successo ebbe qualche decennio fa, soprattutto negli USA. Cosa differenzia Anthony Robbins o altri life coach dal Personalismo?
In fondo se qualcuno di loro fa camminare la gente sui carboni ardenti, il Personalismo invita a mettersi alla prova con test sportivi piuttosto duri (ved. il test sulla forza di volontà anevrotica), quindi la domanda è sensata.
Premesso che ci si dovrebbe chiedere come si possa partecipare a un corso che ci promette di farci arrivare al successo solo perché uno ci urla che puoi farcela, ecco le differenze:
1) Il life coach non è per tutti. Occorre che il soggetto sia arrivato a un grado di soddisfazione esistenziale e di equilibrio almeno sufficienti. Altrimenti si rischia di fare più danni che del bene. La selezione è impietosa: se Tizio non vende praticamente nulla ed è candidato a interpretare dal vivo Morte di un commesso viaggiatore come può, con un corsettino dove gli danno regole che valgono per tutti, diventare il venditore dell’anno? Le regole servono solo a pomparlo come una droga che lo spingerà al suo massacro esistenziale che si produrrà al suo prossimo fallimento, la prova più evidente che le regole erano un bluff. Il life coach globale, quello che promette a tutti di diventare Dio, è un’illusione che in un mondo dove non c’è più religione ha facile gioco in chi non cerca che illusioni per sopravvivere. Il Personalismo serve per migliorare la qualità della propria vita, ammesso che la persona voglia studiarlo e applicarlo fino a un reale cambiamento.
2) “Ok, ma io sono già sufficiente, quindi il corso Manager di successo può farmi passare da semplice impiegato ad amministratore delegato della Fiat, o no?”. Legittimo dubitare. Un vero life coaching deve essere personalizzato e può durare mesi o anni. Tutti possono tenere un incontro su “Autostima e successo”, ma è assurdo “promettere” il successo: nell’incontro si analizzerà come deve essere un’ottima e stabile autostima e quali sono le caratteristiche per avere successo in questo o quel campo. Se, per esempio, il coraggio è una delle qualità richieste, non si proporrà di buttarsi con il paracadute per il semplice fatto che la mancanza di coraggio può avere molte cause (che magari verranno descritte), spesso dipendenti dall’ambito e non esiste una medicina comune. Come esempio si può citare il delirio di onnipotenza del medico che si dice capace di curare tutto con un unico farmaco.
Se poi pensate che le esperienze di team building, team working, outdoor training e drum stomping, adventure orienteering ecc. (la locuzione deve essere rigorosamente in inglese perché altrimenti il placebo non funziona) siano eccitanti, o avete avuto un’infanzia molto solitaria e infelice o vi siete dimenticati delle partite di calcio (qui ci vorrebbe una bella traduzione in lingua anglosassone) che si giocavano all’oratorio.
Perché e quando utilizzare il Life Coaching
Torna a Indice delle materie – Economia oppure a Dizionario di psicologia
DUE CASI DI STUDIO
Caso numero uno
Supponiamo che Mario abbia questo problema:
Ha una relazione che gli ha dato molto, che gli ha veramente migliorato la vita, nella quale anche lui ha messo molto e ha sicuramente migliorato la qualità della vita della consorte. Conosce un’altra donna, che potrebbe, per molti motivi (più interessi comuni, meno aspetti “perdenti” nella sua personalità …), ulteriormente migliorargli la vita. Come si dovrebbe comportare?
Mario ha conosciuto la sezione Felicità del sito qualche anno fa. Poi, per capirne più a fondo i dettagli, ha letto alcuni libri (per esempio La felicità è possibile e Teoria dell’intelligenza); tramite il test di personalità di Albanesi, lo studio e le riflessioni sui libri è arrivato a comprendere i punti deboli della sua personalità e di sua moglie.
L’analisi della situazione richiede un adattamento del Personalismo al caso particolare, occorre scendere dall’universale al particolare. In particolare:
- definire le personalità critiche degli attori coinvolti
- valutare la relazione con la moglie mettendo a fuoco i parametri prioritari (durata, evoluzione, miglioramento esistenziale, valutazione della situazione attuale, fattori leganti come figli, situazione economica ecc.); in particolare valutare il livello di amore da e verso Mario, in una scala assoluta di valori (cioè quanto Mario è nel mondo dell’amore della moglie e quanto essa è nel mondo dell’amore di Mario)
- valutare il delta del possibile miglioramento
- valutare la probabilità che questo delta si attui realmente (e non solo nei desideri di Mario)
- valutare la stabilità di questo delta nel tempo (cioè quanto e come Mario potrà restare nel mondo dell’amore della nuova donna e come essa si collocherà nel mondo dell’amore di Mario)
- valutare il peggioramento della qualità della vita dovuto a una separazione comunque non necessaria (il suo matrimonio Mario lo giudica “sufficiente”? Se sì, come è variata la tua valutazione di Mario su di esso? A prescindere dalla nuova donna, esistono fattori che hanno fatto variare la valutazione? Ecc.)
A questo punto Mario se la può sentire di rispondere a queste domande da solo oppure no. In questo caso può ricorrere a un life coach.
Caso numero due
Quello che segue invece è uno di quei casi in cui il life coach non serve.
Sono stanca, non ho voglia di fare nulla, ogni giorno mi dico “oggi comincio”, alimentazione corretta e sport… poi arriva mezzogiorno e tutto crolla… la sera rimarrei stesa sul divano e non uscirei di casa per la vergogna perché non mi riconosco, non vedo me allo specchio, ma una caricatura.
Penso alla palestra, poi penso al mutuo a fine mese, alle rate della macchina e a tutto il resto e mi chiedo se iscrivermi alla palestra possa essere una spesa sostenibile.
Sono stanca di questo “non vivere”. Ogni giorno mi sveglio con la volontà di reagire, ma dopo poche ore la mia volontà crolla. Che devo fare? Sono proprio incapace. Oggi la penso così. Sono stanca. Ma succede solo a me?
Ovviamente non succede solo alla persona che ha scritto la mail. Lei però è abituata a cercare alibi e finché non sarà così determinata da smontarli tutti non potrà partire per il viaggio verso una vita migliore.
“Succede solo a me?”. E che c’entra? Se succede agli altri è normale e non faccio nulla? Ecco l’alibi ricercato.
La palestra per esempio è un alibi: per fare sport basta uscire in strada e correre (o camminare). Molti svogliati continuano a chiedersi cosa fare.
- Li rimando alla pagina sulla volontà anevrotica.
- Mi rispondono che sì, è tutto corretto, ma “non ci riescono”.
Il punto è che nessuno prova a cimentarsi nemmeno una volta nel test. La forza di volontà si deve costruire giorno per giorno senza pretendere di ottenere tutto subito.